Thom Yorke scrive di Gaza: il testo integrale della lettera ai contestatori e a tutti noi | Rolling Stone Italia
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Thom Yorke scrive di Gaza: il testo integrale della lettera ai contestatori e a tutti noi

«Netanyahu e la sua cricca devono essere fermati. Hamas si nasconde cinicamente dietro la sofferenza di un popolo. La caccia alle streghe sui social aiuta gli estremisti. Recuperiamo umanità e dignità»

Thom Yorke scrive di Gaza: il testo integrale della lettera ai contestatori e a tutti noi

Thom Yorke

Foto: Greg Williams

Dopo essere stato contestato durante un concerto per non aver preso una posizione chiara su Gaza e dopo essere stato più volte criticato per aver deciso di suonare coi Radiohead in Israele nonostante gli appelli al boicottaggio, Thom Yorke affronta per la prima volta in modo sistematico il tema. Lo fa in un lungo testo su Instagram che riportiamo qui integralmente.

L’anno scorso qualcuno mi ha gridato contro nel buio mentre stavo per prendere la chitarra e cantare l’ultimo pezzo da solo davanti a 9000 persone a Melbourne. Non era il momento migliore per discutere della catastrofe umanitaria in corso a Gaza. Mi ha scioccato il fatto che il mio supposto silenzio sia stato interpretato come complicità e ho faticato a trovare un modo adeguato per rispondere e continuare col resto del tour. Quel silenzio, che era il tentativo di mostrare rispetto per chi sta soffrendo e per chi è morto, e non banalizzare tutto con poche parole, ha spinto alcuni gruppi opportunisti di usare l’intimidazione e la diffamazione per riempirlo. Mi rammarico di aver concesso loro questa possibilità. Ha avuto un impatto pesante sulla mia salute mentale.

Mi auguro che per chiunque abbia ascoltato anche solo una nota dei dischi della mia band o qualsiasi altra musica che ho creato negli anni, o guardato le opere grafiche o letto i testi sia ovvio che mai potrei supportare qualunque forma di estremismo o disumanizzazione degli altri. In una vita di lavoro svolto insieme ad altri musicisti e artisti vedo anzi lo sforzo per contrastare tutto ciò cercando di creare opere che vadano contro il controllo, le costruzioni, le minacce, le sofferenze, le intimidazioni e incoraggiare invece il pensiero critico capace di andare oltre i confini, la comunanza dell’amore, dell’esperienza e della libera espressione creativa. Sembra grossolano… ma è vero.

Per tutti gli altri, riempirò ora quel silenzio di modo che ogni cosa sia chiara e netta. Penso che Netanyahu e la sua cricca di estremisti siano completamente fuori controllo e che debbano essere fermati, e che la comunità internazionale dovrebbe esercitare tutta la pressione possibile su di loro affinché desistano. La scusa della legittima difesa ha ormai perso ogni credibilità ed è stata sostituita da un evidente desiderio di prendere il controllo definitivo di Gaza e della Cisgiordania.

Credo che quella amministrazione ultranazionalista si sia nascosta dietro un popolo terrorizzato e in lutto e l’abbia usato per respingere ogni critica, sfruttando paura e dolore per portare avanti un’agenda ultranazionalista dalle conseguenze tremende, come vediamo ora con il blocco disumano degli aiuti a Gaza.

Mentre le nostre vite scorrono normalmente, migliaia di anime innocenti vengono espulse dalla terra… per cosa? Allo stesso tempo, però, lo slogan senza condizioni “Free Palestine” che sentiamo in continuazione non risponde a una semplice domanda: perché gli ostaggi non sono stati ancora tutti rilasciati? Per quale motivo? Perché Hamas ha scelto di portare a termine gli atti orribili del 7 ottobre? La risposta è ovvia e credo che anche Hamas si nasconda cinicamente dietro la sofferenza di un popolo per perseguire i propri scopi.

Penso ci sia un altro punto estremamente importante da sottolineare. La caccia alle streghe sui social (niente di nuovo) da entrambe le parti mette sotto pressione gli artisti e chiunque capiti a tiro quella settimana affinché facciano dichiarazioni. Questo non fa altro che aumentare la tensione, la paura e l’estrema semplificazione di problemi complessi che meriterebbero un vero dibattito faccia a faccia tra persone che vogliono sinceramente che i massacri finiscano e si trovi una qualche forma di comprensione.

Questo tipo di polarizzazione è voluta e non serve agli esseri umani, perpetua anzi una mentalità del tipo “noi contro loro”. Distrugge la speranza e mantiene un senso di isolamento, che è precisamente quel che gli estremisti usano per mantenere la loro posizione. Li aiutiamo a nascondersi in piena vista se presumiamo che gli estremisti e il popolo che affermano di rappresentare siano una cosa sola, indivisibile. Il nostro mondo potrà uscire da questi tempi cupi e trovare la pace solo quando riscopriremo ciò che abbiamo in comune e quando gli estremisti saranno ricacciati nell’oscurità da cui sono venuti.

Capisco perfettamente il desiderio di “fare qualcosa” quando assistiamo ogni giorno a sofferenze orribili sui nostri device. Ha senso. Ma penso sia un’illusione pericolosa credere che ripostare qualcosa o scrivere un paio di messaggi abbia un significato reale, specialmente se si tratta di condannare altri esseri umani. Crea conseguenze non volute. È urlare dall’oscurità, non è guardare gli altri negli occhi mentre ci si parla. È fare assunzioni pericolose. Non è un dibattito, non è pensiero critico. E, cosa importante, si presta a ogni tipo di manipolazione online, sia meccanicistica che politica. Qual è l’alternativa? Non ho una risposta facile. So che in molte comunità del mondo questo argomento è estremamente tossico e ci troviamo in acque inesplorate. Dobbiamo tornare indietro.

Sono sicuro che quello che ho scritto fin qua non darà alcuna soddisfazione a chi decide di prendere di mira me e chi lavora con me. Investiranno anzi del tempo per trovare falle logiche e cercare ragioni per continuare a farlo. Rappresentiamo un’opportunità da non perdere per entrambe le parti.

Ho scritto queste righe nella speranza di poter unirmi ai molti milioni di persone che pregano affinché sofferenza, isolamento e morte finiscano, che pregano affinché si possa recuperare la nostra umanità e dignità, la capacità di raggiungere una comprensione tale da far sì che, un giorno, presto, ci si metta alle spalle questa oscurità.

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