Un milione per cantare di fronte a 20 persone: il mondo segreto dei concerti privati | Rolling Stone Italia
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Un milione per cantare di fronte a 20 persone: il mondo segreto dei concerti privati

Viaggio nell'ecosistema musicale parallelo che, fra ingaggi a sette cifre e accordi di non divulgazione, permette a megaricchi di duettare con Bocelli o fare esibire Beyoncé a un matrimonio

Artwork: Lars Leetaru per Rolling Stone US

Per Jennifer Lopez esibirsi a Macao non era una cosa fuori dall’ordinario nel 2014. Doveva cantare su una base per una quarantina di minuti accompagnata da una mezza dozzina di ballerini. Il contratto prevedeva impianto audio e luci di «prima classe». Vietata ogni registrazione audio-video. E zero biglietti in vendita. Notevole il compenso: un milione e 250 mila dollari. Per festeggiare il compleanno d’un parente, una ricca famiglia cinese aveva pagto Lopez per esibirsi per loro in Asia, investendo 500 mila dollari solo per viaggio e hotel della cantante e del suo entourage. E non è tutto: per lo show la famiglia ha costruito un ristorante e un night club dentro la sala da ballo di un hotel Grand Hyatt, con tanto di passerella a collegare le due parti. Il tutto per un pubblico di appena 20 persone, decisamente meno di quelle impiegate nella produzione dello show.

Per più di vent’anni, le pop star di ogni genere o generazione, da Bob Dylan agli Eagles, da Alicia Keys a John Legend, sono state ingaggiate per suonare a eventi corporate, ovvero performance strapagate per clienti e dipendenti d’azienda, in un ecosistema che è durato nel tempo. Lo scorso dicembre, la piattaforma di gaming e blockchain Gala Games ha organizzato una festa privata in più serate a San Francisco, il Galaverse. Cinquecento ospiti si sono riuniti per ascoltare Maroon 5, Alice Cooper, Steve Aoki, Snoop Dogg e un mini set di due membri degli Arcade Fire. La venue prevedeva sale private arredate come taverne medievali, una scenografia ispirata a Dungeons & Dragons con un gigantesco drago finto e una sala da ballo in stile texano. In un altro spazio, i ballerini erano truccati da zombie (nello stile di Walking Dead).

Fuori dalle feste corporate, cresceva un altro mondo parallelo. Sono i concerti super-privati. In quell’universo, le star di classic rock, hip hop e pop guadagnano cifre notevoli suonando a matrimoni, feste di compleanno, anniversari e altri eventi privati, ovviamente per un pubblico di megaricchi che potevano permetterselo. I musicisti incassano vagonate di soldi e fanno sentire i festeggiati delle star parte del loro mondo. Qualche volta però, oltre agli assegni pensanti, questo tipo di evento provoca problemi politici che gli artisti devono affrontare (oppure ignorare).

Nei primi anni di questa industria, gli unici performer ad accettare proposte del genere erano i vecchi artisti degli anni ’50 e ’60. Oggi la lista somiglia a una classifica di vendita pop. Basta la cifra giusta, roba da sette zeri, e Beyoncé o Rod Stewart verranno a suonare per amici e famiglia. Lo fanno veterani come John Mayer e giovani come Charlie Puth (che è stato ospite a sorpresa al bat mitzvah di una teenager di Boston). Anche gli Sugar Ray sono a disposizione, così come il semi-supergruppo Ezra Ray Hart, composto da Mark McGrath (degli stessi Sugar Ray), Emerson Hart (il frontman dei Tonic) e Kevin Griffin (degli Better Than Earth), pronti a riempire casa vostra con un po’ di rock e hit anni ’90. Anche Pitbull, Nicki Minaj e Flo Rida hanno suonato a vari bar e bat mitzvah.

Nel segno del ricambio generazionale, anche artisti hip hop vecchia scuola come Coolio, Too Short, Vanilla Ice e Naughty by Nature sono stati ingaggiati per concerti ad personam. «Sappiamo di molte persone che ospitano grandi artisti a casa loro», dice Jay Siegan, presidente della Jay Siegan Presents che ha portato artisti come Coldplay e Céline Dion a esibirsi a eventi corporate. «Lo fanno discretamente per 30 o 50 amici, convincono artisti che costano milioni di dollari a esibirsi per tre quarti d’ora, poi mangiano una cena preparata da un celebrity chef. È un tipo di evento che vediamo sempre più frequentemente».

