Tanta roba: cronologia di 20 anni di hip hop italiano | Rolling Stone Italia
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Tanta roba: cronologia di 20 anni di hip hop italiano

Dal declino della scena anni ’90 alla rinascita grazie alle battle di freestyle, per arrivare alla trap e ai tour nei palasport, storia di un fenomeno che partendo dal basso si è preso il pop di casa nostra

I Club Dogo ritratti dal grande fotografo Giovanni Gastel per "Rolling Stone"

I Club Dogo ritratti dal grande fotografo Giovanni Gastel per "Rolling Stone"

L’andamento dell’hip hop italiano è sempre stato ciclico, e negli ultimi anni si è imposto definitivamente nelle classifiche italiane, dove ora è inequivocabilmente il genere più ascoltato e acquistato. Per arrivare a questo risultato, però, la strada è stata lunga e tortuosa, e non priva di scossoni, buche, a volte veri e propri abissi: per celebrare i primi vent’anni del nuovo millennio, ecco una timeline degli eventi salienti che ci hanno portato fin qui.

2000Il declino del rap anni ’90

Gli ottimi risultati ottenuti negli anni ’90 da alcuni esponenti del rap italiano (Articolo 31, Sottotono, Frankie hi-nrg, Neffa) cominciano ad appannarsi leggermente, a causa della neonata passione per il punk-rock e la dance tra i giovanissimi. Nonostante questo, continuano a uscire molti ottimi album che resteranno nella storia del rap italiano; purtroppo, però, cominciano i primi segni del declino dell’hip hop, tra cui la cessazione delle attività di diverse etichette indipendenti come Area Cronica, fondata dai Sottotono.

2001La crisi

È sempre più evidente la profonda crisi in cui versa il rap italiano, sia dal punto di vista dei numeri (che non sono più soddisfacenti) che del pubblico (che è sempre più polemico e spesso eccessivamente integralista nei confronti degli artisti). Sconfortati, alcuni suoi esponenti di spicco decidono di cambiare del tutto genere: Neffa passa definitivamente al pop-soul con il singolo La mia signorina, riscuotendo un notevole successo ma diventando una sorta di reietto. Per le stesse ragioni chiude anche l’unica rivista italiana che si occupava di cultura hip hop a 360°, AL Magazine, lasciando i suoi lettori orfani di fonti di informazioni autorevoli. I Sottotono, dopo una partecipazione a Sanremo che li vede al centro di una surreale tempesta mediatica per un presunto plagio mai dimostrato, si sciolgono.

2002Le battle di freestyle

Continuano le defezioni tra gli ex alfieri del rap italiano: stavolta è il turno degli Articolo 31, che con l’album Domani smetto passano al pop. Il numero di album hip hop italiani pubblicati si riduce drasticamente, così come quello delle jam, ovvero i tradizionali party dove il rap si suona. Chiude anche la storica trasmissione di Radio Deejay che si occupava di seguire le evoluzioni della scena, One Two One Two. Contemporaneamente, però, dal sottosuolo comincia a rinascere qualcosa: con il successo nei cinema italiani del film di Eminem, 8 Mile, si riaccendono i riflettori sulle battle di freestyle. I blog (Hotmc), i forum online (Hip Hop Hotboards) e le chatroom (#HipHopItalia su mIRC) diventano il primario mezzo di comunicazione per gli appassionati, mettendo in contatto musicisti e fan da tutta la penisola.

2003Esce “Mi Fist”

Il circuito del freestyle, pur lontano dai riflettori mainstream, è più vivo che mai. In particolare a Milano, con lo Showoff, una serata settimanale organizzata dai rapper Bassi Maestro e Rido che raduna appassionati e sfidanti da tutto il nord Italia, e a Torino, con il Tecniche Perfette, un torneo su scala nazionale che in finale vede una battaglia all’ultimo sangue tra due mc non ancora maggiorenni, Ensi e Mondo Marcio. Nello stesso anno, sempre a Milano, un gruppo nato dalle ceneri delle Sacre Scuole pubblica il suo primo album autoprodotto: sono i Club Dogo, il loro disco si intitola Mi Fist e cambierà il suono dell’hip hop italiano per sempre.

