Dubitare della scienza è l’anticamera di una nuova dittatura | Rolling Stone Italia
Società

Dubitare della scienza è l’anticamera di una nuova dittatura

E non sarà quella sanitaria ma quella di chi confonde ed equipara opinioni personali alla ricerca scientifica, di chi dipende dalla tecnologia ma scredita chi l’ha inventata

Dubitare della scienza è l’anticamera di una nuova dittatura

Cristiano Godano

“Era una donna fastidiosamente cocciuta, e esibiva il suo indottrinamento con un’aggressività che aveva ormai imparato a conoscere. Al suo “Sono sempre esistiti i cambiamenti climatici!” tentò una carta che avrebbe dovuto farla retrocedere a una qualche forma di riflessività. Un conto sono le ere e i periodi glaciali, tra i milioni, le centinaia di migliaia, e le migliaia di anni, un conto sono i 130 anni suppergiù di un’anomalia mai avvenuta prima, e di cui è responsabile l’uomo a partire dalla rivoluzione industriale. E dunque il ragionamento è semplice: basta por mente all’età del pianeta e inevitabilmente relativizzare. “Anche qualche milione di anni è ben poca cosa in rapporto ai 4 miliardi di vita del pianeta”, le disse. “Lo sai vero che il pianeta terra esiste da 4 miliardi di anni?”, continuò… “E chi te l’ha detto?”, ringhiò lei con occhio di sfida, umettato di stupido e rorido odio. Lui, affranto, smise di litigare, e si rivolse agli altri commensali”

Volando nell’acqua – Agostino Candori

Premessa: in questo scritto si toccano argomenti assai scottanti. Che si sia arrivati a questa incredibile infiammabilità è una cosa che ho sempre temuto e di cui ho parlato spesso, qua come nei social dei Marlene, condividendo sempre il pensiero con loro prima di pubblicare, e il virus ha amplificato il tutto in maniera esponenziale. In ogni caso: per gli addetti alla shitstorm chiedo la cortesia di leggermi per davvero, anche se purtroppo so che molti non lo faranno e inveiranno comunque con particolare cattiveria dopo aver letto il titolo e qualche parola delle mie tante, forse le prime, forse qua e là. Il mio scritto in verità si sforza di non usare toni caustici e di non essere provocatorio, e credo ci riesca. Nessuna supponenza esibita, al limite qualche presunzione malcelata. Fra persone civili questo dovrebbe garantire una reazione non scomposta e aggressiva. Non credo che sarà sufficiente.

Città: Prato. Giorno: sabato 24 luglio.
Sto camminando in piazza del Duomo, sono circa le 17.30. Il soundcheck è spostato di un’ora. Siamo io, Roberta Finocchiaro e un’amorevole ammiratrice dei Marlene, che vuole regalarmi un paio di occhiali da sole visto che lavora in un negozio di occhiali (privilegi da rocker). Un uomo allampanato, vestito con una canotta rossa con due buchi, pantaloni di jeans scoloriti, corti sotto il ginocchio, segaligno, va a cercare proseliti nella nostra direzione. Non capisco perché chieda a noi, ma non a un gruppo al nostro fianco, che superiamo con la nostra camminata lenta, si rivolge premuroso e vagamente indignato, pur se fiacco: “Ma che fate? Non venite a protestare contro il green pass?”. Poco più avanti noto in effetti un assembramento, e ricordo che è un giorno di adunata per tutti gli italiani (per tutti coloro che desiderano protestare ovviamente…). Noi stiamo cercando un bar per un caffè che mi ridia tono (devo essere concentrato per scegliere gli occhiali), e quasi lo attraversiamo una volta nei suoi pressi: la composizione è eterogenea, suppergiù fra i trenta e i sessant’anni. Troviamo il bar, beviamo il caffè e torniamo indietro per andare finalmente al negozio riattraversando in senso opposto i contestatori, che se il tipo di prima non avesse nominato il green pass non si sarebbe detto fossero lì per quel motivo, giacché parlottano fra loro e non esibiscono nemmeno un cartello con su uno slogan. Appena superato il suo folto una donna in bici, solitaria, sganciata circa una ventina di metri dalla gente che lo forma, mi nota e mi riconosce. Il suo piglio è molto meno fiacco di quello del tipo di prima, e a distanza mi apostrofa con un tono aspro: “Ma tu… Tu sei… Sei Cristiano Godano?”. Mi guarda in un modo che a me sembra come se non la stessi riconoscendo, e dunque, credendo di intuire una sorta di rimprovero in arrivo, cerco di ricordare se a Prato io abbia mai conosciuto in passato una persona con quelle fattezze e lineamenti. Il tono legittima la mia allerta, e resto in attesa di un aiuto in extremis della memoria stringendo gli occhi per metterla meglio a fuoco. Ma non serve. Le sue parole successive sono infatti: “E cosa ci fai qua? Perché non sei lì in mezzo? Cosa ne pensi di questa situazione?” E poi qualcos’altro: non ricordo le parole esatte, e non ricordo se abbia usato quella fatidica e assai in voga presso di loro, “dittatura”, ma se non era quella era qualcosa di simile… Interpreto all’istante, ora con precisione, il senso di quell’asprezza, e la mia allerta erompe in una risposta immediata: “Guarda che io non sono a sfavore…”. Il mio sguardo è dritto e fermo. “Coosaaaa?”. Il suo tono si fa sprezzante e sdegnoso. Dice qualcosa tipo: “Ma come è possibile?”, e io le dico (meglio: le vorrei dire) che sono un musicista e che non posso pensare a un altro anno di inattività e locali chiusi per rinata pandemia (e dire che il tour dei Marlene di questa estate si chiama “Post-pandemic tour”!), ma per fortuna un altro ragazzo mi riconosce e si avvicina per parlarmi con emozione. Mi segue da sempre, dice, e ama in particolare Il vile e Uno, e già solo per il fatto che nomini Uno la mia attenzione si sposta su di lui con fervore. Gli faccio il gesto dell’abbraccio per ringraziarlo di non essere uno di quelli che pensa che i veri Marlene sono quelli dei primi tre dischi, e in questa transizione salvifica dalla polemica all’ammirazione faccio in tempo a sentire l’inviperita urlare: “Ma senti sto qua!”, rivolta all’assembramento e con un indice puntato contro di me, come un fucile…