Di recente gli Sugar Ray hanno suonato a una festa di compleanno per un ricco cliente di San Diego che aveva affittato un club per una dozzina di amici. «Vai sul posto, suoni per 40 persone, ti fai qualche drink, ti diverti e fai il matto», dice McGrath, che da eventi simili raccoglie la metà dei suoi introiti annuali. «In alcuni casi devi lavorare parecchio, perché non ottieni le stesse reazioni del pubblico che compra i biglietti dei concerti e puoi restarci male. Ma è uno dei motivi per cui ti pagano tre o quattro volte in più del normale».

Se non ne avete mai sentito parlare, un motivo c’è. In un mondo dove povertà e diseguaglianze economiche sono parte del discorso pubblico, questi eventi sono avvolti da uno spesso velo di segretezza. Pochi artisti sono disposti a parlare di questi concerti e chi vi partecipa spesso deve firmare accordi di non divulgazione circa il nome del performer, del locale e degli organizzatori. Nel frattempo, gli artisti non si limitano a incassare, ma devono capire per chi si stanno esibendo e quanti dettagli rivelare in pubblico. «Ci è stata offerta un’opportunità e l’abbiamo colta», dice una popstar coinvolta in uno di questi eventi. «Il punto è che nessuno vuole discutere più di tanto dei dettagli di queste feste private. È questo che le rende ancora più esclusive».

Mark McGrath degli Sugar Ray. Foto: Scott Dudelson/Getty Images

Mark McGrath degli Sugar Ray ricorda bene il giorno in cui si è imbattuto in questo ecosistema. Era alla fine degli anni ’90, la loro Fly dominava le radio e gli è stato offerto di suonare per una tech company della Bay Area. «C’erano dei laser in sei stanze diverse, in una c’era un DJ e una trentina di persone disinteressate», racconta. «Devi accettarlo e andare avanti». La paga era «sette volte quello a cui eravamo abituati». Quello show ha cambiato le cose. «Ci siamo detti che quel mondo era divertente, ma all’epoca le feste corporate o le fiere erano considerate tabù, non eri figo se partecipavi a cose del genere. Noi però non siamo mai stati fighi. Quindi non c’era niente di cui preoccuparsi».

Quell’epoca, ormai 25 anni fa, ha inaugurato l’era dei concerti corporate delle band classic rock, quando artisti come Rod Stewart, Billy Joel, Crosby Stills & Nash suonavano (pagati con cifre a sei o sette zeri) per mega aziende come Pepsi e Bank of America. Nel 1998, grazie a un assegno di quasi un milione di dollari, Bob e Jakob Dylan hanno suonato insieme per la prima e ultima volta (per l’azienda di manifatture tecnologiche Applied Materials).

L’esplosione delle dot com all’inizio degli anni Zero ha portato il circuito delle feste private a un altro livello. Mike Edwards dei Jesus Jones ricorda quando la sua band, un decennio dopo il suo periodo migliore, è stata invitata negli Stati Uniti per esibirsi a una conferenza. L’unica cosa che dovevano fare era suonare la loro unica hit, Right Here, Right Now, all’inizio dell’evento. «Il presentatore ha detto: “Benvenuti, spero che vi stiate divertendo, ed ecco i Jesus Jones!”. Abbiamo suonato 360 secondi, le spese erano minime… c’era sempre l’idea di lavorare per il diavolo, di diventare puttane delle aziende. Ma dovevamo suonare un nostro pezzo che ci piaceva, e saremmo tornati a casa con un bel po’ di soldi. E insomma, perché non avremmo dovuto farlo?».

La crisi del 2008 ha ridotto i compensi. Stando a quanto dicono i booker, quando l’economia ha cominciato a risalire gli eventi sono ripartiti da dove erano rimasti, e le feste ultraprivate – quelle in cui un super ricco può invitare una leggenda del rock o un’icona pop per celebrare un momento speciale della sua vita – hanno iniziato a diventare sempre più frequenti. Seal ha suonato su uno yacht a largo di Monaco per i membri di una famiglia che possiede un’importante compagnia aerea. Nel 2018 Beyoncé ha incassato milioni dopo essersi esibita al matrimonio dei figli di due miliardari indiani. Nello stesso periodo, un riccone dello Utah ha costruito un vero e proprio palco nel suo giardino per far esibire Paul Rodgers dei Bad Company. Ha speso più di un milione di dollari per far arrivare sul posto gli chef della O2 arena di Londra e ha trasformato il suo garage in una cucina professionale. A causa dell’altitudine, c’era un’infermeria dotata di bombole d’ossigeno.

