Il male assoluto sono le famiglie (degli altri) | Rolling Stone Italia
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Il male assoluto sono le famiglie (degli altri)

Le porte dell’inferno hanno davanti uno zerbino con scritto sopra "home sweet home"

Il male assoluto sono le famiglie (degli altri)

Foto IPA

Nonostante le ideologie siano diventate favole della buona notte ai partiti e noi brancoliamo nel buio alla ricerca del bene e del male come dell’interruttore. Nonostante invece di credere in qualcosa oggi tifiamo qualcuno, oppure ci facciamo convincere da una tesi e da quella contraria nel tempo di uno scroll da un post al successivo. Nonostante per prendere una posizione seria su ogni fatto d’attualità dovremmo studiare per anni, così da essere pronti a twittare la nostra quando quel fatto si sarà depositato sul fondo dell’ininfluenza e rientrerà ormai nel territorio dell’aneddotica, là, di fianco a Muzio Scevola che si brucia la mano. Nonostante tutto ciò, c’è un punto fermo che anche volendo non potremmo rimuovere mai, una zavorra che sempre ci riporta al fondo dimenticato della nostra vita, quegli abissali anni d’infanzia in cui si forma il carattere. E cioè la famiglia. L’incubatrice dei mostriciattoli da divano che siamo diventati: coacervi di nevrosi che oggi percepiamo irremovibili quanto la nostra ipofisi o il nostro pancreas, fanatici di costituzioni comportamentali imparate a memoria a colpi di coprifuochi e sberloni, adoratori di dei domestici le cui saette hanno quell’odore unico e inimitabile – intruglio di ormoni personali assortiti, cene e pranzi e merende, disinfettanti e saponi e muffe – di ogni singola casa.

Il modo in cui trattiamo i gatti è per ciascuno di noi più vincolante della nostra posizione sullo scioglimento dei ghiacci. E per quanto tu abbia letto e studiato, per quanto tu ti sia informato e dannato, anche se ti vergogni ad ammetterlo il partito che votavano i tuoi ti appartiene quanto la curva del naso ereditata da tuo padre. E quando meno te lo aspetti, messo alle strette ne rigurgiterai fuori gli slogan, digeriti nel corso di decenni in cui intanto il mondo diventava un’altra cosa.

I figli di genitori separati sono più elastici, che è un eufemismo per schizofrenici. La cortina di ferro ce l’avevano in casa. Le ideologie dei due blocchi si riassumevano spesso così: mamma è una rompicoglioni, papà è un puttaniere. Eppure, anche le famiglie che poi si sono divise, fin tanto che erano famiglie si basavano proprio su un invisibile tavola della legge calamitata al frigorifero. Che sia la marca di biscotti che compravano i tuoi al supermercato. Che sia il divieto di dire piacere nelle presentazioni, l’abitudine di lavarsi le mani prima dei pasti o di tenere la televisione accesa mentre mangiate. Che sia la ricetta per la torta di mele, con o senza burro, con o senza cannella. Che sia l’obbligo di togliersi le scarpe prima di entrare, il presentatore che ai genitori stava più simpatico e quell’altro che invece era viscido, che cosa si diceva in salotto a proposito dei bambini rapiti o del servizio comunale di raccolta rifiuti. Che sia il modo in cui coccolate i cani, chi modula un falsetto e chi li accarezza come farebbe con un sasso. Quando parli con gli estranei c’è sempre questo pudore, questa paura di infangare i mattoncini con cui anche loro avranno edificato le rispettive etiche quotidiane. È come se dire che vostra mamma, invece, nella carbonara la panna non si sogna neanche di mettercela, se dire che le bestie vanno trattate da bestie o che invece loro sì che sono meglio dei cristiani, è come se dire queste cose facesse calare tra voi e gli altri un muro trasparente. Voi, e gli altri. Il bene, e il male. Tribù nemiche. Le porte dell’inferno hanno davanti uno zerbino con scritto sopra home sweet home.

Non si può continuare ad andare d’accordo con una persona dopo che ti ha detto che in casa sua gli ospiti devono levarsi le scarpe per non trasformarsi in untori di batteri stradali. Ti sta dicendo non solo che tu sei sbagliato, ma, ed è questo il punto fondamentale, pure i tuoi genitori sono sbagliati, e i genitori dei tuoi genitori, che hanno tramandato un’usanza tanto barbara. Li ha offesi tutti, un’intera genealogia insultata con una frase. Fermo lì! Dio è morto, ma il bisnonno vive anche sotto la terra. E povera mamma, e povera nonna. Che non sono neanche lì a difendersi. Lì ci sei solo tu, e devi sopportare il peso indicibile di questa offesa che coinvolge tutta la tua stirpe, una crepa nel tuo sistema di valori che potrebbe allargarsi fino a disintegrare tutto il tuo mondo. Perché se questa cosa che ti hanno insegnato i genitori non è giusta, se quella marca di cereali è insalubre, allora anche tutte le altre abitudini potrebbero essere sbagliate, false, cattive, una grande menzogna.

Meglio non parlare dell’utilità e del danno del buon appetito per la vita borghese. Come si fa con un malato di cancro: ci si parla di tutto tranne che del suo male, che in questo caso è l’educazione sentimentale ai tempi del passeggino, ma il suo male resta il non detto che preme sotto la canottiera di ogni conversazione. È vero che odiamo pure i genitori per questa schiavitù, che a volte ci ribelliamo metodicamente a ogni loro insegnamento, ma così ne rimaniamo più che mai dipendenti. Ci sono giusto dei brevi istanti di tenerezza in cui riusciamo a vedere anche in loro delle fragili creature armate di piccole menzogne per sopravvivere nell’entropia dell’universo.

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