Ecco dunque: capite? Una donna che la pensa diversamente da me e che si indigna perché la dittatura eccetera, è pronta a consegnarmi alla gogna pubblica perché la penso diversamente da lei. Ho letto con stupore sdegnato e inerme, il giorno dopo (ora è risaputo), che in molti assembramenti alcuni partecipanti esibivano la stella di David (il segno della segregazione inflitta agli ebrei che si stava programmando di sterminare in Italia e Germania nelle ben note epoche nefaste), per suggerire il confronto, ridicolo e vergognoso, con la situazione attuale e per lamentarsi di una nuova dittatura (conosco il pensiero sottile di chi parla di soverchierie striscianti, piani ben precisi e dittature camuffate o preparate lentamente, e sono disposto nel caso a ragionare di massimi sistemi fino a riflettere sulla imperfettibilità umana in qualsiasi ambito, da che mondo è mondo, ma qui la vulgata di bassissima lega paragona in modo molto basico le dittature di un tempo alla situazione attuale: il che mi risulta errato e grottesco, e siamo in tantissimi a pensarla così, non necessariamente idioti o stolti come purtroppo molti in questo momento stanno pensando. E in tutta franchezza dovrei saper apprezzare l’afflato di chi è allarmato e cerca di aprire gli occhi a noi poveri idioti uniformati al pensiero unico e dominante: perché anche io sono allarmato, e anche io vorrei che molta gente aprisse gli occhi, ma la provenienza e le ragioni del mio allarme stanno all’opposto rispetto a quelle sottintese qua sopra. E devo ammettere che la narrazione che si è sviluppata in rete ha avuto e ha tuttora una sua strabiliante potenza nel reclutamento: ce ne fosse altrettanta dalla parte che ritengo giusta!). Ma non sono qui per dilungarmi su queste cose, che richiederebbero uno sforzo intellettuale e creativo del tutto non conforme allo scopo che mi prefiggo con questo articolo, e semplicemente faccio notare che di questi tempi c’è già chi è pronto a scannare o far scannare, metaforicamente o meno, qualcun altro che non la pensa in un certo modo, in una pubblica piazza reale. Non è delazione questa? Gogna pubblica? Derisione? E cos’altro? Eventuale fustigazione? Lapidazione? (Non è casuale che io scriva “piazza reale”, perché è il passo successivo a “virtuale”, e la piazza virtuale è ormai accettata come inevitabile, anche e soprattutto nelle sue gogne e nelle sue shitstorm. Ci si è fatta l’abitudine, e io sono più di dieci anni che cerco di ribellarmi a questa penosa deriva. E però: se la piazza virtuale non basta più si arriva alla reale? Sono già in molti ad auspicarlo…)
Quest’atmosfera fu prodromica delle dittature vere, questo senz’altro, e al fondo vi riporterò un passaggio agghiacciante di Primo Levi.

