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Taylor Swift non arretra di un centimetro

L’improvviso picco d’ascolti della vecchia ‘Wildest Dreams’ va ad arricchire i suoi nemici? Nel giro di poche ore lei ne pubblica una nuova versione, deviandone i ricavi. Che macchina da guerra

Foto press

Chiedo scusa se scrivo ancora di Taylor Swift, ma quanta determinazione e cocciutaggine ci vogliono per fare quel che fa? Dimenticate per un attimo l’aria da prima della classe che si porta appresso e che magari v’indispettisce. Mettete da parte la vostra stima o dispregio del suo repertorio. Qui si parla di come l’ex fidanzatina d’America sta portando ai massimi livelli dell’aristocrazia pop una battaglia che è assieme economica e di principio. Lo fa per sé, è ovvio. In ballo c’è una montagna di soldi che lei pensa le appartengano e se c’è un punto da segnare non è una che si tira indietro: è una macchina da guerra. In ballo c’è pure l’idea che l’artista debba esercitare il controllo sulle proprie creazioni. E trattandosi di Taylor Swift, questa cosa non può che avere una ricaduta benefica sulla percezione che il pop ha di se stesso.

Già l’idea di reincidere sei vecchi album dalla prima all’ultima canzone, e di farlo nel modo più possibile fedele alle registrazioni originali, ci dice di un’artista incredibilmente risoluta. Chi altri avrebbe voglia di fare una cosa del genere? Voglio dire, va bene ri-registrare uno o due pezzi del proprio repertorio, l’abbiamo visto. A volte vengono prodotti album antologici composti da riletture di vecchie canzoni, ci sta. Ma sei dischi? E con queste modalità, poi, convocando laddove possibile i musicisti che hanno registrato gli originali. Questa roba non l’ha mai fatta nessuno nella storia della musica popolare. Se ci pensate, sembra un’impresa tanto enorme quanto inutile: perché riscrivere il passato se non lo si vuole alterare in qualche modo? Perché questo sforzo gigantesco? Vale la pena?

Swift lo sta facendo con l’obiettivo di mettere fuori gioco i detentori di una porzione importante del suo repertorio. L’idea è venuta dopo che l’etichetta Big Machine, con cui ha firmato giovanissima un contratto discografico, ha venduto i suoi master a società di Scooter Braun che a sua volta li ha ceduti a un gruppo di private equity per 300 milioni di dollari. I master sono passati di mano per ben due volte senza che alla cantante fosse data la reale possibilità di fare un’offerta.

L’idea è quindi produrre nuove versioni invitando i fan ad ascoltare in streaming queste ultime al posto di quelle d’epoca, e intanto spingere chi si occupa di sincronizzazione delle musiche in film, serie e pubblicità a fare uso delle canzoni reincise. La faccenda ha anche un lato diciamo così emotivo che ha a che fare con la necessità da parte degli artisti di sentirsi proprietari del proprio lavoro. Non a caso, che si tratti di album o canzoni, tutte le nuove versioni hanno come sottotitolo Taylor’s Version. Come se le precedenti non fossero anch’esse versioni di Taylor. Come se il mancato possesso dei master originali non avesse solo depauperato l’artista, ma l’avesse alienata dal suo stesso lavoro. «È la mia unica possibilità di riguadagnare un senso d’orgoglio quando sento le canzoni dei miei primi sei album e di permettere ai miei fan di ascoltarli senza sentirsi in colpa perché, facendolo, stanno dando dei soldi a Scooter», ha scritto Swift un anno fa. Per dirla in termini faustiani, Taylor si sta ricomprando l’anima, una canzone alla volta.

E così nell’aprile 2021 è uscita la prima “versione di Taylor” formato album, ovvero Fearless del 2008 rifatto dalla prima all’ultima canzone, con l’aggiunta di un’ampia varietà di bonus track, uno schema che a quanto pare verrà ripetuto per i dischi successivi. In giugno la cantante ha annunciato l’uscita il 19 novembre di una Taylor’s Version persino più importante, ovvero quella dell’album Red. Poi nel corso della scorsa settimana è successa una cosa inattesa.

È una storia che ha a che fare con l’economia digitale della musica. Spiazzando chi si aspettava l’uscita di un singolo tratto da Red (Taylor’s Version), venerdì la pop star ha pubblicato Wildest Dreams (Taylor’s Version), non una canzone tratta da Red, ma dall’album 1989. Il tutto accompagnato da un tweet molto semplice: «Ciao! Siccome ho visto che Wildest Dreams è in trend su TikTok, ho pensato che dovreste avere la mia versione».

La versione originale del 2014 di Wildest Dreams si è infatti diffusa molto velocemente su TikTok come colonna sonora della prova di una nuova funzione della app chiamata #slowzoom, un hashtag che raccoglie video con oltre 300 milioni di visualizzazioni. Un fenomeno del genere finisce per influenzare gli ascolti sulle piattaforme di streaming: la gente sente pochi secondi del pezzo su TikTok e va ad ascoltarlo altrove. E difatti secondo i dati raccolti da Variety, tra mercoledì 15 e giovedì 16 settembre la vecchia Wildest Dreams totalizzava qualcosa come 750 mila ascolti al giorno.

Una tale mole di stream significa introiti per gli aventi diritto, ovvero la stessa Swift, ma anche chi possiede i master. In altre parole, i “nemici” della cantante. La pubblicazione di Wildest Dreams (Taylor’s Version) accompagnata dalla raccomandazione di usare la nuova versione è la contromossa di Swift ed esce dai piani promozionali conosciuti per segnare il punto. Nel giro di poche ore, la nuova versione ha superato i due milioni di ascolti solo su Spotify. Mentre scrivo ne ha sei milioni e mezzo.

@taylorswiftBurnin’ it down 🔥 ##wildestdreamstaylorsversion ##slowzoomeffect ##swifttok♬ original sound – Taylor Swift
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