Vasco Rossi: «Ecco il mio album in direzione ostinata e contraria» | Rolling Stone Italia
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Vasco Rossi: «Ecco il mio album in direzione ostinata e contraria»

Il rock old school non molla. Vasco racconta ‘Siamo qui’, un disco nato da una crisi «fatto con strumenti veri e con testi brevi in un mondo di canzoni piene di parole». E poi: la destra italiana, i no vax, Sfera Ebbasta che vende orologi e Madame che canta con la…

Vasco Rossi: «Ecco il mio album in direzione ostinata e contraria»

Vasco Rossi

Foto press

«Senza la musica non sono niente», dice Vasco Rossi ai giornalisti. Smart glasses, sorriso furbetto, telefono per le mani, Vasco ha presentato ieri a Milano il nuovo album Siamo qui che uscirà il 12 novembre, anticipato domani dal singolo omonimo. «Il titolo doveva essere Siamo qui pieni di guai, poi Fini (il manager, ndr) mi ha convinto a togliere “pieni di guai”. Non mi riferisco alla pandemia, ma ai guai della condizione umana. È una canzone d’amore per la condizione umana. Come diceva Heidegger, siamo gettati nel mondo. È la canzone portante dell’album, la più intensa. Nel disco ci sono le mie consapevolezze che non consolano, ma dalle quali non si torna indietro».

Nell’album, dice Vasco, c’è anche un’idea old school di rock: «È tutto suonato con strumenti veri. I testi sono codici: sento in giro canzoni con tante parole e allora mi viene voglia di metterne sempre meno. È un disco in direzione ostinata e contraria, come diceva Fabrizio De André».

Ecco che cosa ha raccontato, fra riflessioni da rocker-filosofo, considerazioni serie e ironia: la crisi da cui nato il disco, la destra italiana, i no vax, Madame e i rapper che vendono cose su Instagram. «Sono l’unico influencer che lo fa gratis».

La crisi

«Dopo che il mio tour è stato rimandato due volte per la pandemia sono entrato in crisi. Lo scopo principale della mia vita era venuto a mancare. Ho cercato di coltivare qualche hobby: ho provato ad andare a cavallo, sono stato sui campi di golf, ma mi piace solo la musica. Senza la musica non sono niente. Il nulla che ho provato in quel periodo mi ha fatto pensare molto, mi ha dato modo di leggere tanto. L’angoscia c’è sempre. Ci convivo ogni giorno. La proviamo tutti e la copriamo in tanti modi, tenendoci impegnati. Sono sincero solo nelle canzoni. È dentro le canzoni che mi trovate».

“Siamo qui”

«Il testo ha poche parole, le frasi sono codici che bisogna fare sedimentare dentro. Sento in giro canzoni con tante parole e allora mi viene voglia di metterne sempre meno. la canzone dice che abbiamo dimenticato quello che siamo, pensiamo di essere quello che abbiamo. Siamo soverchiati dalla tecnica che non è più al servizio dell’uomo, ma di se stessa. Viviamo in una società pensata per il profitto e non per l’esistenza umana o il benessere delle persone. Vali finché sei utile. Nel testo c’è una frase sarcastica sul pianto: l’uomo ha solo il potere di piangere o di ridere, il potere di esistere non ce l’ha. Per questo dico che siamo poveri eroi ad affrontare questa vita in cui siamo dipendenti da tutto, in cui abbiamo bisogno di tutto, in cui siamo disposti a tutto. Il Vasco degli inizi cantava “vogliamo godere”. Ora ho capito che il godimento è mortifero perché si esaurisce subito, mentre i “no” alimentano il desiderio che sta alla base di ogni cosa».

L’album

«Nel titolo al plurale, Siamo qui, mi arrogo il diritto di parlare a nome di un popolo. Ho sempre raccontato cose che avevo dentro di me per poi scoprire che molti provavano le stesse cose. Quando racconto una debolezza, chi prova lo stesso se sente meglio e non si sente più solo. Quarant’anni fa, ai tempi di Siamo solo noi, eravamo illusi. Ora siamo soli e delusi. Siamo sempre solo noi, siamo cresciuti e siamo arrivati qui in questa condizione umana che racconto. Le canzoni le ho scelte con Fini e ho affidato arrangiamento e la produzione delle ballate a Celso Valli e dei pezzi rock a Vince Pastano. Quest’album va in direzione ostinata e contraria, come diceva Faber. È diverso da quello che va di moda. È un album di classic rock, quindi in controtendenza, tutte le canzoni sono suonate con strumenti veri. A un certo punto volevo usare l’Auto-Tune, ma mi hanno detto che sono troppo intonato per farlo».

