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Conglomerandocene: Tascinigate, dei giochi da tavolo e del politicamente corretto

Nella nuova puntata della rubrica dello Sgargabonzi su Rolling Stone: Il caso di Daniele Tascini, l'autore di ‘Marco Polo’ e ‘Teotihuacan’, allontanato dal mondo ludico dopo un’intervista sul colore degli orchi

Conglomerandocene: Tascinigate, dei giochi da tavolo e del politicamente corretto

Foto: Unsplash

Nel romanzo di tale “Philip Roth” dal titolo La Macchia Umana, si racconta di uno stimato docente universitario di letteratura che, durante una lezione, definisce “spooky” (fantasmi) due studenti che non si presentano mai in classe. Caso vuole che quei due studenti siano neri, ma lui non lo sa, e che il termine spooky abbia in inglese una connotazione negativa che in quel contesto lui ovviamente non vuole sottintendere in alcun modo. Poco importa, poiché da lì in poi comincia la discesa agli inferi: per il solo fatto di aver utilizzato quel nomignolo, il professore è accusato di razzismo, perde il lavoro, viene minacciato di morte, ripudiato da amici e colleghi, e dulcis in fundo si vede requisita la macchina da caffè in capsula Illy. Insomma la classica, pleonastica, risaputa escalation di isteria che va avanti da secoli, quella che nell’era social è diventata una sorta di quotidiano ciclo di defrag. La stessa isteria di cui un tempo pensavo che non ci si rendesse conto, mentre invece ora sono sicuro che ce ne si rende conto eccome: del resto i sacrifici umani sono il prezzo da pagare ogni tanto per giustificare e consolidare la nostra santa ipocrisia. E ci mancherebbe anche che dovessimo rinunciarci, del resto è un po’ come il whisky la sera: CI STA!!!

Non tutti sanno che quella nicchia enorme che è il gioco da tavolo moderno è un campo che forse ancora meno di altri si salva dalla nuova ondata di burocrati del politicamente corretto, quelli a cui si liberano endorfine solo quando possono autosuggestionarsi un’infrazione e poi notificarla. Nel mondo dei giochi da tavolo certe indignazioni rivelano davvero quanto il Re sia nudo, per quanto appaiano forzate, immotivate e involontariamente comiche. Oggi i game designer si devono giustificare quotidianamente per il fatto che in un pool di quattro personaggi d’un gioco di ruolo solo una è una donna e non è rappresentato un orientale. Bisogna spiegare perché in quel gruppo di ragazzi disegnati in copertina non ce n’è anche uno sulla sedia a rotelle. Perché in quel gioco a tema medico non c’è spazio anche per la medicina alternativa. Un gioco come Manitoba, degli italiani Remo Condazori (autore anche del bellissimo Amul) e Marco Pranzo, ha vissuto sulla sua pelle una piccola ma fruttuosa crociata per alcune imprecisioni che conterrebbe sui nativi americani. E poco conta se si tratta di un gioco glaciale, deterministico e astratto alla pari degli scacchi e in cui l’ambientazione è solo funzionale alla meccanica. Il nostrano youtuber Flavio De Leonardis (il Meeple con la Camicia) è stato contestato dagli utenti americani di BoardGameGeek per la caricatura di un cinese in uno dei suoi tutorial. Gli sviluppatori di Magic hanno bannato dai campionati sette carte non perché sbilanciate ma per motivi razziali, tipo una carta di magia bianca che diceva “distruggi tutte le creature nere”. Nel frattempo c’è chi cerca di boicottare il nuovo crowdfunding dello stimato game designer Phil Eklund dicendo che i suoi giochi passati hanno trattato di genocidio e schiavitù come se questi avessero cause economiche alla base e che questa è la mentalità tipica da suprematista bianco maschio, che scusa e rende accettabile l’Olocausto. Eklund risponde ma no gentili signori, guardate che… E loro: “TAPPATEVI LE ORECCHIE E NON ASCOLTATELO! NON È POSSIBILE TRATTARE CON UN SUPREMATISTA BIANCO!”.

Ma peggio fra tutti è andata a Daniele Tascini, autore di best seller come Marco Polo, Tzolk’in e Teotihuacan, titoli che in quella bibbia del gioco da tavolo che è BoardgameGeek sono, per voti degli utenti, fra i primi cento della storia. Avete presente che posto occupano nelle rispettive arti Johannes Brahms, Piero Della Francesca o Martin Scorsese? Ecco, Daniele Tascini ne è l’omologo nell’arte antica del gioco di società.

Qualche giorno fa Daniele Tascini ha dovuto spiegare in un’intervista che nei giochi gli orchi vengono spesso colorati di nero non certo per ragioni razziali, ma perché rappresentano forze malvagie, tipicamente caratterizzate da quel colore. Ha detto che lui non penserebbe mai di chiamare “nero” una persona di colore perché di fatto non è nero e soprattutto perché non vede il motivo di fare distinzioni per razza o colore nei rapporti umani, al tempo stesso – aggiunge – chiama spesso scherzosamente “ne*ri” i suoi amici africani e loro non si offendono: in un contesto inclusivo e senza discriminazioni le parole acquistano tutt’altra valenza e libertà.