2004I numeri crescono

L’etichetta indipendente Vibrarecords, nata da uno storico negozio di dischi veronese specializzato in musica black, comincia a stampare gli album di nuovi artisti indipendenti e sconosciuti al grande pubblico, come Mondo Marcio di Mondo Marcio, Mr. Simpatia di Fabri Fibra e la ristampa ufficiale di Mi Fist dei Club Dogo. A Bologna nasce il 2theBeat, una battle di freestyle che vede alternarsi tutti i principali artisti italiani del periodo: una sorta di Champions League del rap italiano, che richiama anche 5000 spettatori a serata da tutta Italia. Apre anche una nuova rivista dedicata al rap italiano, Groove, e un programma televisivo dedicato, Rapture, in onda sulla rete All Music. I numeri del movimento ricominciano a crescere.

2005Pronti al grande salto

Mentre in tutta Italia prospera una nuova infornata di etichette indipendenti, club e serate a tema, anche le major si attrezzano per intercettare il nuovo fenomeno del rap italiano, mettendo sotto contratto le teste di serie della scena: Mondo Marcio (EMI) e Fabri Fibra (Universal), che si preparano a lasciare l’underground senza però avere certezza di quello che sarà il loro destino, sia discograficamente parlando che a livello di accoglienza da parte della loro tradizionale fan base.

2006Arrivano le major

Escono i primi album di rap italiano degli anni ’00 concepiti all’interno di una major: Solo un uomo di Mondo Marcio e Tradimento di Fabri Fibra. L’accoglienza in classifica è piuttosto favorevole, anche se siamo ben lontani dalle prime posizioni che l’hip hop occuperà stabilmente negli anni successivi. Sulla scia dei buoni risultati, altri rapper italiani vengono reclutati dalle major: i Club Dogo (da EMI) e Inoki (da Warner). Anche all’estero comincia ad essere riconosciuta la dignità del rap italiano come genere: Jay-Z tiene un concerto gratuito a Milano con il patrocinio di MTV e rappa sul beat di Applausi per Fibra, tra lo stupore dei presenti.

2007Si dibatte sui “messaggi”

Nonostante il buon successo dell’hip hop in classifica, resta uno scoglio importante per i rapper: riuscire ad approdare in radio, in tv e sui media generalisti, che ne deplorano il linguaggio scurrile e i messaggi “diseducativi”. Tra i gruppi in assoluto più vittima di incomprensioni ci sono i Club Dogo, che si trovano spesso a litigare a distanza (e non solo) con recensori, intervistatori e programmatori bigotti. Non aiuta senz’altro il fatto che, nello stesso anno della pubblicazione del loro primo disco per il mercato mainstream, partecipino anche come attori non hard alle riprese di un film porno, Mucchio Selvaggio.

2008Marra e Fibra abbattono le barriere

Marracash riesce con il suo primo album, intitolato proprio Marracash, a far capire che il rap può avere anche un valore letterario, grazie a brani altamente poetici come Bastavano le briciole o Chiedi alla polvere (quest’ultimo ispirato all’omonimo romanzo di John Fante). Anche Fabri Fibra abbatte ulteriori muri tra la musica leggera italiana e l’hip hop, collaborando con Gianna Nannini per quella che diventerà la super hit al vetriolo In Italia.

2009Il rap è mainstream

Trainato dal successo del rap mainstream, anche l’underground pullula di nuovi nomi da tenere d’occhio: alcuni appaiono abbastanza nuovi anche ai fan più attenti (Emis Killa, Coez, Gemitaiz), altri sono in giro da un po’ ma cominciano finalmente ad allargare il loro circuito (Truceklan, Co’ Sang, Clementino). Ora che la strada è finalmente aperta, le possibilità sembrano ampliarsi per tutti.

2010Il mix con elettronica e dance

Per la prima volta, si può dire che la musica elettronica e dance comincia a mescolarsi davvero anche al rap italiano, grazie a una serie di uscite discografiche che vanno in questa direzione. Alcune sono prettamente locali (Afterparty dei Videomind, supergruppo fondato dai napoletani Clementino, Paura e Tayone), altre si fanno notare su scala nazionale (Il disco nuovo/Il disco volante dei 2Fingerz), altre ancora hanno ambizioni internazionali (Tons of Friends dei Crookers). Ma è soprattutto la super hit Tranne te di Fabri Fibra a sdoganare la nuova tendenza.