In alcuni miei articoli precedenti ho scritto che da scannare veramente, in modo del tutto metaforico seppur pratico e fattivo, sarebbero i Bezos, gli Zuckerberg, i signori Google… Loro si che ci stanno fottendo… (Sapete quanto ha guadagnato YouTube coi nostri contenuti gratuiti e di loro proprietà? Contenuti che più sono basici e aggressivi più a loro piacciono perché gli algoritmi fibrillano? Sette miliardi di euro nell’ultimo trimestre. Sette miliardi, in un trimestre! A naso mi vien facile pensare che potrebbero essere di più di quelli del vituperato business che c’è dietro ai vaccini e che tanto infastidisce chi è contrario, anche perché è “solo” una cifra trimestrale. Perché questi non danno fastidio? Basterebbe aver la volontà di accorgersi di quanto ci sono nocivi quei mostri…). Ma non accadrà mai, purtroppo la storia pare a volte non insegnare nulla (è molto usata questa frase di questi tempi…), e temo vi siano buone probabilità che fra non molto, su qualche tipo di maceria che spero non fumante, gli storici e i filosofi cercheranno ex-post di analizzare come siano potute succedere certe cose. “Dimmi: com’è possibile? Eppure sta per succedere” mi chiedo ex-ante nella mia canzone nel mio disco solista, scritta tre anni fa, e da allora, complice un virus, le cose sono andate sempre un po’ peggio. Ed è curiosa l’incredibile e stordente confusione fra tutti noi: anche io, come altri, temo regimi di qualche tipo e storture poco democratiche, ma, come ho detto poco sopra, per motivi, cause ed effetti diametralmente opposti a chi tanto li evoca al giorno d’oggi.

È del tutto chiaro in ogni caso: qualcosa ci ha divisi, come tifoserie di squadre avverse ormai cieche e sorde, e il clima che ne promana è teso e allarmante. Si, siamo divisi, e a qualcuno/qualcosa evidentemente va molto bene così. Vorrei allora qui di seguito tentare di suggerire argomentazioni ragionevoli.

Ovvero vorrei tentare un piccolo elenco di cose che hanno a che fare col nostro quotidiano, e lo farò dopo la digressioncina che occuperà i prossimi due capoversi.

Ritengo si possa dire che la nostra vita sia essenzialmente tutta poggiata su agi e comodità che provengono da scoperte scientifiche. Già, la scienza, la discussa e vilipesa scienza, messa in dubbio, contrastata, ostruita, denigrata. Ma perché è denigrata la scienza in questi tempi che paiono tornare bui?
Non sono uno studioso di fenomeni sociali e politici, ma per quanto possa sembrare semplicistico, nel cercare una origine di questo atteggiamento stolto indico in Trump una clamorosa causa primaria, fra altre, immagino, ancor più primarie (un tecnico che lavora con me in tour, estrazione filosofica e testa fina, mi parla della responsabilità del pensiero debole, dei Severino e dei Vattimo, e, almeno per l’Italia, ne riesco a intuire le ragioni, anche se le speculazioni filosofiche sono per élite di pensatori). È arduo non vedere in Trump un pericoloso propagatore di diffidenze e negazioni, potente al punto tale da influenzare parte dell’opinione pubblica del mondo occidentale. Trump ha negato di tutto, e ha ostentato un disprezzo senza concessioni verso la comunità scientifica. A causa delle sue disastrose balle (provenienti dalle potenti compagnie petrolifere minacciate nel loro business) in molti sottovalutano o negano, ad esempio, il problema del cambiamento climatico, che guarda caso è sostenuto da anni (non da mesi) da più del 95% degli scienziati. Coloro che negano ovviamente lo continuano a fare, sorridono insolentemente di Greta o addirittura la odiano, e non gli bastano le evidenze sempre più ricorrenti nel mondo, dai ghiacciai che si sciolgono ai palazzi che crollano (a Miami, città allo sbando a causa delle sempre più ricorrenti maree che hanno già costretto a ricostruire molte strade più in alto, di un buon metro), dal continente di plastica negli oceani agli uragani e tifoni e tempeste sempre più numerosi, con annesse frane e allagamenti, smottamenti e ammassi di detriti scaraventati giù da fiumane piene di impeto, e sradicamenti di alberi (a Torino un mese fa o poco più il Ginzburg Festival ha dovuto interrompere l’inizio della sua programmazione perché un albero enorme a seguito di un temporale tremendo è piombato sul palco – ho visto i suoi gemelli rimasti in piedi, e vi garantisco che fa impressione pensare a quanto forte, tremendo e anomalo potesse essere il vento quel giorno – mentre sul lago di Monate, nel varesotto, un mio carissimo amico mi ha confessato giusto un’ora fa che un altro di quei rovesci rabbiosi coi suoi venti indomabili qualche giorno fa ha buttato giù un colosso di venti metri che da sempre era nel suo giardino. E proprio ora mentre scrivo leggo di disastri nel comasco e vedo una foto di auto ammucchiate e rovesciate, portate dalle acque in rivolta ad ammassarsi, o se preferite assembrarsi, contro una parete, per il loro fine corsa, distrutte e inservibili. E giusto poco fa, a pranzo, un altro dei miei fantastici tecnici mi raccontava del tratto autostradale nel piacentino, con una lunga teoria di veicoli fermati da un rovescio di grandine così mostruoso che tutti i parabrezza (tutti!) sono andati in frantumi… Provate a immaginarvi sotto quella violenza grigio scura opprimente, nell’auto tempestata di chicchi di grandine più grossi di un pugno, e con i vetri che si distruggono, in un abitacolo fragorosamente da incubo… Ci riuscite? Sentite il chiasso agghiacciante delle lamiere tempestate? Percepite il vostro terrore mentre siete in fila, bloccati, inermi? Mettiamola così: sempre più la nostra r-esistenza sarà anche dovuta alla fortuna di non trovarsi mai un giorno d’estate qualsiasi dentro la bufera sbagliata, o nel paese a ridosso di quel fiumiciattolo che mai e poi mai avresti detto, o sulle rive di mari destinati ad alzarsi di livello… Oh, ma per i negazionisti, denigratori della scienza, i cambiamenti climatici ci sono sempre stati – certo, minimo in migliaia di anni, non in centocinquanta – e pare che gli interessi di più difendere i politici loro “mentori”, raccontatori seriali di balle, che non le loro stesse vite e quelle dei loro figli).

