«Uno dei musicisti più influenti del Novecento»: Tony Iommi racconta Brian May | Rolling Stone Italia
Il mio amico Brian

«Uno dei musicisti più influenti del Novecento»: Tony Iommi racconta Brian May

Nella prefazione del libro ‘Brian May - Just One Life’, il chitarrista dei Black Sabbath racconta collaborazioni e amicizia col guitar hero dei Queen. «Anche Eddie Van Halen lo venerava»

«Uno dei musicisti più influenti del Novecento»: Tony Iommi racconta Brian May

Brian May e Tony Iommi

Foto: Scott Heavey/Getty Images (1), Frazer Harrison/Getty Images (2)

Forse sarà l’età, ma fatico davvero a ricordare la prima volta in cui incontrai Brian. Ricordo che la prima occasione di collaborare ci venne data da Rock Aid Armenia, il progetto messo in piedi insieme a Ian Gillan per dare supporto al popolo armeno colpito da un terribile terremoto nel 1988. Suonammo Smoke on the Water e Brian e Roger si spesero insieme a tanti altri per quella causa.

Brian non è mai stato uno dei tanti. Quando qualcuno ha un dono, lo percepisci solo guardandolo. Quando registrammo Headless Cross, lui se andava in giro per gli studi come un ragazzino qualsiasi in cerca di un tesoro. Ma il tesoro lo trovarono i Black Sabbath con il suo assolo di When Death Calls. Quando penso a questo settore, non è facile fare la conta degli amici. Al di là di tutti quelli passati nei Black Sabbath, i primi nomi a venirmi in mente sono subito quello del caro Eddie Van Halen e di Brian, due gentleman, due anime grandi. Andate a riscoprire quella gemma chiamata Star Fleet Project.

Ho sempre amato la musica dei Queen, soprattutto per la loro capacità di cambiare così tanti generi e stili, pur rimanendo sempre fortemente legati al loro sound. Qualcosa davvero difficile da immaginare per me, e che solo quattro musicisti con estrazioni musicali così differenti potevano avere. E poi c’era la sua chitarra, con quel suono mai sentito prima e quella capacità di creare assoli sublimi ed essenziali. Mai una nota di troppo o uno sfoggio di stile gratuito. E dire che, all’inizio degli anni Settanta, in pochi avevano la sua perizia con lo strumento. Per questo Eddie lo venerava.

Ricordo poi con affetto la mia partecipazione al Freddie Mercury Tribute Concert, una delle serate più emozionanti della mia vita. In pratica, io e la band non eravamo riusciti a provare niente prima dello show. Brian mi chiese di suonare Heaven and Hell, voleva assolutamente che la eseguissi, ma poi per problemi di tempo mi limitai al riff iniziale.

È difficile spiegare cosa rappresenti per me Brian. Un signore, uno dei musicisti più influenti del Novecento, ma prima di tutto il mio migliore amico.

Tratto da Brian May – Just One Life di Luca Garrò, Tsunami Edizioni

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