2011I ragazzi d’oro investono negli emergenti

Seguendo l’esempio dei colleghi all’estero, anche i rapper italiani di maggior successo decidono di investire i proventi dei loro guadagni per produrre nuovi artisti emergenti. Ad aprire le danze sono Gué Pequeno insieme a dj Harsh, che fondano l’etichetta indipendente Tanta Roba (che lancerà le carriere soliste di Ensi, Salmo, Fedez, Gemitaiz, MadMan e Priestess) e Fabri Fibra, che fonderà insieme alla sua manager Paola Zukar la label Tempi Duri (e produrrà i dischi di Entics, Maxi B, Moreno, Clementino e Rayden). Nel frattempo un gruppo di ragazzi sardi capitanati da Salmo, che l’anno prima hanno fondato una crew di nome Machete, si mettono all’opera per trasformare il collettivo in una vera e propria factory.

2012Il rap italiano s’allarga

La platea del rap è ormai sempre più larga, il che permette agli artisti di sbizzarrirsi nelle direzioni più diverse. Emis Killa, ad esempio, con le venature pop dell’album L’erba cattiva comincia a macinare numeri da record, rimanendo in classifica per più di un anno e ottenendo 10 milioni di views in tre mesi per il video di Parole di ghiaccio, un record per l’epoca. Esattamente agli antipodi rispetto a lui, il coetaneo Rancore conquista invece il cuore della critica con i suoi testi criptici ed estremamente articolati grazie all’album Silenzio, in collaborazione con dj Myke. Nel frattempo, arriva in tv il primo talent show basato sulle battle di freestyle, condotto da Marracash: si intitola MTV Spit e riscuote un grande successo.

2013Arrivano i talent e la tv generalista

Per la prima volta nella storia della tv generalista italiana, è un rapper a vincere un talent show, Amici di Maria De Filippi. Oltretutto, non si tratta di un rapper a caso: all’epoca lontanissimo dal patinato mondo del pop, Moreno arriva direttamente dal circuito underground del Tecniche Perfette, in cui nel 2012 precedente si era laureato campione italiano di freestyle. Nello stesso anno, approda in Italia la rivoluzione dello streaming con il lancio ufficiale di Spotify, che cambierà per sempre la faccia delle classifiche italiane.

2014Si va verso il rap melodico

Un’altra vittoria storica per il rap italiano è quella di Rocco Hunt, che sbaraglia la concorrenza e si aggiudica l’ambita palma di Sanremo Giovani con Nu juorno buono, un’impresa che non era ancora riuscita a nessuno dei suoi colleghi. Anche se il brano è molto melodico, anche Rocco viene da un percorso tutt’altro che pop e mainstream: si è fatto le ossa nel circuito underground e delle battle di freestyle fin da giovanissimo. Parallelamente, tra il 2013 e il 2015 una serie di artisti cominciano a sperimentare una tipologia di rap più melodica, che potrebbe essere avvicinata a quella del cantautorato indie: su tutti, Coez (con Non erano fiori), Ghemon (con OrchiDEE), Raige (con Buongiorno L.A.) e Dargen D’Amico (con D’io).

2015È tempo di trap

Per la prima volta nella storia, la leggendaria etichetta Def Jam dà il suo benestare a pubblicare un album di rap italiano sotto il suo marchio: è Vero di Gué Pequeno. Il rap italiano è diventato un argomento di tale interesse che un documentario indipendente che parla della scena hip hop anni ’90, Numero Zero del regista Enrico Bisi, viene proiettato oltre 40 volte tra rassegne e festival e finirà per approdare perfino in dvd e su Netflix (a differenza del primo film di fiction sul rap italiano, Zeta di Cosimo Alemà, che uscirà l’anno successivo e sarà un mezzo flop). Ma il vero primato dell’anno spetta a Egreen, che lancia un crowdfunding per finanziare il suo album autoprodotto e ottiene ben 69.000 euro dai suoi fan, traguardo ancora imbattuto in Italia. Nel frattempo, sta emergendo una nuova generazione cultrice di un sound proveniente dall’America e dalla Francia: la trap. Tra di loro spiccano Sfera Ebbasta e Charlie Charles, il cui primo album autoprodotto, XDVR, attira subito l’attenzione dell’etichetta Roccia Music di Marracash e Shablo.