E ancora, ai negazionisti non bastano ovviamente nemmeno le evidenze della crisi idrica, delle dighe vuote e dei condizionatori spenti (nei paesi islamici, che stanno cuocendo lentamente), o di quanto documentato in Canada e Germania (nel primo sono stati organizzati ambienti accoglienti per ospitare e curare le decine e decine di persone che non riescono più a sopportare un caldo senza precedenti, 50 gradi a Vancouver, nel secondo un’alluvione disastrosa ha fatto il giro del mondo con le sue immagini, inusitate per quel paese apparentemente perfetto e inviolabile): probabilmente per loro – i negazionisti – è la stampa mainstream a esagerare con i suoi contenuti terroristici. (“E basta con questi articoli! Siete diventati un giornale di merda! Vi tolgo il like!” ulula l’indignato negazionista di turno). Vi chiedo, di passaggio: ma fra voi c’è qualcuno che si arrabbia quando i canali di informazione parlano di “clima impazzito” e “maltempo”? Nessuno a cui girano le palle? Nessuno che pensi a quanto è beota usare questi termini che cascano dal pero dell’insipienza più sconcia, senza aver la premura di fare uno sforzo intellettuale minimo per accorgersi che fa troppo caldo, e dire alla gente che il clima non è impazzito (che presunzione!) ma incattivito, perché noi lo stiamo alterando, alterando con esso la sua natura e la natura in genere? Certo, chi ci racconta queste cose sui canali di informazione magari semplicemente esegue ordini di scuderia, e/ma la cosa è ancora più penosa a ben pensarci… (Sto scrivendo queste frasi con il tg alla televisione che mormora nelle mie orecchie: l’annunciatrice ha appena introdotto un servizio sul clima, ho alzato lo sguardo e ho visto quella sua verve aliena e gioconda, quella sua straniata faciloneria stolida nel dire le sue parole, come se si parlasse di dolci di qualche tradizione folkloristica o di un avvenimento sportivo di rilievo o di una sfilata di moda… Chissà se nella sua testa balugina ogni tanto – mi chiedo – uno sprazzo fulmineo di consapevolezza… Il servizio, a proposito, mostrava le proteste per la sete in Iran: proteste per la sete! Manca l’acqua, e sempre più mancherà: riuscite a immaginare l’assenza di acqua, bene così consueto e quotidianamente garantito per la nostra vita? E la presentatrice ha introdotto questo servizio sulla mancanza dell’acqua chiudendolo con uno “ecco a voi il servizio” di giocosa ebetudine…)

(E non dico degli incendi, che stanno martoriando il pianeta ovunque e in questi giorni anche l’Italia: migliaia di ettari di boschi e natura fiammeggiano, e fin che non ci riguarderà avremo, tutte le volte che ne verremo a conoscenza, un brivido interiore di paura e sbigottimento, riposto molto in fretta negli anditi meno accessibili della nostra sensibilità, inevitabilmente protesi a vivere senza troppi pensieri oltre a quelli che abbiamo già. Immaginando che non potrà mai toccare a noi)

Ma non divaghiamo: la scienza è denigrata o ignorata, dicevo. E molto più a destra che a sinistra: non credo esista un solo comma nell’agenda politica della Lega che si appunti di affrontare il tema ambientale. Immagino lo stesso valga per Fratelli d’Italia. Questo vuol dire che non credono a ciò che dice loro la scienza. O non gli interessa starla a sentire.
E perché mai denigriamo la scienza, che in buona sostanza presiede a quasi tutto ciò che facciamo in vita?
Credo sia banale notare che sto scrivendo queste cose su un computer, che non è nato nei campi. Lo potrei fare su un cellulare, col quale immagazzino dati e centinaia di foto (già, le foto! Quanto ci piacciono le foto! E chi ci ha permesso di avere una macchina fotografica nel cellulare? Ma d’altronde: quando ero giovane io, mica i telefoni con cornetta si materializzavano dal nulla! E d’altronde in quei tempi non è che fotografavo mentalmente tutto quello che vedevo: già qualcuno aveva inventato per me le macchine fotografiche vere e proprie). Neanche il cellulare, in ogni caso, è fiorito sull’albero dei device. Sul computer mando mail e interloquisco con chiunque nel mondo, e se voglio chattare o fare una call di lavoro lo faccio in tempo reale. Questi agi me li hanno messi a disposizione menti che hanno studiato, e tanto, nelle università, imparando i fondamenti scientifici che nessun tutorial su YouTube potrebbe mettere a disposizione (e, se li mettesse, per impararli e diventare persone abili a inventare qualcosa di prodigioso li si dovrebbe studiare con amorevole dedizione, per anni, non guardandoli dieci minuti e via, a pontificare allegramente nel web).

