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Una voce per San Marino è l’incredibile Sanremino dei trombati

Il Sanremo di Amadeus è diventato troppo indie? Cerchi una scorciatoia per Torino? C'è il festivalino del Titano, un mix di provincia e voglia d'Europa, Antennatre e saggio di fine anno

Foto dall'account Twitter dell'Eurovision Song Contest

Sarà forse per la vergogna che Achille Lauro non ha pubblicato alcun post su Instagram, né prima, né dopo la vittoria. Manco mezza storia, i suoi tondini erano tutti sull’evento nel metaverso featuring Gucci. E anche Una voce per San Marino è stato metaverso. Per la prima volta la Repubblica di cui Sting è ambasciatore di buona volontà ha organizzato un concorso in diretta tv per decidere chi mandare all’Eurovision Song Contest. Ci andrà quindi Lauro che s’è presentato cantando l’inedita Stripper, una canzone delle sue, una delle tante. Lo davano per scontato. Che figuraccia avrebbe fatto Lauro a perdere con l’Elodie del Lidl, col Valerio Scanu mistico, con la radice quadrata di Giorgia che canta “tiramisu su su”.

A metà strada fra provincia profonda e voglia d’Europa, un po’ Antennatre e un po’ saggio di fine anno della scuola, Una voce per San Marino è stato un Sanremino, un girone degli ultimi, un playout con in palio non la possibilità di restare in Serie A, ma di passare direttamente dalla Serie B alla Champions League, un’idea folle che ha sedotto Lauro, Scanu e altri cantanti italiani del giro festival & talent, per lo più mal messi. Presentano Senhit, che per tre volte ha rappresentato il Titano all’Eurovision, e Jonathan Kashanian, che continua a dire festivàl, con l’accento sulla a. Sanremo è sempre lì, evocato, scimmiottato male, persino sbeffeggiato, ma comunque modello irraggiungibile.

Come in un vecchio festival, quello ligure, in cui il sindaco sale sul palco per pubblicizzare la bella riviera, Una voce per San Marino è anche spottone per la Repubblica che vuole rifarsi l’immagine, essendo peraltro organizzato in collaborazione con la Segreteria al Turismo. Ecco quindi il Segretario di Stato Federico Pedini Amati, titolo pomposo, ma la Repubblica è piccola e Wikipedia informa che fa l’agente assicuratore. Nel giro dei primi 10 minuti si apprende che il Titano è un posto «con un grande animo», è un luogo «generoso». In platea nelle prime file non ci sono i dirigenti Rai come all’Ariston, ma la giuria presieduta da Mogol che la regia neanche riesce a inquadrare correttamente e che deciderà con la supervisione d’un notaio chi fra i 18 artisti in gara (nove big e nove emergenti, non c’è Blind, fuori per motivi di salute) andrà a Torino. Qualche fila dietro a Mogol c’è Peppe Vessicchio, uomo-totem del vero Sanremo, qui quasi leggenda. La mascherina cela il volto, pare sorrida ma chissà che pensa, forse gli stanno tutti sulle palle. Nani sulle palle dei giganti.

È molto anni ’80, una versione scrausa di tutto: la scenografia, le canzoni, i siparietti. Verso la fine Spagna sale sul palco con una sosia. Pare sia uno scherzo simpa delle Iene, ma si capisce che è metafora di questo Sanremino che vorrebbe essere sosia di Sanremo. Cerca d’esserlo persino nel breve pippone sul coraggio d’essere liberi che Senhit infligge prima di cantare un medley degli Abba. C’è del progressismo. Sanremino vuole superare a sinistra Sanremone e allora Jonathan dice che il bianco della bandiera della Repubblica simboleggia la libertà, che è parola migliore di “fluido” che viene tanto usata per indicare i giovani e che al presentatore ricorda invece le creme per il viso.