2016Sfera primo in classifica

Ghali, che già si era fatto conoscere con alcune produzioni underground e con il gruppo Troupe D’Elite, pubblica il primo singolo ufficiale Ninna nanna (anch’esso prodotto da Charlie Charles), battendo il record per il maggior numero di streaming su Spotify nelle prime 24 ore. Nel frattempo Sfera Ebbasta, che ha firmato per Universal Music, pubblica il suo primo album omonimo e debutta immediatamente nella top 10 di cinque Paesi europei, oltre che alla posizione n° 1 di quella italiana. Ma nell’underground il 2016 sarà ricordato soprattutto per un grande lutto: nella notte di capodanno il rapper Primo Brown, cuore e anima dei Cor Veleno, si spegnerà a soli 39 anni dopo una lunga malattia, lasciando un vuoto incolmabile nel cuore dei fan.

2017La nuova canzone d’autore

Mentre da un lato la trap imperversa in classifica e nell’immaginario collettivo grazie a nomi come Sfera Ebbasta, Charlie Charles, Ghali, Izi, Tedua, Ernia, Rkomi, Dark Polo Gang e tanti altri, si sviluppa anche un filone sempre più consistente che integra la partecipazione di musicisti, melodie e collaborazioni con cantautori: a tenere alta questa bandiera sono artisti del calibro di Ghemon, Willie Peyote, Frah Quintale, Carl Brave, Franco126. In questo senso il successo maggiore è soprattutto quello di Coez, che con il suo album Faccio un casino ottiene ben tre dischi di platino, più altri otto per il solo singolo La musica non c’è.

2018Non c’è più differenza fra rap e pop

Rockstar, il secondo album di Sfera Ebbasta, sbaraglia praticamente qualsiasi record: 24 milioni di streaming nelle prime 24 ore, 11 tracce su 11 in testa alla classifica di Spotify, album italiano più venduto dell’anno, cinque dischi di platino per l’album più altri 18 per i singoli. Ormai l’hip hop la fa da padrone, e la classifica di fine anno parla chiaro: tra i primi 100 album più venduti in Italia nel 2018, più di un terzo sono dischi rap. Anche il concerto del Primo Maggio riflette in pieno questa tendenza nel suo cast. Nasce anche la prima radio urban italiana, TRX Radio, grazie alla sinergia tra sei artisti (Fabri Fibra, Marracash, Gué Pequeno, Clementino, Salmo ed Ensi) e la manager Paola Zukar. Purtroppo per la scena è anche un anno funestato da un’enorme tragedia: sei persone, tra cui cinque giovanissimi, perdono la vita nella calca provocata da uno spray urticante, in attesa di un dj set di Sfera Ebbasta in una discoteca di Corinaldo.

2019I tour nei palasport

Per la prima volta nella storia del Festival di Sanremo, a vincere è una canzone co-firmata da un producer hip hop, e scritta e cantata da un artista che si ispira al contemporary R&B: si tratta di Soldi di Mahmood, prodotta da Charlie Charles e Dardust. Charlie diventerà così la prima vera superstar tra i produttori di nuova generazione, richiestissimo anche dal pop mainstream. Sempre a Sanremo, è una canzone scritta in parte da un rapper ad aggiudicarsi il premio Sergio Bardotti per il miglior testo, il premio della critica Mia Martini e quello della sala stampa: si tratta di Argentovivo di Daniele Silvestri e Rancore (l’anno successivo Rancore vincerà di nuovo il premio Bardotti in solitaria, con la sua Eden). Reduci dai loro trionfi discografici, molti artisti organizzano tour nei palazzetti per la prima volta, e spesso riescono addirittura a fare sold-out. Salmo, da sempre il re dei live hip hop, supera giustamente tutti e annuncia un tour mondiale e un concerto allo stadio di San Siro nel 2020. 

2020Il rap domina la scena

La musica è costretta a fermarsi a causa della pandemia da Covid19, ma i trend discografici sembrano rimanere immutati: basta guardare l’exploit di Sfera Ebbasta, che con il suo terzo album solista Famoso ottiene il disco d’oro in 24 ore e quello di platino in una settimana, numeri inauditi fino ad ora. Il rap domina le charts: la n°1 della classifica Fimi è stata occupata da un disco rap italiano per 33 settimane su 52. Il cast di Sanremo annunciato per il 2021 si conferma sempre più aperto al genere, con 8 big su 26 provenienti dalla scena hip hop e R&B italiana. Nulla sarà più come prima, probabilmente.