I miei genitori passano le giornate su Facebook a scrollare la timeline. Essendo quel social network il regno delle persone che condividono ogni cosa che capita a tiro, dalle frasi dei santi ai rimedi della nonna per il Covid, capita spesso che anche loro finiscano a soffermarsi su contenuti senza senso, semplici fake news o, come capita frequentemente, su contenuti generati con l’intelligenza artificiale.
I miei, fortunatamente, sono abbastanza capaci di capire se una notizia arriva da un quotidiano reale o da roba tipo il Fatto QuotiDAINO, e nei casi in cui si trovino in dubbio gli ho insegnato a fare un fact checking su Google. Salvatore Aranzulla, trema.
E per una persona di 80 anni è sicuramente più semplice verificare una notizia che, per tutti quelli considerati giovani, barcamenarsi nel mondo dell’AI che sta invadendo cinema, tv e musica. Per quanto riguarda quest’ultima, la situazione è particolarmente greve: una recente ricerca di Deezer dice che ogni giorno escono 30 mila canzoni fatte con l’IA, il 28% del totale di quelle caricate quotidianamente sulla piattaforma, con il numero che è triplicato nel giro di pochi mesi.
Ma l’asticella del discorso si sposta ogni giorno un po’ di più: l’ultimo caso di cui discutere è quello di Xania Monet, cantante R&B che si sta facendo notare oltreoceano. Più che per la musica, per il fatto che non esiste.
E se Xania non è sicuramente il primo caso di cantante AI, qui ci sono però alcune caratteristiche nuove. Partiamo dalla persona in carne ed ossa che ci sarebbe dietro a Xania Monet: in questo caso un’artista, tale Telisha Jones. Poetessa, scrive lei i testi che grazie ad AI e alla app Suno (che crea la musica ed che è stata già citata in giudizio da alcune etichette) diventano le canzoni della nostra Xania. Perché non le canta la poetessa, direte voi? «Perché non è un fenomeno vocale», dice il suo manager. Non è neanche obbligatorio cantare, risponderemmo noi. Ma andiamo avanti.
Xania avrebbe ricevuto molte offerte dalle etichette discografiche, firmando un contratto milionario con Hallwood Media, la società di intrattenimento guidata dall’ex dirigente di Interscope Neil Jacobson, che l’ha aggiunta al suo roster.
E qui cambia tutto. Perché ora Xania compete con le colleghe in carne ed ossa, che giustamente si stanno incazzando da morire. Tra tutte la cantautrice Kehlani che nelle stories, qualche giorno fa, ha dichiarato: «C’è un’artista R&B creata con l’intelligenza artificiale che ha firmato un contratto multimilionario… Questa situazione è completamente fuori dal nostro controllo. Niente e nessuno sulla Terra potrà mai giustificare l’intelligenza artificiale per me».
Anche SZA ha detto la sua: «Odio l’intelligenza artificiale», ha scritto nelle sue storie su Instagram. «PER FAVORE non create immagini o canzoni con l’intelligenza artificiale».
New Music Beef! Singer Kehlani responds to reports of A.I R&B artist Xania Monet signing a multi-million-dollar record deal: ‘People work hard for this I don’t respect it’ pic.twitter.com/6Y67RdVQbm
— Rain Drops Media (@Raindropsmedia1) September 19, 2025
La morte dell’arte? Qui si potrebbe aprire un grande dibattito. Perché se come tanti dicono, «l’AI è solo uno strumento», con Xania lo strumento è in mano a un’artista che lo utilizza per farne qualcos’altro. Ok. Ma qual è il confine tra opera generata dalla mente umana e AI? Senza entrare in tutta la questione copyright: perché se creator come Jones possono garantire la protezione della proprietà intellettuale sui testi e sulla musica che scrivono, la stessa protezione dipende dalla misura in cui l’intelligenza artificiale viene utilizzata nel processo. Un bel casino.
