Tutti i dischi di Vasco Rossi, dal peggiore al migliore | Rolling Stone Italia
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Tutti i dischi di Vasco Rossi, dal peggiore al migliore

Meglio 'C'è chi dice no' o 'Liberi liberi'? E quanto vale l'esordio? Ecco la classifica degli album di Vasco, live e raccolte escluse. Al primo posto il disco con cui passa da disperato a guida di un "popolo"

Tutti i dischi di Vasco Rossi, dal peggiore al migliore

Vasco Rossi nel 1982

Foto: Angelo Deligio/Mondadori via Getty Images

Premessa doverosa: pochi secondi dopo aver proposto a Rolling Stone una lista degli album di Vasco mi sono chiesto chi mai me l’avesse fatto fare. E poi, perché nessuno l’aveva mai fatta nonostante l’appetibilità dell’artista in questione? Le liste, si sa, sono argomento delicato e se l’oggetto dell’elenco sono gli album dell’artista italiano più seguito di sempre, va da sé che il coefficiente di difficoltà raggiunge livelli elevatissimi. Inoltre, chi si prende la briga di redigere queste famigerate classifiche spesso si ritrova a cambiare fino all’ultimo istante l’ordine dei dischi. Al momento della stesura finale, è un po’ come se la tua vita ti passasse davanti. «Quel disco è oggettivamente minore, ma quanti ricordi personali», ti trovi a pensare. Oppure, all’inverso, album considerati memorabili dai più non ti hanno mai detto più di tanto.

Sono cresciuto con lui, grazie a due vinili regalati dai miei genitori. L’ho visto in tutte le salse, dalla prima conquista degli stadi, ai palazzetti, passando per Imola ’98, Modena Park e una volta persino da solo. Sappiate dunque che non è stato facile nemmeno… per me. Ecco, messe adeguatamente le mani avanti (cosa che comunque non mi preserverà da commenti tipo: «Ma come fa ‘sto cialtrone di Rolling Stone a mettere in ultima posizione quel disco?»), mi accingo a elencare ogni album da studio pubblicato da Vasco, rigorosamente (e soggettivamente) dal peggiore al migliore.

18Il mondo che vorrei (2008)

Ci sono pezzi di Vasco che valgono carriere intere di altri artisti. Sono quei pezzi che Vasco sostiene arrivare di colpo, ogni tot di anni, quasi metafisicamente. Il mondo che vorrei è uno di essi. Non tutto nel disco è perfettamente a fuoco, ma è anche giusto così. Gli anni passano e il livello generale è così alto da rendere tutto più difficile. Un album robusto, ma tutto sommato di routine.

17Sono innocente (2014)

Ultimo album prodotto da Guido Elmi, che consegna un Vasco energico e combattivo (come Rocky), ma che inevitabilmente non può reggere appieno il confronto con un passato che definire ingombrante è riduttivo. È un Vasco più incazzato che malinconico quello che troviamo, che in cuor suo sa di avere già detto tutto e che forse è già proiettato al bagno di folla di Modena Park.

16Siamo qui (2021)

Posizione dovuta più al poco tempo passato dalla sua uscita che al valore del disco. Gli album crescono o appassiscono con gli anni e Siamo qui non ha ancora avuto il tempo di mostrarsi nella sua completezza. Su tutte resta la title track, uno di quei brani che potrebbero far parte di una compilation ideale insieme a Siamo solo noi, Siamo soli e I soliti. Puro Vasco.

15Stupido Hotel (2001)

Qui iniziano i guai, direbbe il Blasco. Gli album fondamentali si avvicinano e le scelte diventano difficili. Stupido Hotel è un disco a cui non manca nulla e su cui pesa come un macigno la scomparsa di Massimo Riva, qui ancora coautore di Perché non piangi per me. Tuttavia, il suo rock ha inevitabilmente assunto la forma di classico, con cui è sempre più difficile stupire e provocare come un tempo. Il tour, ad ogni modo, si rivelerà uno dei migliori di sempre.