Ora mentre scrivo sono in coda in autostrada: mi passano accanto le auto e i tir. Chissà chi ci avrà permesso un giorno, un po’ di tempo fa, di smetterla di chiedere ai cavalli di portare in giro noi e le nostre merci! E cosa dire dei trattori che hanno sostituito gli aratri? E degli aerei? Se esce un modello nuovo di aereo c’è qualcuno che diffida dal salirci, fra coloro che non hanno paura di volare? O ci si fida del fatto che volerà e ci porterà a migliaia di km da dove saremo decollati? Si mette in dubbio che possa volare quel nuovo modello? Chiediamo agli scienziati di fornirci tutte le prove che non sia un esperimento prezzolato? E della macchina su cui posiamo il culo ogni giorno mettendo la nostra vita molto, ma molto più a rischio di quanto possa fare un vaccino, diffidiamo forse? Ci si fida in realtà, e nessuno ci fomenta in rete per cominciare a nutrire dubbi su cosa succederà in futuro a quell’aereo o quella macchina e a noi, se ci saliremo sopra. E dubito, per finire, che aspetteremo scientemente un anno di voli per capire se l’esperimento sarà andato a buon fine, se gli idioti che si sono fidati sono rimasti vivi, e se dunque potremo salirci anche noi.
(Di passaggio: se non avete paura di volare e avete un amico o un parente che ne ha fottutamente tanta, non gli dite forse che l’aereo è il mezzo più sicuro che c’è basandovi sui numeri delle statistiche? Non vi fidate dunque della scienza facendo una affermazione simile? E se sapeste che l’aereo è un nuovo modello entrato in funzione una settimana prima non sareste forse entusiasticamente fiduciosi dei suoi nuovi prodigi al punto da dire al vostro amico pauroso che è ancora più sicuro? Non direste questa cosa come per una sorta di atto di fede?)

(Detto ancora di passaggio: dietro a tutte le cose che ho nominato e sto per nominare, c’è il business di chi ci fa i soldi. Tanti big pharma sparsi per la galassia delle attività umane. Non mi pare che ci si preoccupi più di tanto di chi si fa i soldi con le auto, i tir e i carburanti, ad esempio, eppure proprio loro – e il nostro uso eccessivo – stanno facendo danni enormi a tutti noi e soprattutto ai nostri figli e alle generazioni future, fornendo a Trump le balle attraverso cui arrivare a credere che non esiste nessun cambiamento climatico. E ci interessiamo forse del business delle compagnie aeree che mettono nel ventre dei loro velivoli le nostre vite?).

L’altro giorno pisciavo in autogrill. Oh, anche poco fa ho pisciato in autogrill, ma è l’altro giorno che riflettevo sull’ingegneria idraulica. Pensate a quando un cesso d’autogrill è bello sporco e vi da fastidio il suo schifo e gli odori connessi, o addirittura vi indignate mentre – voi maschi, me incluso – pisciate schifati, a volte mancando la tazza, ben sapendo che non vi metterete a pulir via le gocce inacidite lasciate sulla ceramica o per terra (ehm, qualche volta in realtà l’ho anche fatto, come è giusto che sia), e immaginate come se la cavavano gli antichi popoli con feci e urina e odori vari… O a come ci si puliva “dopo”. (Certo, già i romani avevano strutture adeguate per avere un minimo di decenza, che a noi parrebbe comunque orribile, ma non credo le avessero inventate le persone ordinarie col passaparola dei sentito dire… Erano, guarda caso, ingegneri idraulici). E dunque è la scienza che ci ha messo in condizione di viverci quel momento intimo di deiezione salvaguardando la delicatezza del nostro olfatto sempre meno animale.