Soffermandoci però sul caso singolo, la cosa per cui Xania sta facendo discutere sono anche la progettualità e il racconto legati al suo personaggio. Il suo manager, Romel Murphy ha dichiarato a Billboard che la poetessa 31enne di Olive Branch, Mississippi «proviene da umili origini e scrive poesie da molto tempo», sottolineando che il 90% dei suoi testi sono storie vere, mentre il restante 10% è ispirato alle storie dei suoi amici e della sua comunità», per poi aggiungere: «Ciò che rende le canzoni accattivanti non è un ritornello, non un bridge o una melodia orecchiabile: sono i testi, e sono puri». Ascolta Toxic che ne riparliamo, Romel.
Ma non è finita: «Sebbene Jones sia cresciuta cantando in chiesa, non è la “bestia vocale” che è Xania», dice Murphy. E quindi ha utilizzato una combinazione di Suno e di elementi live per creare il suo album, rivendicandone la piena proprietà intellettuale sulla scrittura e sulla produzione, dice, e ha in programma anche di lavorare con altri «produttori umani» per il suo prossimo progetto.
Murphy dice di aver ricevuto offerte di contratti editoriali e di essere anche nel bel mezzo della pianificazione della prima esibizione dal vivo di Xania. Sarà una roba tipo quella degli ABBA? Lo scopriremo presto. Intanto girano voci che rendono tutta la faccenda sempre più divertente, come quella che vorrebbe che durante una call su Zoom con l’etichetta discografica, Xania o chi per lei non abbia attivato la call «spiegando di non essere “pronta per la videocamera”».
«Questa è vera musica, è vero R&B», dice Murphy. «C’è un’artista dietro»·
Noi il vero R&B di Xania l’abbiamo sentito: ballad 90s, un po’, passateci il termine, Jennifer Hudson material, ma senza avere Jennifer Hudson che le canta. Niente che stravolgerà le vostre vite, ma che potrebbe magari stravolgere quelle delle persone che stanno su Facebook a scrollare in cerca di emozioni, tornando all’inizio. «Chi ascolta questa roba?», scrive un utente su TikTok. «Le Facebook aunties», risponde un altro.
Anche perché è molto difficile che le persone più giovani, ora che è tutto basato sull’autenticità, possano affezionarsi a un prodotto del genere. Se ci pensate è un po’ come i video emozionali realizzati con l’AI, tipo quelli dei cani che dormono insieme sul letto a formare un cuore. Li guardiamo tutti, ma non tutti ci prendiamo la briga di emozionarci o di mostrarlo alla persona più vicina al grido di «guarda anche tu come sono teneri». Resta il fatto che questi contenuti macinano milioni e milioni di visualizzazioni.
Xania per ora mi fa quest’effetto: sapendo che è AI, la sua voce non mi crea nessuna emozione né voglia di approfondire. Anzi, guardando visual e videoclip penso sempre più che si tratti di materiale lacrimale di facile condivisione, come il video o il testo della canzone We Only Link at Funerals, letteralmente «Ci vediamo solo ai funerali». Che è la classica frase che diceva mio nonno, appunto.
O il brano Your Time Is Coming, che potrebbe essere tranquillamente l’inno delle divorziate che riprendono in mano la loro vita. Una “forte, tosta, indipendente” ma senza cassa in quattro:
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Piaccia o no, quello di Xania Monet resta comunque un caso che farà discutere. Anche perché questi brani stanno entrando nelle classifiche americane: How Was I Supposed to Know ha raggiunto il numero 1 nella classifica R&B Digital Song Sales, il numero 3 nella classifica R&B/Hip-Hop Digital Song Sales e il numero 22 nella classifica Digital Song Sales. Il suo catalogo ha totalizzato 9,8 milioni di streaming ufficiali on-demand solo negli USA.
Tutto ciò avviene in un periodo pieno di controversie legate all’utilizzo dell’intelligenza artificiale nell’industria musicale, con un recente studio che lancia un avvertimento: «Le persone che lavorano nel settore musicale rischiano di perdere un quarto del loro reddito a causa dell’intelligenza artificiale nei prossimi quattro anni». Ci vediamo solo ai funerali. Dell’arte.