14Buoni o cattivi (2004)

Singoli dalle vendite spropositate e instant classic (basti pensare a Un senso), band in formissima e una produzione enorme. Forse anche troppo. L’album è fresco e tirato e Vasco sembra aver raggiunto un nuovo livello nel suo essere superstar nazionale. Ormai va bene a tutti, tutti lo amano e le sue canzoni impazzano ovunque, dalle pubblicità alle colonne sonore. È forse questo il limite di un album curato fin nei minimi dettagli, ma che fa venire un po’ di nostalgia dei tempi più sgangherati.

13Canzoni per me (1998)

Pochi brani, ma tutti capaci di entrare nell’immaginario del Vasco anni ’90. Un album in qualche modo di transizione. Un po’ perché Massimo Riva lascerà presto un vuoto incolmabile nel cuore di tutti, ma anche perché un pezzo come Rewind proietterà il Blasco nella sua nuova versione di idolo delle masse. In questo senso, per molti fan della vecchia guardia, il vero spartiacque tra il Vasco che fu e quello che sarebbe stato. Con il bagno di folla di Imola a dimostrarlo.

12Vivere o niente (2011)

Album segnato dalle vicissitudini fisiche di Vasco Rossi, che sarà costretto a interromperne il tour per un calvario durato mesi. In qualche modo, i nuovi brani risultano quasi profetici, tanto trasudano malinconia e malessere. Per chi scrive, però, Vivere o niente è il capolavoro assoluto della maturità, in cui Vasco fa i conti con se stesso senza pietà e senza nascondere nulla di sé. Difficile metterlo più in alto, vista la qualità altissima degli altri lavori, ma di certo un album da riscoprire.

11Gli spari sopra (1993)

Che vuoi dire a Gli spari sopra? Produzione da disco americano come nessuno in Italia, una serie di singoli presenti ancora oggi nella set list di qualsiasi concerto di Vasco che possa ritenersi tale e quell’aura da maledetto, un po’ tendente al tamarro, che ne aveva caratterizzato gli ultimi anni, quelli dell’approdo negli stadi. Tutto perfetto. Più o meno. Forse troppo lungo, ma siamo davvero ai cavilli.

10Cosa succede in città (1985)

Un disco amatissimo dai fan, ma nei confronti del quale non sempre Vasco ha avuto parole dolci. Impossibile scindere la sua pubblicazione dai guai giudiziari cui era appena andato incontro il suo autore e forse anche per questo non ha contribuito a lasciare un buon ricordo di sé. Eppure, al di là di una produzione che ha pagato un po’ il passare del tempo, i lampi ci sono, eccome. Certo, uscire prima di C’è chi dice no non ha aiutato a rivalutarlo del tutto, ma nel complesso un album dall’omogeneità indiscutibile.

9…Ma cosa vuoi che sia una canzone… (1978)

Un debutto splendido, cresciuto enormemente negli anni, che vede Vasco ancora combattuto tra cantautorato e guizzi degni di quello che sarebbe stato da lì a breve. La malinconia, il disincanto, l’ironia, ma anche la dolcezza sono già quelli che il suo pubblico imparerà a conoscere, ma la strada non è ancora pienamente segnata, soprattutto in termini di originalità. Tuttavia, la filosofia di fondo è già quella e si intuisce che il ragazzo non assomiglia ai coetanei. Basterà aspettare poco.

8Nessun pericolo… per te (1996)

Insieme a Non siamo mica gli americani!, il disco più apertamente politico di Vasco e di certo uno dei più incazzati in assoluto. Se infatti ne Gli spari sopra la classica malinconia vaschiana si alternava a sferzate potenti e a un certo rock di stampo americano, qui dominano rabbia e indignazione. Qualche spacconata vecchio stile, vedi alla voce title track, fa il pari con Gli angeli e Sally, per alcuni i suoi brani definitivi, ma anche con Benvenuto, dedicato al figlio nato da poco. Se non esistesse la discografia anni ’80, probabilmente sarebbe su un gradino più alto.

7Non siamo mica gli americani! (1979)

Ancora acerba, ma indubbiamente la prima raccolta di canzoni che conferma, ai pochi che ne avevano già compreso la genuinità, di trovarsi di fronte a un fuoriclasse e a una band che ne condivide idee e filosofia di vita. Il ritratto impietoso e ironico della leva in Italia resta uno dei migliori della nostra musica popolare e rappresenterà uno degli archetipi assoluti delle canzoni socio-politiche del Blasco. Col tempo la rabbia prenderà il sopravvento sul motto di spirito, ma le basi resteranno le stesse per quarant’anni.