L’evento con Rodgers era organizzato da Element Lifestyle, un circolo privato che costa 48 mila dollari l’anno e che aiuta gli iscritti a organizzare viaggi, vacanze e, sempre più spesso, eventi musicali. In uno di questi eventi Ricky Martin è stato pagato 500 mila dollari per cantare a un matrimonio a dieci minuti di auto da casa sua, a Los Angeles. Un cliente iraniano, cantante amatoriale, aveva il sogno di duettare con Andrea Bocelli, che ha incassato un milione di dollari ed è volato a Los Angeles per accontentarlo (un altro cliente, mediante Siegan, ha pagato Bocelli per fare un’apparizione a sorpresa a un ritiro aziendale in Italia). «Prima del Covid c’erano clienti che amavano la musica e l’esperienza dei concerti, ma non le migliaia di persone con cui avrebbero dovuto condividerli», racconta Michael Albanese, fondatore di Element Lifestyle. «L’idea di portare quell’esperienza a casa o nel giardino è diventata sempre più popolare».

Secondo Robert Norman, un agente della CAA che ha contribuito alla nascita di questo ecosistema, un altro riccone ha costruito «location uniche» per organizzare più feste nella sua casa. «Non si tratta di un tendone», dice Norman, che preferisce non rivelare il nome del cliente, né degli artisti che si sono esibiti. «C’erano dei tiki lodge e una house of blues in stile New Orleans».

Non tutti accettano queste offerte. Secondo una fonte, un altro miliardario era disposto a pagare 250 mila dollari per andare in moto con Bruce Springsteen o ingaggiarlo per un concerto privato. Pare che il Boss abbia declinato. Anche gli U2 sono molto richiesti, ma Siegan dice che «con loro finisco sempre per dire ai clienti che non è possibile». Oggi, però, solo pochi rifiutano. «Alcuni artisti chiedono così tanti soldi da costringere i ricchi a dire di no», dice Albanese. «Alla fine, però, tutti hanno un prezzo».

Nel 2018, nell’epoca d’oro di questi super party, Bob McLynn di Crush Management, che gestisce Fall Out Boy, Train e altri, stava girando in barca sulla costa del Jersey quando si è imbattuto in una dozzina di imbarcazioni attraccate a un molo. C’era una sorta di luna park, con tanto di ruota panoramica. «Ho gridato: ma chi è che suona?», racconta McLynn. «Un tizio mi ha risposto: “Who!” E io: cosa? “Gli Who!”».

In realtà era Roger Daltrey, che insieme alla sua band si è esibito per Steve Silverman, magnate dell’immobiliare del New Jersey. «Se me l’avessero raccontato non ci avrei mai creduto. Insomma, sono nella Rock and Roll Hall of Fame», dice McLynn. «Perché suonano a una festa privata? In realtà lo fanno tutti».

Quando la musica dal vivo è andata in lockdown a marzo 2020, lo stesso è successo al mondo delle feste private. A differenza dei concerti, però, non si è fermata del tutto. In piena pandemia, artisti come Sting, Leon Bridges, Keith Urban, Christina Aguilera e Ryan Tedder degli One Republic sono stati ingaggiati per concerti privati virtuali, con cachet che partivano da 100 mila dollari e arrivavano a cifre a sei zeri.

L’anno scorso, mentre i concerti tornavano a una parvenza di normalità, questo sottobosco del booking ha iniziato a rifiorire. Solo quest’anno, CAA ha organizzato più di 700 eventi (sia privati che corporate), tutti con un ospite musicale (Norman non fa i nomi, ma il roster della sua compagnia include Lionel Richie, Bon Jovi, i Doobie Brothers e gli Earth Wind and Fire). Secondo altre due importanti agenzie di talent, un tempo le feste corporate erano il grosso di questi eventi, circa il 75%, mentre ora quelle private stanno crescendo fino al 40%. «Ci sono tante opportunità là fuori e continuano ad aumentare», dice il manager Michael Lippman. Uno dei suoi gruppi, i Matchbox Twenty, è entrato nel giro dei concerti privati. «Questo mondo non è mai stato altrettanto grande». A volte sono proprio gli organizzatori di queste feste a contattare le agenzie, così da capire il punto d’incontro tra musica, pubblico e remunerazione.