Da qui l’Apocalisse. Perché se quel termine italiano (utilizzato da Tascini per fare un esempio) da noi può essere considerato volgare, una volta tradotto in inglese (nig*er) e fatto girare fra gli americani diventa una roba che di colpo non sorge il sole il giorno dopo.

L’esito è quello che in quattro e quattr’otto una parte importante del mondo ludico che conta ha preso le distanze da Tascini. Non sono bastate delle scuse annichilite sulla sua bacheca, perché ormai la macchina dell’indignazione aveva accumulato energia cinetica e allora chi la ferma più? Ce li vedo tutti i fan che provano a toccarlo con una forchettina da dattero e ne provano improvviso schifo. Youtuber di riferimento come Radho e Gaming Rules che hanno deciso di oscurare i video dei tutorial dei suoi giochi, BoardGameGeek che minaccia ban definitivi dopo aver cancellato sistematicamente tutti commenti di utenti che, con un’educazione degna d’un film di James Ivory, semplicemente spiegano e contestualizzano la frase di Tascini. E ancora: migliaia di utenti americani che dichiarano che non compreranno mai più un suo gioco, in un Paese come gli Stati Uniti, dove puoi friggere allegramente i detenuti sulla sedia elettrica, ma guai ad appellarli male! Ma soprattutto: le due case editrici per cui Daniele Tascini lavorava e che ha contribuito a rendere popolari lo hanno scaricato. Una di queste, l’illuminata e gloriosa Hans Im Gluck, ha reso pubblico che non ristamperà più i suoi giochi (fra i più venduti del suo catalogo) e ci ha ricordato che i bianchi sono razzisti per definizione in quanto bianchi. La Board & Dice, casa editrice di giochi a dir poco mediocri e che Tascini ha letteralmente miracolato, ha fatto sapere di averlo licenziato.

Mi sembra tutto straordinariamente misurato, adeguato e congruo. È bello sapere che il mondo non è fatto solo di insensibili bifolchi come me, che accarezzano i propri figli non in maniera esattamente paterna e torturano nottetempo piccoli animali da compagnia, ma di editori di giochi da tavolo che non ci dormono la notte su questioni razziali e che bastano anche minime gaffe profuse di scuse per sconcertarli senza ritorno.

Ce li vedo che vanno a mangiare la pizza e quando gli arriva la loro brava capricciosa bella fumante gli appare un angelo che gli dice: “in Delaware sta per essere pronunciata la parola con la doppia g che sconcerterà un soggetto, tale Samuel. Se rimandi indietro questa pizza intonsa quella parola non verrà mai pronunciata”. E loro subito: “Dov’è il bidone delle pizze? Cameriere! Subito! Porti via!”. Come è venuto in mente a Tascini di evocare la parola con due g davanti a loro? È un po’ come pugnalare al cuore Gesù Bambino fissandolo negli occhi. Gli editori di giochi da tavolo, come i giocatori o gli youtuber, sono notoriamente persone d’una sensibilità toccante, severissimi con gli altri perché lo sono in primo luogo con loro stessi. Coraggiosi ai limiti dell’incoscienza come il miglior Dylan Dog, che non fanno mai calcoli, sempre scoperti e vulnerabili, pronti a mille battaglie per il sociale, a cadere cento volte e rialzarsi centouno. Ricordo, in un incontro allo Spiel di Essen, un Nelson Mandela attonito, con gli occhi lucidi e preoccupato per loro: “ma perché ogni tanto non vi lasciate un pochino stare?”. E l’editore di Carcassonne: “GNO!”

Insomma, quegli editori potevano cazziare Tascini e chiedergli di scusarsi, invece hanno deciso di liquidarlo con effetto immediato e affrettarsi a farlo sapere per rassicurare la loro clientela di anime nobili che altrimenti rischiava lo shock anafilattico. Si è discusso se questo sia stato giusto o sbagliato. Se un atto dovuto o una purga eccessiva. Forse, ripensandoci, questo licenziamento è anche troppo poco se paragonato all’Olocausto di cui è stato capace quell’uomo nell’evocare una cosa del genere: la parola con due g. Il mondo ora che Daniele Tascini ha perso il lavoro è – diciamolo – un posto un pochettino più bello e pulito. A ben pensarci, io credo che in una società più giusta, moralmente decente e umana, il game designer che si macchia di reati simili dovrebbe abbandonare il suo posto di lavoro solo per essere poi legato per gli arti a quattro cavalli neri in partenza verso i punti cardinali e quindi squartato davanti ai figli in lacrime, premiati poi da un lecca-lecca ciascuno. Un tronco umano sulla polvere che implora la morte. Vita, studio, carriera, ambizioni, psicofarmaci, relazioni, lutti, vacanze, rospi ingoiati, deficit erettili, ricordi di Natale, speranze, inciampi, trionfi, chemioterapie, macchine in leasing, risate, compromessi, fustelle, meeple, clessidre nuove fiammanti. Tutto nella polvere. Mentre noi ci sorseggiamo beati il nostro whisketto scozzese torbato al tramonto in un bicchierino con tanto di nostre iniziali intarsiate d’oro. Madonna se CI STA!!!

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