La quarantena è davvero "più bella" se condivisa? | Rolling Stone Italia
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La quarantena è davvero “più bella” se condivisa?

La messa in comune forzata del tempo e dello spazio può sfasciare fidanzamenti prossimi al matrimonio e famiglie felici. Perché non c’è un meglio o un peggio, ma solo la necessità di adattarsi all’assenza di libertà

La quarantena è davvero “più bella” se condivisa?

Foto: Nicolò Campo/LightRocket via Getty Images

“Altro che amore e compagnia. C’e’ il risvolto della medaglia, cara mia. Vivere gomito a gomito anche se a un metro, non basta per essere felici, ci vuole la libertà di farlo. Ora faccio come a Foggia, vado sul tetto e lancio una protesta: volete rovinare i rapporti duraturi?”

Una settimana, 2 settimane, 6 anni fa – ho perso la cognizione del tempo, che giorno è oggi? – insomma, a 24 ore dal mio proclama sui single ai tempi del Covid19, ormai cotto, mangiato e digerito dalla maggior parte dei soggetti come me, ho ricevuto il messaggio di cui sopra. Perché si fa presto a dire che la quarantena è più “bella” se condivisa, ma quando diventa routine, sfascia i fidanzamenti prossimi al matrimonio (matrimoni annullati), le famiglie felici (le relazioni intime tra essere umani si giocano a 2), le coppie che si tenevano in piedi grazie agli amanti (anche loro in quarantena chissà dove). Perché c’è un’amante molto meno sexy da qualche settimana, la condivisione forzata del tempo, dello spazio, della vita, a farsi largo tra chi, come me, ha creduto che soli è peggio. Forse un peggio o un meglio non c’è, ma solo questo riadattarsi all’assenza della libertà di potersi coltivare il proprio centro come si vuole, e che vinca il migliore.

“Portate via mio marito” è lo striscione che mi ha fatto pensare che anche chi ha avuto la tempra di resistere negli anni, sta smaniando di fronte all’assenza di quella distanza sociale che oggi più che mai si fa diktat, quella che io, da brava sicula, ho sempre fatto fatica a mantenere, ma che quello che ci sta succedendo mi insegnerà a comprendere profondamente, tra le altre cose. Perché anche se “distanti siamo più vicini”, nelle case, tra la gente che fa parte di nuclei familiari più o meno folti, quella distanza “tecnica” non la si può tenere, pur desiderandola a tratti fortemente.

Così ci sono le famiglie dove “Il momento più tranquillo? Mai! Pagherei per restare solo per 2 settimane, facciamo a cambio?”. Perché in effetti stare con altri sempre è scelta posturale, che in questo momento storico ti fa balzare indietro di decenni, al tempo in cui la tv, quando c’era, era una e da condividere, ed eri costretto a ridurre al minimo le pretese di felicità. Un tempo gli uomini andavano a cacciare il leone o a scoprire nuove terre, oggi, nel calore del focolare, ti ricordi sempre meglio che l’uomo di solito è quello già in coma con 37.1 di febbre e possibilmente sta a casa dall’ufficio perché una volta lo hanno sentito tossire.

Sono in tanti ad avermi raccontato che vorrebbero poter dire che stanno godendo della vita familiare, ma hanno già litigato con tutti, cane compreso. Chi lavora da casa sta attaccato al computer, a sclerare per la paura di perdere lavoro e connessione, intasata dagli altri famigliari, senza quel ritmo dettato dagli impegni fuori, maledetti in tempo di pace, che scandiscono però le giornate e le settimane lavorative: la trasferta, la riunione, la conferenza. Il mio vicino di casa – che possiede la famiglia dei sogni, sia chiaro – fugge nel lavatoio del palazzo per trovare la giusta concentrazione, perché gli altri – boe che nel corso della vita ci salvano dalla solitudine e dalla sociopatia – oggi sembrano diventare scimmie urlatrici dell’anima. Dunque, pare sia vero quello che tutti i genitori dicono: “andiamo a lavorare per riposarci”. E chiaramente parlo di persone “normali”, non degli artisti – meravigliosissimi, simpaticissimi – dalle case enormi e sfavillanti che ci invitano a restare a casa perché a casa si possono fare un sacco di cose. A casa tua forse! Lol.

Così mi sono ricordata di una delle prime critiche che ho letto sul mio precedente articolo: “sembra che tu non abbia scelto di essere single nella vita”. E si da il caso che no, non sono cose che scegli scientemente (non tutti quanto meno), ma inconsciamente, perché se a una certa sei solo e non sei proprio una brutta persona, è perché lo vuoi, anche se non sai di volerlo. I motivi sono tanti, ma in fondo si possono riassumere in uno solo: l’altra persona diventa il tuo specchio. E quante volte ti è capitato di non volerti specchiare troppo a lungo per non notare quella ruga appena spuntata, quel diastema nel dente inferiore, quel caratterino quando ti criticano o anche solo perché vuoi vedere I racconti dell’ancella, mentre lui preferisce Bojack, quando vuoi leggere a letto e lui ti chiede di spegnere la luce, quando lui preferisce i suoi figli (solo suoi, con un’altra) a te.

In fondo non c’è nessuna differenza tra “tesoro facciamo una cenetta appena i ragazzi dormono” e “mamma viene a stare da noi per un po’”, si tratta comunque della stessa costrizione dell’individuo ad essere in due, in 4 in 10. Esiste poi un’altra categoria, quella dei genitori divorziati in quarantena. “Adesso lavoriamo sulla continuità. Ammetto che siamo dei privilegiati – mi racconta una delle mie più care amiche – la vita privata non ci manca”, ma c’è anche chi invece i figli li tiene come perni su cui ruota il resto: “I ragazzi sono rimasti a casa della madre, io li vado a trovare per portare la spesa, tenendoli a distanza di sicurezza: loro non escono se non per qualche flash mob, ma il divieto è chiaro e dato che io continuo ad andare a lavoro, non rischio, perché non ci sono più innocenti in questa guerra”. Già, la guerra. A questo punto almeno un figlio lo faccio, e che anche lui a sua volta faccia un figlio però! Altrimenti a chi racconterà la nonna di avere fatto la guerra? Intanto però, usciamone da questa guerra, superiamo il contrasto interiore che vivremo tra il voler riabbracciare e la paura di riabbracciare, diventiamo esseri umani migliori cercando un senso a tutte le morti, che non troveremo.

“Eh sì, una tale paura, certi giorni, di trovarsi con delle ore davanti a sé, che certi giorni passano e vanno, senza che si sia detto niente, o quasi, senza che si sia fatto niente, o quasi. È questo il pericolo da cui ci si deve guardare…”. Questo sentivo PRIMA della quarantena. Ora che l’obiettivo è uguale per tutti, single, fidanzati, sposati, vedovi, divorziati, vecchi e giovani, tutto sembra diventato incredibilmente, spaventosamente democratico. E tutti, allo stesso modo, torneremo presto a passare “giorni felici”.

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