Lenny Kravitz. Foto: Alexander Tamargo/Getty Images

Anche con l’arrivo di Omicron, lo scorso autunno, la musica e le feste non si sono fermate. A dicembre, Lenny Kravitz e il controverso rapper T.I. sono stati ingaggiati (per cifre non note) per suonare a Miami, nella casa sul mare di un collezionista d’arte e magnate del carbone Wayne Boich. L’occasione era Richard Mille After Dark, la celebrazione di un produttore di orologi di lusso svizzero. Kravitz ha suonato per un pubblico che includeva Venus e Serena Williams, Leonardo DiCaprio e Jordan Belfort (l’uomo che ha ispirato The Wolf of Wall Street), seguito a mezzanotte da T.I., mentre uno yacht era attraccato lì vicino per seguire lo show.

Gli accordi di riservatezza rendono difficile stabilire quanto abbiano incassato gli artisti: le cifre oscillano tra i cinque zeri a «sei o sette» per le icone pop. «Cerco sempre di preparare i miei clienti allo shock», spiega Siegan, che racconta anche di un ingaggio a cifre enormi per Bruno Mars. Secondo un’altra fonte, il cantante chiede fino a 4 milioni di dollari.

«Probabilmente le band che un tempo esitavano ad accettare ora sono disposte a farlo», dice McGrath. «Di solito i clienti hanno un loro protocollo Covid e c’è meno gente coinvolta. Gli artisti non viaggiano con la crew, non ci sono tour bus, ci sono meno rischi e guadagni più alti. Cosa c’è che non va in tutto questo? Molti di questi eventi sono in posti come Bahamas, Hawaii. Viene quasi da dire: dammi un pizzicotto, dimmi che non è un sogno».

Per alcuni musicisti l’appeal non è esclusivamente economico. «In questi eventi privati gli artisti ricevono un trattamento diverso rispetto a quello assicurato dai promoter tradizionali», spiega Kevin Monty di Red Light Management, che gestisce Phish, Dave Matthews Band, Valerie June e altri. «Il vino è migliore, gli alloggi esclusivi, il catering superiore a quello d’un normale concerto». Gli artisti possono anche fare richieste specifiche. Come, per esempio, il divieto di ballo durante le performance. «È anche un modo per fare networking e scambiare idee con persone con la stessa mentalità ma di aree professionali diverse», dice uno degli artisti che hanno partecipato a show simili.

Che l’idea piaccia o meno, gli artisti pop stanno tenendo in considerazione questi show super privati a causa del Covid. Devono compensare i mancati incassi dei tour saltati e gli introiti scarsi dello streaming, supportare la loro crew, tenersi in allenamento. «Alcuni cercano di recuperare il tempo perduto, essere più attivi di quanto sarebbero normalmente», dice Monty. «Gli artisti si sentono in debito nei confronti della loro band o della crew, vogliono dar loro l’opportunità di lavorare. Fino a ora non c’era modo». Secondo Siegan, «è un’occasione significativa di guadagno per le band. È strano che alcuni artisti se ne tengano alla larga, soprattutto visto lo stato dell’economia musicale e si guadagna meno dalla vendita dei dischi».

L’esplosione di questo tipo di concerti e i cachet pazzeschi comportano un nuovo codice del silenzio. Questo significa che musicisti e organizzatori firmano sempre più spesso accordi di riservatezza. Attraverso i loro rappresentanti, molti di questi artisti hanno rifiutato di discutere gli eventi o i cachet con Rolling Stone, né hanno risposto alle richieste di un commento. Lo stesso vale per i personaggi di alto profilo che pagano per gli eventi.

In alcuni casi, gli ospiti devono consegnare i telefoni per evitare che foto dell’evento finiscano sui social media. «È tutto super confidenziale», dice Greg Janese di UTA, una società che contatta artisti come Pitbull e Flo Rida per eventi privati. «Riceviamo molte offerte per feste private di alto profilo, quelle in cui firmi accordi di riservatezza. La gente non vuole far sapere che si esibisce a feste di questo tipo».

Nel Regno Unito, la società di catering Global Infusion Group (e la branca Eat to the Beat) ha fornito i suoi servizi a vari eventi del genere. Tra i più recenti c’è un matrimonio in un castello con un grande artista pop, ma è tutto quello che la CEO Bonnie May è disposta a rivelare. «Alcuni clienti amano la riservatezza e noi siamo molto attrattivi proprio perché ci stiamo attenti», dice. «Non c’è modo che si finisca sui social media».