Stasera avrò un concerto a Padova, l’ultimo del mio tour solista (non credo che questo mio articolo lo finirò oggi). Ci sto arrivando ovviamente non a piedi e non sto portandomi in spalla gli strumenti. Al netto del fatto che purtroppo il nostro mezzo usa il carburante diesel e che vorrei che tutti i politici del mondo si unissero nell’imporre a tutto il pianeta un cambio di passo immediato (perché siamo ben oltre la validità degli apprezzabili sforzi individuali, che non servono più a nulla. Basta pensare in termini di popoli: un solo paese che si rivelasse virtuoso nelle sue scelte chiedendo drastici sacrifici ai suoi cittadini, poco potrebbe se lasciato solo nel mondo, e posto che i suoi cittadini non si ribellassero), al netto di tutto ciò io stasera salirò su un palco e utilizzerò la corrente elettrica per performare davanti a tanta gente. Ci sarà un impianto con le sue casse ben congegnate e i suoi coni raffinati e delicati, ci saranno le luci, la gente a sua volta mi raggiungerà con mezzi di trasporto: tutto ciò è scienza. (Restando al clima… Visto che immagino, e già in parte li ho prevenuti, coloro che mi imputano il contribuire con la mia attività al cambiamento climatico come tutti, ed è palese – “E allora tu che viaggi cosa fai per fermare il cambiamento climatico?” –, mi preme ricordare che è proprio la scienza, e non certo i politici, che da parecchi anni ci avvisa che siamo verso il punto di non ritorno… E la scienza avrebbe avuto gli strumenti per fermare la lenta deriva verso il peggio: ma ecco che in questo caso essa diventa un elemento ostativo, un intralcio, un incomodo per i business in giro per il mondo – chiedo: ci si interessa di questi business come ci si interessa di big pharma? – e hanno buon gioco i pessimi politici, alcuni semplicemente e comprensibilmente inermi, a divulgare una narrazione contraria, fomentando la gente a diffidarne fino a non credere che i cambiamenti climatici siano reali e distruttivi. Perché i politici non sanno e non possono prendersi la responsabilità impopolare di cambiare del tutto le nostre abitudini. A meno che non fossero tutti uniti. Il che pare francamente utopico. Ovviamente parlo di tutti i politici del pianeta, tutti insieme).

I dischi che abbiamo ascoltato nella vita, o la musica che streammiamo su Spotify, sono esito di ricerche scientifiche. E tutti i vestiti che comprate a bassissimo prezzo negli store sempre più giganteschi, cambiandoli molto prima di quanto servirebbe, sono esito di tecnologie scientifiche (e sfruttamenti abnormi del lavoro in terre sfortunate). Anche io amo avere molte camicie, e anche io sono “colpevole”, ma qui a me interessa ora far capire come tutto ciò che facciamo nella vita è scienza. In cucina usiamo il frigorifero, il forno a microonde, i fornelli elettrici, quando abbiamo finito di mangiare riponiamo i piatti nella lavastoviglie, magari puliamo per terra col folletto o analoghi, facciamo partire l’aspira odori, chiudiamo la porta e andiamo a vederci un bel film, che ovviamente è trasmesso da un concentrato di raffinata tecnologia. E se è estate avremo l’aria condizionata accesa, e sorseggeremo magari una buona coca cola o una birra ottenute industrialmente: tutto ciò è scienza.

La funivia che prendiamo per andare a sciare o a fare le passeggiate in alta quota, è stata forse messa lì per noi da una allegra compagnia di gnomi, folletti e fate? E quelle povere persone che sono salite su quella sbagliata al Mottarone non si erano forse fidate? E forse accadrà che da ora in poi nessuno salirà più sulle funivie? Oggi (sono passati un po’ di giorni: ora sono a San Marino, per la prima data del tour dei Marlene), ho visto la funivia che c’è qua, che collega i piani bassi con quelli alti della cittadina: le persone ci vanno e si fidano. Si fidano della scienza, e sanno che con ottime probabilità per la legge dei grandi numeri un altro evento sinistro come quello di Stresa non accadrà nuovamente o tanto facilmente. La legge dei grandi numeri… Già: scienza anche questa (la statistica per la precisione, che, come ha detto qualcuno, è il miglior antidoto contro il pregiudizio).

E veniamo alla medicina e alla nostra salute. Se vado dal dentista mi faccio forse togliere i denti, o anche solo trapanarli e otturarli, senza anestesia? E chi l’ha inventata l’anestesia moderna? Un elenco lunghissimo di casi risolti e cose mediche ottenute con le invenzioni della scienza applicata dovrebbe far riflettere. Radiografie, colonscopia, esami del sangue, tac, raggi, macchinari per eseguire operazioni delicatissime, screen di varia foggia e natura per tenere sotto osservazione le reazioni dei corpi in fase di riabilitazione, gli ospedali stessi, coi loro ascensori, le loro barelle, i loro corridoi e i vari reparti ben congegnati in un labirinto efficiente non certo nato grazie a una bacchetta magica o in seguito a suggerimenti raccattati in rete in qualche community: tutto ciò è scienza, e ci aiuta a superare i nostri stessi mali. Senza parlare della medicina quando verrà gestita dall’intelligenza artificiale: immaginate quando un computer sarà in grado di raccogliere tutti i dati possibili per contemplare l’universo delle casistiche di una data malattia: da quel momento in poi il computer sarà del tutto più affidabile del più titolato degli specialisti, e le sue anamnesi diventeranno ciò a cui ci affideremo per accogliere la sentenza in merito alla nostra malattia, curabile o incurabile che sarà. Pensate che potrete opporvi a questo passaggio verso un’applicazione della scienza così raffinata da affidarci al computer per impostare la giusta terapia? (Lasciamo da parte una deriva, questa si, negativa: ovvero le perdite di lavori e lavoro che la tecnologia causerà sempre più… Ma questo è un altro discorso, e ne ho parlato altrove). La risposta è ovviamente no: accadrà, e sarà un altro passaggio della scienza, piaccia o non piaccia. Affidabile per di più.

