Boomer’s corner: uscite da quei cazzo di telefoni, andate in vacanza | Rolling Stone Italia
Società

Boomer’s corner: uscite da quei cazzo di telefoni, andate in vacanza

C’è il green pass, ma tanta gente resta chiusa negli smartphone. Per non perdere la polemichetta del giorno, o un tag su Instagram, o un’occasione di lavoro. O per non sparire. La risposta (semiseria) di chi non ci sta

Boomer’s corner: uscite da quei cazzo di telefoni, andate in vacanza

Foto: George Pagan III/Unsplash

Ora che col green pass si può andare ovunque (fuori! dentro!), l’impressione è che certa gente, invece, non si muova più. «Ma come fai a star lontano da casa così tanto!» (un mese e più), mi hanno detto tutti per anni, ora un po’ meno, «ti perdi un sacco di occasioni!». Le occasioni sarebbero lavori e lavoretti che, notoriamente, in pieno agosto spuntano come le cicale tra gli ulivi. Adesso, però, il trend (pardon) è cambiato: le occasioni mica te le offrono gli altri, te le cerchi da te, anzi te le inventi, i mestieri di una volta son cose da boomer, siamo tutti self-made-divulgatori.

E allora nella bolla – la bolla invero miserabile che ho di fronte – vedo che è proprio così: nessuno va più in vacanza, o ci va pochissimo, un pugno di giorni e sempre distrattissimi, la paura è di non riuscire altrimenti a procacciarsi il lavoro o il lavoretto prossimi venturi; o, peggio, di sparire, puf! (Alcuni, tra quelli della miserabile bolla, direbbero: non andiamo in vacanza perché non ci pagano abbastanza, ma qui comincia un’altra storia; oppure parte un crowdfunding.)

Tolti i cercatori d’occasioni no-vax, per gli altri – dicevo – il green pass aprirebbe tutto, finalmente!, e invece eccoli non dentro i ristoranti per gli spaghetti con le telline, ma chiusi nei loro telefoni: è lì che tutto accade, baby. Le storie di Instagram sono i nuovi magazine, hanno insegnato in qualche corsicino di qualche accademiucola, mica puoi mandarli in ferie. E allora vai col sondaggio, e «fammi una domanda», e «vi racconto come si diventa quel che sono diventato» (piccole inutili vite spacciate per interessantissime), «visto che me lo chiedete in tanti» (768 follower), eccetera.

I magazine, hanno sempre insegnato in quelle accademiucole (intanto i genitori dei wannabe-divulgatori cacciavano grano a vuoto), vanno bene se specializzati, ma ancora meglio quando son generalisti, dunque non si può perdere niente. È obbligatorio condividere la reazione (reaction) a tutto, a tutti. Il giubilo per l’oro tricolore a Tokyo (anche se si son visti giusto i dieci secondi d’esultanza nel video su Rep) e la breaking news sui Måneskin (l’Eurovision ha cambiato le sorti del Paese: mah, parliamone); e poi la polemichetta del giorno (sicuro con schwa), e un po’ di gender (il tender è per i ricchi), di rottamazione (è tornata di moda), di insulti (sarà il caldo), di commenti piazzati sotto i profili giusti (se non direttamente repost, tag, stories ad hoc), di pizzini (come questo, direte voi: già – ma io dieci minuti e richiudo tutto).

E qualcosa ogni tanto spunta: la nuova rubrichetta (no: la column) sul giornaletto superpop, che subito gli amici (no: i follower) ti taggano per dirti «proudofyou» (in inglese); o la collaborazione con la paginetta di infografiche perfette per l’estate, come le infradito “in quattro colori moda!” imbustate una volta insieme ai rotocalchi agostani di nonna; oppure qualcuno che conta moltissimo (agli occhi di questa miserabile bolla, s’intende) ti cita per i tuoi 280 profondissimi caratteri sull’Italia inclusiva dei Giochi, e allora è fatta, «proudofyou» anche lì, anzi di più, perché hai fatto ancora meno fatica (la stessa, pochissima, richiesta dalle accademiucole sopra dette).

La domanda è sempre una: tutta questa gente che, nel corso dell’autunno/inverno che verrà, ti spiegherà per filo e per segno ogni cosa avvenuta in ogni posto (Stati Uniti in testa, ma pure Pakistan, Ecuador, isole Andamane) ci andrà mai, da qualche parte nel mondo? Si farà, prima o poi, un viaggetto oltre il baretto (bio) sotto casa? Si stuferà, per un’estate almeno, dell’appartamentino di famiglia a Cogoleto (non c’ho soldi)? Vedrà o scoprirà qualcosa che non arrivi da altre storie (sempre nel senso di stories)?

E – altra domanda crucialissima – avrà mai tempo di leggere tutti i libri (tantissimi) di cui parla, di vedere i film e le serie su cui c’indottrina, di approfondire gli scandali per cui s’indigna, tutta così presa a fare, appunto, le solite stories? (Sul fatto di aver letto, visto, approfondito qualcosa prima di divulgare, ecco: su questo ho perso le speranze. C’è gente che nel duemilaventuno vede per caso un film di, e faccio nomi recenti, Abbas Kiarostami o Wong Kar-wai – fortuna sua, per carità – ed è già lì da anni a spiegarci il cinema.)

Se qualcuno lo scopre, me lo può dire? Grazie. Adesso ho troppe cose da fare: sono solo alla seconda settimana lontano da casa.