6Liberi liberi (1989)

Vasco sta crescendo e nei suoi testi la malinconia, che sempre aveva aleggiato, inizia a prendere il sopravvento. Sempre più profeta, a parziale discapito di quella sregolatezza che ne aveva caratterizzato i dieci anni precedenti, Vasco sembra aver compreso di avere un ruolo fondamentale per la generazione cresciuta con la sua musica. Per questo alterna sapientemente i sapori e gli ingredienti per dare vita al disco che gli spalancherà gli stadi di Roma e Milano. E che lo proietterà nel mito.

5C’è chi dice no (1987)

Sarò sincero, da qui in avanti tutte le posizioni potrebbero essere intercambiabili. Il Vasco che pubblica il suo ottavo album è molto diverso da quello ancora segnato dal carcere di Cosa succede in città. Oltre all’omogeneità, qui siamo di fronte a una serie di hit senza fine, dalla splendida title track, a Brava Giulia, passando per Vivere una favola, Lunedì, Non mi va e Ridere di te. Uno degli album pop-rock italiani più riusciti di sempre. Oltre che ultima testimonianza prima della dolorosissima scissione dalla Steve Rogers Band e da Guido Elmi.

4Vado al massimo (1982)

Il primo Sanremo non si scorda mai e Vasco non passa di certo inosservato all’Ariston. L’album passa alla storia proprio per il brano presentato al festival, ma scorre via che è un piacere e vede un autore ormai pienamente cosciente di sé e della propria proposta. Niente filler, niente cali di tensione per un mix perfetto di passato e futuro personale e con uno stile mai sentito nel nostro Paese. Gran parte dell’indie italiano degli ultimi vent’anni passa anche da questo Vasco. E nessuno lo nega più.

3Colpa d’Alfredo (1980)

Un altro numero uno potenziale, seppure nel complesso di un livello appena più basso dei due successivi. Vasco non ha ancora la malizia che gli permetterà di scalare le classifiche da lì a poco: è ancora puro istinto, flusso libero di pensiero, totalmente fuori dagli schemi e politicamente scorrettissimo, oggi ancora più di allora. Qua e là rispunta il cantautore classico e insieme atipico degli esordi (Tropico del Cancro), oltre ad alcuni dei brani più amati dal suo primo pubblico, su tutti Colpa d’Alfredo, Alibi e Anima fragile. Qui stanno le basi della consacrazione a mito generazionale che verrà.

2Bollicine (1983)

A lungo e a ragione considerato all’unanimità l’apice del Vasco pensiero, Bollicine resterà sempre uno dei punti più alti della musica italiana. Ormai Vasco non è più uno sprovveduto, sa cosa dire e come dirla e, soprattutto, è all’apice della sua vena creativa. Non è un caso che tutti i cantautori italiani che avevano dominato le classifiche nel decennio precedente, in primis De Andrè e De Gregori, abbiano capito con Vita spericolata che il ragazzo venuto dalle montagne emiliane era fatto della loro stessa pasta. Secondo solo perché la classifica non prevede ex aequo.

1Siamo solo noi (1981)

«Siamo solo noi è una sassata che fece imbestialire tutti», ci disse Maurizio Biancani ai tempi della ristampa del disco e in effetti non è difficile immaginare le reazioni di benpensanti e moralisti di fronte a testi come quelli di Valium, Ieri ho sgozzato mio figlio o all’apparente nichilismo autodistruttivo del brano che dava il titolo all’album. Eppure Vasco, con meno consapevolezza e autoreferenzialità rispetto a un disco come Bollicine, per la prima volta si erge a capopopolo di quella generazione di sconvolti che già aveva conquistato con il precedente Colpa d’Alfredo e che ora vede in lui un faro cui aggrapparsi. Altri inni generazionali arriveranno in seguito, in primis Vita spericolata, ma se c’è un disco in cui Vasco passa da disperato a guida per quelli come lui è proprio questo.

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