Ecco: sarebbe bello proseguire nella ricerca di esempi analoghi. Ho come l’impressione che potrei andare avanti per ore. E tutti voi, sforzandovi, lo potreste fare.

La mia non è una apologia della scienza: ho una forte attrazione per la cultura umanistica in verità, che prediligo, ma sono serenamente convinto che la divisione diffidente fra cultura umanistica e scientifica sia del tutto fuori tempo massimo e anche un po’ ridicola. Io mi fido della scienza (come tutti voi, anche se magari ritenete di non fidarvi, e l’ho spiegato con gli esempi qua sopra), e proprio perché mi fido della scienza ho fatto il vaccino. Ma proprio senza nemmeno pensarci su. Sono anni che faccio quello anti-influenzale, e sono anni che non prendo l’influenza, bestia assai fastidiosa su un palco (vi potrà incuriosire sapere che in vita ho saltato per salute un solo concerto: e ne ho fatti più di 1800. Suonare con la febbre è disastroso….) Perché? Perché mi fido della scienza e dei miei medici, che non mi hanno mai detto “non fare il vaccino” (da che li faccio ne ho avuti 4, e il padre della mia compagna è il quinto). Io lo so che per qualcuno sono un povero cretino (ad aver fatto quello anti-covid quanto meno), ma mi consola che siamo in tanti.
Dunque incasso la commiserazione di quel qualcuno, e nonostante essa spero vivamente di aver saputo toccare le corde di qualcuno di quei qualcuno, instillandogli la possibilità di valutare l’autorevolezza della scienza come superiore alle vulgate della rete, che non si basano su principi scientifici. Se si sa riconoscere che tutta la nostra vita dipende dalla scienza, o a essa vi è intimamente connessa, si saprà, forse, tenere in buon conto l’eventualità che se le maggior parte della comunità scientifica (una grossa percentuale che l’ha elaborato, studiato, testato) si esprime a favore del vaccino contro il virus, le ragioni saranno prima di tutto quelle del progresso nella sua espressione migliore e positiva, comprensiva del nostro benessere, esattamente come tutto ciò che presiede alle nostre vite dimostra, in quanto ottenuto in favore del progresso stesso nonostante il business che ci sta dietro (e nonostante l’imperfettibilità della razza umana, evidente in qualsiasi sua espressione come inevitabile e per ciò stesso sempre un po’ più perfettibile, passo dopo passo, epoca dopo epoca, scongiurando il ritorno di quelle buie e retrograde, nei consessi sociali che abbiamo imparato a definire “progressisti” da che l’età dei lumi ci ha messo in condizione di tentare di migliorare noi e tutte le persone del pianeta, guarda caso “servendosi della critica, della ragione e della scienza” cit. Wikipedia. Ed è un peccato che il termine “progressista” abbia preso una deriva negativa e sia in discredito presso certi settori del pensiero: il suo contrario a me pare connesso col buio della superstizione, del pregiudizio, della manipolazione e della magia. Ma una funivia non è messa lì per magia…).

Sfiorando il tema “green pass” ci tengo a dire che so di Cacciari e Agamben. Non ho ancora letto quel loro “manifesto”, perché, lo ammetto, mi spiace un po’ che Cacciari abbia argomentato nei termini che ben deduco, e dunque per ora evito di imbattermi in una probabile delusione. Agamben lo conosco pochissimo: una sua intervista di un anno fa non mi piacque. Ovviamente so bene chi è e quale posto occupi nel pantheon degli intellettuali italici. (Lessi un suo libro una trentina di anni fa: mi venne regalato da una ammiratrice dei Marlene). Mi sono però imbattuto in una replica efficace (a quel manifesto), questa, di Paolo Ercolani, filosofo anch’egli (dunque si è ad armi pari).
(Leggerò anche “il manifesto” comunque, per onestà intellettuale)

