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Tutti parlano di ‘For Those I Love’, un disco sulla morte, un monumento all’amicizia

Su una base di bedroom electronica, David Balfe ricorda con rabbia e commozione un amico che si è tolto la vita. È una geografia emotiva dettagliata e feroce in cui è bello perdersi

Foto: Faolán Carey

Non tutti hanno la forza e la sensibilità necessarie per erigere un monumento. I monumenti non solo rappresentano e raccontano una storia, una persona, un momento storico, ma prendono questo racconto e lo fissano con proiezione eterna nel tempo e nello spazio, facendo convergere passato-presente-futuro in un unico punto nella storia. Per questo l’atto stesso di provare ad erigere monumenti è – di per sé – eroico e intimo, soprattutto se questo statuario ricordo è una narrazione che arriva direttamente dalla tua vita.

Non so se vi è mai capitato di ritrovarvi al funerale o alla veglia funebre di una persona che conoscevate poco o, ancor più complicato, di un completo estraneo. Magari avete accompagnato un amico o un partner che aveva bisogno di supporto e sostegno e vi siete ritrovati dentro questo cerimoniale intenso in cui avete sentito una certa difficoltà a relazionarvi. La morte, nella cultura occidentale, è qualcosa da cui rifuggiamo, e la morte altrui, quella delle persone non care a noi, è qualcosa a cui continuamente cerchiamo di non pensare. E cosa succede quando ci troviamo di fronte a un disco come l’album d’esordio omonimo di For Those I Love, il progetto solista di David Balfe, un epitaffio in nove tracce sulla perdita di un amico?

For Those I Love è un monumento dedicato alla memoria di Paul Curran, spoken word artist, scrittore, musicista e amico fraterno di David, nonché compagno nell’ambizioso collettivo Burnt Out. Curran si è tolto la vita tre anni fa, nel febbraio 2018, sconvolgendo per sempre la vita del suo amico e delle persone a lui care, come dimostra un altro disco a lui dedicato, When I Have Fears (il titolo recupera una delle opere preferite di Curran, When I Have Fears del poeta inglese John Keats) dei Murder Capital. For Those I Love, più che un progetto di bedroom electronica, è un tangibile lavoro di sofferenza, rabbia, ricordo, una veglia a cui partecipiamo con il groppo in gola.

For Those I Love si appoggia su una costruzione musicale che recupera dalla post dubstep di Burial e dai ritmi spezzati di Four Tet, dall’uso dei loop ossessivo di The Field alla lo-fi house di DJ Seinfeld. È dance, è denso. Sopra questi nove beat, a quanto pare scelti tra centinaia di produzioni lavorate in questi tre anni (“producendo 5 tracce al giorno per due estati / merito di farcela tra questi traumi / queste canzoni sono qui per rendere onore”), Balfe porta in scena la sua vita, il suo immaginario, la sua città, accompagnandoci – attraverso diversi momenti e diversi avvenimenti – nei sobborghi di una Dublino cruda e svuotata dopo la dipartita di una persona così cara. For Those I Love è un disco stracolmo di sentimento, quanto di aneddoti personali, un dialogo continuo tra David e Paul che supera i confini e i limiti della vita e della morte (“vorrei solo mandarti una foto e dirti che questo assomiglia a quel video dei Mount Kimbie che vedevamo sempre)”. Non solo un monumento a una persona, ma all’idea immortale di amicizia.

Non si può che immaginare questo lavoro in bianco e nero, con la voce scura di Balfe che cammina incessante tra le produzioni elettroniche e i vari messaggi audio recuperati dal suo telefono per costruire un ulteriore livello di intimità al disco. Una nostalgia di qualcosa che è scomparso, come il ricordo di un’adolescenza collettiva in cui noi ascoltatori siamo continuamente catapultati come dentro una geografia emotiva feroce. La metrica e la testualità di Balfe, tra rap e spoken word, ricorda Mike Skinner aka The Streets, citato nel rant di Top Scheme (“e il domani non è mai oggi ed è questo che provo fin dai tempi di Turn The Page“, un brano dal disco d’esordio di The Streets), mentre la voce, con quell’accento sporco irlandese, e quella pecularie capacità narrativa si avvicinano ad Aidan Moffat degli scozzessi Arab Strap, pionieri di questo modo di raccontare su beat elettronici con derive post rock. Ma forse il disco che più si avvicina a For Those I Love è Time Spent Away from You, il monumento per un amore finito con cui DJ Seinfeld lanciò la sua carriera come punta di diamante della lo-fi house.

Il lavoro di scrittore dell’amico Curran è citato all’interno stesso del disco in un passaggio della toccante You Live / No One Like You (“tu vivi negli scritti di Keats e in Disorder dei Joy Division sempre in repeat”), che recupera e rivisita in un amorevole gesto d’amicizia uno scritto dello stesso Curran (“leggendo Quando ho paura di poter finire di Keats o mettendo Disorder dei Joy Division in repeat per la cinquantesima volta, ho capito che c’era una motivo, un cambiamento radicale”). Ma probabilmente, fossimo una persona della compagnia di Balfe, e Curran, potremmo scovare una marea di riferimenti nascosti, non palesati come alcuni degli aneddoti personali raccontati e condivisi per tutto il lavoro (“nel 2016 abbiamo rubato un divano da un ufficio delle poste abbandonato […] e l’abbiamo lasciato in un prato per bruciarlo il giorno dopo in nome dell’arte”).

Come un fantasma, ripetuto più volte in brani differenti, un verso infesta le pagine di questo lavoro (“I have a love and it never fades”, ho un amore che non sparirà mai), raccogliendo in sé il significato di questo disco: un monumento per una persona che non lascerà mai il cuore dell’artista. Perché, come lo stesso Blafe ha scritto sul suo profilo Instagram per raccontare la faticosa e sanguinosa genesi di questo lavoro, “Paul, per me tu sei senza fine”. E questo disco sembra davvero urlarlo.

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