Come in un film sul Vietnam, nessuno viene lasciato indietro. Chi non vince può contare su un premio dalla critica: il brano più radiofonico, la menzione speciale, la canzone migliore, una targa per Spagna che non puoi mandare a casa a mani vuote. Al posto del jingle “Perché Sanremo è Sanremo” c’è il tormentone (piccolo, un tormentino) “You are my adrenalina”, dalla canzone che Senhit ha portato a Eurovision 2021, arrivando 22esima su 26. I parenti dei defunti si lamentano con Amadeus perché l’estinto geniale non viene ricordato al festival? San Marino ripara con un omaggio a Raoul Casadei, in fondo stanno a 40 chilometri da Cesenatico. L’Ariston è proprio ossessione e Senhit fa la battutona sulla sarda che ha fatto «lo sketch» sulla Liguria. Era uno sketch sullo spot, diventa spot sullo sketch.

Le basi musicali fanno tanto Sanremo vintage, gli anni in cui nessuno guardava il festival. Non è dato sapere quanti l’hanno visto su San Marino RTV, di certo su Twitter è andato forte, lo spiega pure Senhit, «siamo secondi in tendenza», si spera in Italia e non nella sola San Marino, grandi applausi in sala. Terzo arriva Aaron Sibley, che aveva già tentato di accedere all’Eurovision per la Moldavia. Ci s’immagina massicce migrazioni di cantanti da un Paese all’altro pur di arrivare in qualche modo a Torino, un mondo di pop mediocre senza confini, il sogno di Imagine diventato incubo. Secondo arriva Burak Yeter, dj turco che porta una specie di One More Time. Appare in tutina e scarpe coi tacchi anche un Sam Brinton tedesco e senza master al MIT che si chiama Basti. Fanno sapere che «è stato incoronato da Conchita Wurst», roba seria, internazionale, che spettacolo, che capitali.

San Marino TV informa che il Titano è tra i 17 Paesi più avanti negli adempimenti della Convenzione di Varsavia sulla lotta al riciclaggio. Sul riciclaggio di cantanti che in Italia nessuno vuole più sentire c’è ancora molto da fare. In gara ci sono Elena e Francesco Faggi, lei viene da Italia’s Got Talent, era a Sanremo Giovani 2021. I due salgono sul palco del Teatro Nuovo di Dogana vestiti da turisti in gita, oggi qui e domani chissà, se c’è bel tempo magari in motonave sulla costa. Ci sono Matteo Faustini, fra le nuove proposte di Sanremo 2020; Mate, team Cocciante in The Voice of Italy; Francesco Monte, «un successo incredibile» nella musica (11 mila ascoltatori mensili su Spotify), un Weeknd, sì, ma in mezza pensione bevande escluse. Si rivede persino Alberto Fortis, che accompagna i Deshedus con Tony Cicco. E c’è Valerio Scanu, annunciato come «la voce italiana più bella del mondo» (mitomania, vedi sotto). Gareggia con una canzone sulle fede che farebbe bestemmiare Ratzinger. È proprio riciclaggio, possibile che l’Agenzia di informazione finanziaria non dica nulla, non faccia nulla?

Sospetto che San Marino RTV non abbia mai avuto un’audience simile, sull’onda di Sanremo un sacco di gente ha scoperto che pigiando i tasti 8, 3 e 1 del telecomando s’accede a questo canale televisivo, a questo metaverso dove anche gli spot sono local: il casinò dove si gioca con stile, la Titancoop dove la convenienza è sempre a portata di mano, è agenzia del turismo ed economia locale che gira. Parte del successo lo si deve alla partecipazione  di Lauro, merita la cittadinanza o almeno la tessera punti Titancoop.

Sul palco ci sono anche i big, chiamiamoli così: sono i soliti noti a Sanremo, qui giganti da trattare con i guanti, ai limiti della mitomania. Come Spagna, «pronta a riprendersi lo scettro di regina della musica dance», nientemeno. O il superospite Al Bano, annunciato con poco anticipo, tipo Jovanotti a Sanremo. Tremendo. Canta fra le altre cose un mash-up tra I cigni di Balaka e Will You Be There dopo aver raccontato la storia del presunto plagio di Michael Jackson ai suoi danni. Omette ovviamente i fatti fondamentali, lascia intendere d’avere ricevuto chissà quale risarcimento, la realtà è molto diversa. Al suo fianco Jonathan Kashanian assume l’aria di chi sta per fare un’affermazione scomoda. E però la deve assolutamente fare, siamo a San Remino, il bianco della bandiera significa libertà: «Posso dirlo? Quest’uomo è un gran professionista».

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