E arriva finalmente la fine. Vi avevo preannunciato le parole di Primo Levi. Dovrebbero far venire i brividi. Sono state usate con pessima mancanza di pudore da un consigliere comunale leghista (gli servivano per quell’inaccettabile paragone che emerge fra il tormento delle torture fisiche inflitte agli ebrei e la presunta dittatura attuale del green pass: per fortuna il resto della Lega ha preso ufficialmente le distanze da questa infelice stupidaggine), ma io le ho rintracciate in realtà nella pagina Facebook di un ex nostro ammiratore che ci aveva attaccati sulla nostra (l’accusa, malamente velata, era quella di essere noi Marlene servi del pensiero unico. Senza che noi gli chiedessimo nulla o lo provocassimo indirettamente, visto che il nostro post raccontava delle emozioni della nostra prima data del tour). Curiosamente, dopo essere stato asfaltato (come si usa dire nel linguaggio social) da noi e da decine di altre persone (più 300 fra like, ghignate e cuori), ha tolto il suo intervento, eliminando così anche tutti i nostri a replica del suo: un’ottima prova di coraggio e fiducia nelle proprie convinzioni, non c’è che dire! Del rispetto delle nostre parole a casa nostra poi, manco a parlarne: ce le ha cancellate. A casa nostra, le nostre parole. Potete giudicare da voi la mancanza di classe e di stile di quel gesto.

Ecco Primo Levi:
“Non iniziò con le camere a gas. Non iniziò con i forni crematori. Non iniziò con i campi di concentramento e di sterminio.
Iniziò con i politici che dividevano le persone tra “noi” e “loro”. Iniziò con i discorsi di odio e di intolleranza, nelle piazze e attraverso i mezzi di comunicazione. Iniziò con promesse e propaganda, volte solo all’aumento del consenso. Iniziò con le leggi che distinguevano le persone in base alla “razza” e al colore della pelle. Iniziò con i bambini espulsi da scuola, perché figli di persone di un’altra religione. Iniziò con le persone private dei loro beni, dei loro affetti, delle loro case, della loro dignità. Iniziò con la schedatura degli intellettuali. Iniziò con la ghettizzazione e con la deportazione.
Iniziò quando la gente smise di preoccuparsene, quando la gente divenne insensibile, obbediente e cieca, con la convinzione che tutto questo fosse “normale”.
Primo Levi

Sapete qual è il problema? Che se ne appropriano anche coloro che secondo me non ne avrebbero il diritto per così dire morale (diciamo non coloro a cui pensava di parlare Primo Levi dopo aver patito il peggio nei campi di concentramento: per brevità, i collocati troppo a destra, o gli imbevuti di quella narrazione di cui ho parlato, che Levi stesso difficilmente avrebbe potuto preconizzare. O forse sì, avendo conosciuto la banalità del male…), e l’abnormità di questa tremenda confusione, che ex post sarà uno stimolo inesauribile per gli studiosi che la affronteranno, mi appare come uno spaventevole paradosso di questi tempi. A naso questo fenomeno straniante è connesso con la post-verità, dove tutto equivale al suo contrario. E di sicuro c’è chi potrebbe approfittarne con malevolenza e probabilmente non vede l’ora.

PS: concedetemi un post scriptum che certifica dell’attualità stringente della mia ultima correzione e del lungo e stimolante parto che ha avuto questo articolo iniziato il 26 luglio. È notizia di poche ore fa che in Thailandia (come viene visto questo paese? Retrogrado? Sottosviluppato? O lo si percepisce come sufficientemente sveglio? Le domande non sono retoriche) sono in piazza i giovani, molto arrabbiati, per chiedere l’accesso gratuito ai vaccini: Astrazeneca sembra sia accessibile solo ai ricchi del paese. Non commento: ognuno avrà un suo pensiero più o meno impulsivo o più o meno consapevole al riguardo.

PS2: Sempre a chi, senza immagino averne mai sentito parlare, si appassiona ora delle parole di Agamben (e magari Fusaro) e le posta ovunque, suggerisco la lettura di questo bellissimo articolo. Non è di facile lettura, ma è intelligente e illuminante, e vivaddio chiude parlando delle questioni che per davvero incombono su di noi, con la citazione latina “Dum Romae consulitur, Sagantum expugnatur” (ho cercato sul web, anche se la frase è effettivamente famosa: “Mentre a Roma si delibera, Sagunto viene espugnata”, a indicare che si perde tempo in questioni “filosofiche” mentre l’umanità va verso la sua fine). Fareste bene a impegnarvi a leggerlo, se mi posso permettere. Fra i commenti uno dei soliti di questi tempi: “Se il vaccino è scientificamente sicuro, perché ci fanno firmare la liberatoria?”. La replica di un altro utente è fulminante: “Magari tu come migliaia di negazionisti e no-vax usi il Viagra o il Cialis, ma non hai mai letto cosa c’è scritto nel bugiardino, molto in fondo, in piccolo: Pericolo di morte immediata”. Anche qui, senza commenti, ognuno avrà un suo pensiero più o meno impulsivo o più o meno consapevole al riguardo)

PS3: Volevo risparmiarvi la cosa dei bugiardini (è molto usata come argomentazione a sostegno di una tesi e tutti vi si saranno già imbattuti) ma questa mi è sembrata particolarmente potente…

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