A giudicare dalle previsioni sul futuro del settore fatte da chi ci lavora, è difficile che questo velo di segretezza venga sollevato. «Quando le cose torneranno normali, qualunque cosa significhi, organizzare feste esagerate non sarebbe comunque prudente», dice Siegan. «Detto questo, c’è eccitazione nell’aria, molti dei nostri clienti organizzano feste, cercano di impressionare amici e colleghi, vogliono di nuovo esagerare. Sembra di tornare ai ruggenti anni ’20 del secolo scorso».

Jennifer Lopez. Foto: Igor Sasin/AFP/Getty Images

Nel 2005 David H. Brooks, che ha un’azienda che produce giubbotti antiproiettile per l’esercito, ha ingaggiato Stevie Nicks, Steven Tyler e Joe Perry, Tom Petty, Eagles, 50 Cent, Nelly e altri per il bat mitzvah della figlia adolescente. Ha pagato ogni artista una cifra vicina al milione. Due anni dopo è stato arrestato (tra le altre cose) per insider trading e per aver usato i soldi dell’azienda per finanziare il suo stile di vita esagerato. È stato condannato a 16 anni di prigione, è morto nel 2016. «Si è rivelato un truffatore, è stato un incubo», dice Janese, che all’epoca lavorava con Tyler e Nicks. «È terribile quel che è successo».

Organizzare eventi privati può generare problemi su livelli diversi. Uno di questi può essere trasformare una casa in uno spazio dove tenere un concerto. «Servono production manager esperti», dice il manager Jonathan Wolfson. I suoi clienti, tra cui Hall and Oates, hanno suonato a diverse feste private tra cui una in una villa di Long Island, quando sul palco è salito anche Jamie Foxx. «Ci sono problemi di sicurezza. A volte bisogna costruire un palco… non tutti hanno un giardino adatto a un evento». Nel 2016, Sia ha ricevuto un’offerta di un milione di dollari per un evento in un giardino di St. Barts. Il cliente era disposto a costruire una pista da ballo e un tetto trasparente. Alla fine, Sia ha rinunciato quando ha capito che la location non avrebbe potuto ospitare la sua produzione e i ballerini.

Controllare chi paga questi eventi è ancora più complicato. I 10 milioni che Brooks ha speso per la festa della figlia sono stati inclusi dal Dipartimento di Giustizia nell’elenco delle sue spese illegali e l’incidente rivela i potenziali rischi di eventi del genere. Nel 2013, Jennifer Lopez ha cantato Happy Birthday al presidente del Turkmenistan. Lì, secondo il rapporto di Human Rights Watch di quell’anno, «chi difende i diritti umani e gli attivisti in genere affrontano continuamente il rischio di una rappresaglia del governo, che usa la prigione come strumento di vendetta politica». Il rapporto parla anche del «culto della personalità» del presidente Gurbanguly Berdimuhamedow. Dopo aver ricevuto diverse critiche per lo show, che era stato organizzato in un resort di lusso, il team di Lopez ha diffuso un comunicato che diceva: «Se avessimo saputo dei problemi con i diritti umani, Jennifer non avrebbe mai partecipato».

Secondo una fonte, Billie Eilish ha ricevuto un’offerta a sette zeri per un concerto in Medio Oriente, ma ha rifiutato. È successo anche ai Train. «Era un tizio che aveva fatto soldi coi diamanti», dice McLynn, «non ci sentivamo a nostro agio».

«Alcuni artisti sono più selettivi, vogliono sapere tutto della persona per cui si esibiranno, soprattutto nelle feste private», dice Adam Grayson dell’agenzia di booking GrayRock Entertainment. «Non vanno a suonare al buio, vogliono conoscere l’orientamento politico. Ad alcuni interessa, ad altri no».

Nel frattempo, tutto questo mondo non ha alcuna intenzione di sparire, così come gli assegni enormi per gli artisti. Quest’anno Matchbox Twenty e Sugar Ray suoneranno a matrimoni alle Bahamas e in Canada, rispettivamente. McGrath spiega che suonare a un matrimonio non significa presentare la coppia o accompagnare il primo ballo degli sposi. «C’è una grossa sala o un club, suoneremo lì», dice. «Non sono come Adam Sandler in Prima o poi me la sposo. Ma chissà, magari in futuro farò quello».

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.

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