Rolling Stone Italia

Tutte le volte che i Pink Floyd hanno riletto ‘The Dark Side of the Moon’

Le versioni dal vivo, le rimasterizzazioni, i remix, la rilettura solista di Roger Waters: più si va in profondità, più ci si accorge di quanto il concept del 1973 sia ricco. In tutti i sensi

Foto press

Se sei uno dei Pink Floyd e hai realizzato un album dal successo di The Dark Side of The Moon stai sicuro che questo ti rimarrà addosso come un marchio indelebile. I fan lo esigeranno sempre e comunque. A volte potrai proporne degli spezzoni, ma tutti si aspetteranno l’intera messa in scena, una suite che movimento dopo movimento andrà eseguita con l’ausilio degli effetti speciali del caso. È anche la ristampa su cui puntare nel caso di anniversari, cercando di far sì che chi l’ha già comprata la ricompri e la ricompri ancora. Prova ne sono l’ennesimo cofanetto in uscita il 24 marzo, la prossima rivisitazione a cura di Roger Waters e le varie esecuzioni live da parte della band e dei solisti.

Dopo averlo portato dal vivo per un bel pezzo in versione in progress i Pink Floyd attendono un anno dalla pubblicazione per rimettersi in tour e presentare la loro opera capitale in maniera definitiva. Non è facile riproporre un lavoro del genere, specie considerati i mezzi tecnici dell’epoca, ma la band vince la sfida suonando una versione rispettosa ma meno levigata, più ruspante, con Any Color You Like che si trasforma in una jam di otto minuti e Money con la sezione centrale allungata. Un Dark Side più rock che non disturba.

Pulse, album dal vivo del 1995 che documenta il tour per The Division Bell, contiene la completa esecuzione del concept da parte di David Gilmour, Richard Wright e Nick Mason accompagnati da una pletora di session man. La resa è più tecnica, meno di cuore rispetto a quella dei Floyd con Waters, forse anche troppo impeccabile nel suo riproporre pedissequamente ogni parte eseguita da musicisti bravissimi che però non comunicano la giusta dose di pathos. Anche i tre membri sembrano un po’ “seduti”. È ben fatto, ma un po’ freddo.

In occasione del trentennale la band si affida a James Guthrie per pubblicare l’album in formato Hybrid Super Audio CD con audio Surround 5.1. Il fonico non si limita a rimasterizzare l’album, ma mette mano al mix originario di Alan Parsons per tirare fuori suoni “inediti”. L’operazione funziona e lo si nota in particolare in On the Run, The Great Gig in the Sky ed Eclipse, ovvero come ascoltare lo stesso disco e trovarlo allo stesso tempo uguale e diverso. La sensazione è che Dark Side sia una specie di pozzo sonoro: più si va in profondità, più ci si accorge di quanto sia ricco. Anche la copertina viene ripensata: forse era meglio lasciare stare.

Tra il 2006 e il 2008 anche Waters decide che è arrivato il momento di portare dal vivo un album, che da molti punti di vista, gli appartiene. Ne offre una versione che tra luci e ombre nulla aggiunge o toglie all’originale. Anche lui si contorna di ottimi session man dando lo stesso effetto dei Pink Floyd di Gilmour, tanta precisione, ma un po’ di fuoco che manca. Waters però è sempre il solito leone, basta ascoltarlo martoriare le corde del basso o dare tutto se stesso nelle intense parti vocali per capire da dove nasce il cuore pulsante di The Dark Side of the Moon.

Per il quarantennale la EMI fa le cose in grande tirando fuori un Immersion Box Set con dentro tutto quanto un fan avrebbe potuto sognare. A parte un nuovo remaster che nulla aggiunge a quello realizzato da Guthrie, la chicca del box è un mix provvisorio della versione non definitiva del 1972. Ancora grezzo ma con diversi punti di interesse, vedi l’assenza di Speak to Me, The Great Gig in the Sky con le voci degli astronauti dell’Apollo 17, The Travel Sequence al posto di On The Run e varie altre piccole e grandi differenze.

Iscriviti