La “resilienza” ha spaccato anche i maroni più resilienti | Rolling Stone Italia
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La “resilienza” ha spaccato anche i maroni più resilienti

Un tempo ne parlavano solo gli ingegneri. Adesso è la parola preferita dei vittimisti social. Se nessuno ti ha danneggiato non sei nessuno. Invece tu hai sofferto e nonostante questo sfoderi un sorriso da selfie

La “resilienza” ha spaccato anche i maroni più resilienti

Foto via Unsplash

Potresti dire resistenza ma se dici resilienza dici pure che non sei mica un coglione qualsiasi. Resilienza fila più liscia, di resistenza, senza quella t occlusiva lì in mezzo che t’inceppa il sibilo forbito. Si riferisce alla capacità di un materiale di sopportare gli urti. Il PVC come ideale.

Un tempo la pronunciavano solo ingegneri e topi da laboratorio. Se al primo appuntamento ti mettevi a parlare con una donna di resilienza lei ti spruzzava l’Autan in faccia, “sparisci, insetto!”, a meno che lei non fosse Margherita Hack. Adesso, se origli, nel tavolo di fianco non fanno in tempo a ordinare il tataki di salmone che si prendono il mento tra le mani e dicono alla signora: “Sai, io sono resiliente”. E quell’altra non solo resta seria, ma è capace di replicare: “Che coincidenza! Anche io sono resiliente”. Poi brindano alla resilienza, una cosa che non sanno cazzo sia ma l’hanno letta in un post di @uccidereèsbagliatissimo. Nei loro cervelli resilienti la traducono più o meno così: nonostante il mutuo porto una camicia con le iniziali.

Pare che in tv l’abbia nominata per la prima volta Paco Lanciano, nel 1998, dopo avere gettato una palla da bowling contro un vaso Ming del set di SuperQuark: “Per Diana, credevo fosse resiliente”. Ora resilienza è diventato il prezzemolo di dichiarazioni politiche e comunicati stampa. Riunione: “Oggi non abbiamo niente da dire”. “Col cazzo! Dì che siamo resilienti”.

Resilienza come virtù dei sopravvissuti. I sopravvissuti sono ex vittime. Il vittimismo è la nuova frontiera dell’autocelebrazione. Resilienza è autocelebrazione aromatizzata al gigapascal. Perché autocelebrarsi, come ogni attività umana, richiede tecnica. Sappiamo tradurre in foto, post, citazioni e video un identico concetto: sono il più figo della bigoncia. Per collaborazioni scrivetemi in privato. Però abbiamo capito che funziona meglio se più fighi non si nasce ma si diventa. Essere creature perfette e appagate non deve apparire una condizione di partenza. Non dobbiamo essere monarchi ereditari del nostro regno di hashtag, nobili nati con culetto sul burro della considerazione sociale. Dobbiamo essere vittime trasformate in eroi dalla perseveranza, parvenu della felicità. Il mondo è un posto spietato ma tu hai trovato qualcosa in grado di salvarti. Sei un pezzo di Gramellini con le gambine.

Generazione resiliente, categoria resiliente, popolazione resiliente, vescovo resiliente, partito resiliente, showgirl resiliente. Se nessuno ti ha danneggiato anche tu non sei nessuno. Invece tu hai sofferto e nonostante questo sfoderi un sorriso da selfie. Sei resiliente. Ti è morto il gatto? Tanto basta. Perché lui era un gatto speciale – allega musetto. È morto a 27 anni di senescenza? Balle! Quel macellaio lì dietro l’angolo vende pure la carne di cavallo, fa’ un po’ te. Il cadavere non è scomparso? Dopo averlo avvelenato, il macellaio sta solo aspettando che si frolli. Devi suscitare indignazione per gli aguzzini, pietà per il tuo passato e ammirazione per il tuo presente. E allegare l’email per le collaborazioni.

Un Jovanotti di oggi non oserebbe cantare “Sono un ragazzo fortunato”. Un sogno regalato puzza di privilegio.
“Ma, ve lo giuro, i compagni di scuola m’impedivano di pronunciare la esse perché sputazzavo”.
“Ah, allora ok, anche tu sei resiliente”.
“E infatti canto: “Szono un ragazzo resziliente perché non mi lasciavan dire szogno”.

Tra mezzo secolo un epigone di Checco Zalone girerà il sequel di Quo Vado?, si chiamerà Quo Offeso? Il protagonista non sarà più un impiegato pubblico orgogliosamente fancazzista mantenuto dallo Stato, ma un utente orgogliosamente vittimista mantenuto dai “poverino!” Sei in credito con il mondo. Un dogma. Ed è venuto il momento di incassare. DM for collaboration. Qualcuno direbbe che ti sei solo guadagnato la pagnotta, come succede dai tempi dei cavernicoli a caccia di conigli tra tempeste glaciali. Ma questo qualcuno non conosce i soprusi che hai dovuto subire. Proprio tu, che eri troppo alto per diventare un campione di calcio e si sa che i piccoletti corrono da tutte le parti e sono maligni.

Metti in mostra le tue cicatrici. Addita i carnefici. E goditi la rivincita di like. Noi lo vogliamo vedere, come ti hanno fottuto. Vogliamo un porno. Altrimenti chi ce lo dice che sei resiliente?

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