La destra italiana

«In XI comandamento canto che non puoi discuterci con l’ignoranza. Sento nell’aria una enorme valanga di ignoranza che sta arrivando. Pensavo si potessero spiegare le cose a chi non la pensa come te, ma non è possibile. Mi sono arreso, non c’è un cazzo da fare, non ci discuto più con l’ignoranza. Temo che i nuovi governanti che si prospettano all’orizzonte sull’onda di populismo, estremismo e fake news arrivino con leggi speciali e un undicesimo comandamento: amare loro più di ogni altra cosa. In Italia c’è una destra estremista. La destra ci deve essere, eh, ma non pericolosa. Questi invece sono irresponsabili che cavalcano le paure della gente, incattivendola. I toni della Meloni e di Salvini sono divisivi, creano odio per avere consensi in più. Ho fatto i nomi di Salvini e Meloni? Per favore, non scriveteli, io non faccio politica, né voglio essere strumentalizzato politicamente».

Pandemia e no vax

«Ho imparato che la vita è molto fragile. Credo nella scienza. Quando ho mal di denti prendo un antidolorifico, non vado mica da un santone. I no vax non riescono ad accettare che la pandemia dipenda dal caso, pensano che ci sia dietro un complotto perché hanno bisogno di credere in qualcosa. Urlano “libertà!”, ma è la libertà di fare quel che cazzo che gli pare. La libertà non è quello, ha senso se è all’interno di un limite, altrimenti è caos. Mi dissocio da quello che Red Ronnie dice quando va a parlare come opinionista di argomenti che non conosce. Ha detto che i testi dei rapper istigano la violenza, mi pare di sentire Nantas Salvalaggio quando diceva che io incitavo i giovani a drogarsi. Ah, e non ho mai consigliato l’uso delle mascherine. Ho obbligato a indossarla quelli che venivano davanti a casa mia che chiedevano un autografo perché poi andavo da mia madre e non volevo passarle qualcosa. Io non consiglio niente: ognuno faccia quel che cazzo che gli pare».

La ripartenza dei concerti

«Aspetto che passi l’inverno per sicurezza, ma dovrebbe essere la volta buona. Abbiamo lanciato il cuore oltre l’ostacolo e aggiunto nuove date per il 2022. Ora sono 11, iniziamo prima del solito, il 20 maggio da Trento. Cosa ne penso di quello che ha fatto Salmo? Con un’azione magari discutibile ha voluto far capire che esisteva in problema a cui i governi sembra non pensino molto. Le rockstar come me se la cavano lo stesso, ma tante persone hanno perso il lavoro. D’accordo, bisognava chiudere quando era necessario, ma col vaccino bisogna pensare ad aprire e tornare alla normalità».

I Måneskin, Madame, la devirilizzazione dei cantanti

«Molti nuovi cantanti hanno delle vocine. Bisogna essere così oggi per piacere alle donne? Non ci sono più quelli che cantano da uomo. Sembrano tutti bambini. Forse è per far tenerezza alle donne. I Måneskin invece mi piacevano da prima di Sanremo, ma quando ho sentito Zitti e buoni mi sono detto: finalmente un gruppo giovane che fa del rock. “Parla, la gente purtroppo parla, non sa di che cosa parla”: mi sono rivisto ai tempi di Siamo solo noi. Oggi il pop italiano è misto tra rap e canzone, ci sono giovani che mi piacciono come Madame, una che canta con l’anima, che canta con… (indica il pube) che canta con quella. Anche Blanco è bravo».

Sfera Ebbasta e l’artista come influencer

«Io sono l’unico influencer che lo fa gratis. Non vendo niente. Quelli come Sfera Ebbasta promuovono vestiti e orologi. Se avessi fatto una cosa del genere io negli anni ’80 mi avrebbero preso a schiaffi. Ascoltate Sfera: i giovani vogliono la macchina, vogliono l’orgoglio di diamanti, vogliono tutto subito e senza far fatica. La maggior parte dei giovani di oggi è così. Ma non è che gli artisti influenzano i giovani, il mondo. Le puttane non le ha mica inventate De André, né ha convinto la gente ad averne rispetto. Semplicemente, la gente si riconosce nelle canzoni. In quanto a me, non sono stato un profeta, né un cattivo maestro. Gli artisti raccontano la realtà, magari sentono delle cose prima degli altri perché hanno una sensibilità più accentuata. Gli artisti fotografano quel che vedono».

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