Storia misteriosa e rocambolesca del busto di Jim Morrison | Rolling Stone Italia
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Storia misteriosa e rocambolesca del busto di Jim Morrison

La polizia parigina ha annunciato a maggio il ritrovamento della scultura trafugata nel 1988 dalla tomba del cantante dei Doors al Père-Lachaise. Sì, ma rubata da chi? E quando di preciso? Un’indagine rock

La tomba di Jim Morrison a Parigi nel 1982 con il busto poi trafugato. Foto: Herve Merliac/AP

A maggio del 1988 il fotografo parigino Antoine Le Grand ha ricevuto un incarico insolito dal magazine culturale Globe. Due ragazzi avevano telefonato alla redazione sostenendo di essere i responsabili di uno dei furti più leggendari della storia del rock: il trafugamento del busto di 130 chili di Jim Morrison dalla tomba del Père-Lachaise. Volevano notorietà e apparire su un giornale. Le Grand è andato all’indirizzo che gli è stato dato in una zona elegante vicino alla Rive Gauche, nel XIV Arrondissement. «Era una casa di design, roba da architetti», ricorda. «Chiunque ci vivesse aveva i soldi».

Dentro, Le Grand ha incontrato i due ragazzi. Capelli corti, scuri, un po’ punk. Il busto era appoggiato sul pavimento dietro di loro, coperto di graffiti e di cera, senza il naso corroso nel corso dei sette anni in cui la scultura è stata reliquiario di fan in lutto per la morte del cantante dei Doors. I due non hanno voluto dire nulla di sé, neanche il nome, solo X1 e X2. «Sembravano un po’ spaventati», ricorda Le Grand. «Volevano fare le foto ma in fretta e volevano coprire il volto». Lo hanno fatto con le bandane che hanno lasciato scoperti solo gli occhi. A Le Grand è parso che avessero rubato il busto per una sorta di sfida. «Fumavano erba, si divertivano». Li ha fotografati in bianco e nero, coi volti coperti accanto alla statua, gli occhi dritti nell’obiettivo.

In una breve videointervista dell’epoca, uno dei presunti ladri appare senza maschera e racconta la storia. Indossa jeans blu, una grossa cintura nera e una maglietta bianca infilata nei pantaloni. I capelli scuri sono rasati ai lati e raccolti in una specie di cresta, indossa occhiali da sole tondi e scuri, somiglia al Dave Gahan dei Depeche Mode dei primi anni ’80. Un altro giovane, presumibilmente X2, siede accanto, nell’ombra. La stanza sembra quella di un dormitorio universitario, con due alte casse nere triangolari contro la parete, su una delle quali c’è un casco giallo da moto

X1 siede sul pavimento davanti a un poster dei Doors e racconta la loro impresa. Dice che una notte di primavera sono andati al cimitero in motorino parcheggiando fuori. Hanno ruotato in tutta fretta il busto per staccarlo dal tondino di ferro e l’hanno sollevato. Pesava troppo, anche se erano in due. «Abbiamo fatto rotolare il busto tra le tombe perché era troppo pesante», racconta X1 in francese. Per portarlo fuori senza dare nell’occhio lo hanno nascosto dentro un bidone della spazzatura che hanno poi trasportato fino al motorino.

Da lì, sostiene X1, sono fuggiti per le strade di Parigi, lui col busto tra le gambe e X2 alla guida. «È stato un piano folle», dice. «Soprattutto perché siamo rimasti senza benzina». Mentre facevano rifornimento, «il busto è caduto e ci siamo spaventati». Tornati al loro appartamento, si sono convinti di aver salvato un simbolo sacro dalle mani dei vandali del Père-Lachaise. «Ora è qui ed è bello vederlo ascoltando i Doors».

Non sono mai stati effettuati arresti per il furto. Il busto di Morrison è semplicemente scomparso e il crimine è rimasto irrisolto per decenni. Le teorie su cos’è successo rasentano le leggende metropolitane (per i cospirazionisti, un segno che il cantante dei Doors ha solo finto di morire per tornare a vivere nell’anonimato). Poi, il 16 maggio 2025, il mistero è stato risolto di colpo, lasciando comunque ampie zone d’ombra. In un post pubblicato su Instagram, la Direzione della polizia giudiziaria di Parigi ha dato la notizia che «dopo 37 anni, è stato ritrovato il busto di Jim Morrison rubato nel 1988 dal cimitero di Père-Lachaise».

Il busto dopo essere stato ritrovato nel 2025. Foto: Direction de la Police Judiciaire de la Préfecture de Police

La polizia parigina ha pubblicato una foto del busto recuperato, legato con dello spago, etichettato come prova, appoggiato su un carrello in un corridoio di un magazzino. «È stato un ritrovamento casuale» ha detto la polizia «avvenuto durante una perquisizione ordinata da un magistrato». Per esprimere la loro gioia, hanno aggiunto un’emoji a forma di microfono e uno a forma di stella, ma nessun altro dettaglio. «Purtroppo non abbiamo molte informazioni al riguardo per ora», mi ha scritto via e-mail Margot Dubertrand, addetta stampa del Comune di Parigi, che gestisce Père Lachaise. Hanno rifiutato di rispondere ad altre domande.

La storia del busto scomparso mi ha affascinato fin dalla mia prima visita alla tomba di Morrison, nel dicembre 1988. Posto all’estremità orientale di Parigi, il Père-Lachaise è un cimitero vecchio di due secoli, un labirinto di sentieri e tombe che custodiscono alcuni dei più grandi artisti della storia tra cui il compositore Frédéric Chopin, il romanziere Marcel Proust, la cantante Edith Piaf. Con oltre tre milioni di visitatori l’anno, è il cimitero più visitato al mondo e la tomba di Morrison la più frequentata tra le sue mura in rovina.

Dalla morte misteriosa e la sepoltura segreta del frontman dei Doors, avvenute nel 1971, il luogo ha attratto generazioni di devoti e di fan. E il busto – scolpito da un ammiratore in marmo bianco macedone, raffigurante il cantante come un Dioniso – ne era dal 1981 il fulcro. Ricoperto di scritte, zuppo di vino, era la manifestazione materiale di una delle sacre odissee della musica. «Sulla tomba senza nome c’erano i doni dei pellegrini giunti prima di me», scrive Patti Smith in Just Kids, «fiori di plastica, mozziconi di sigaretta, bottiglie di whisky mezze vuote, rosari spezzati e strani amuleti».

Quando ci sono andato, la testa di Morrison non c’era più. Ho poi saputo che era stata trafugata. Quando ho cominciato a scrivere di cronaca nera, mi sono chiesto spesso come fosse finito quel caso irrisolto. E da quando, a maggio, il busto è ricomparso, ho iniziato a indagare. Anche se restano molte domande aperte, le mie interviste con la famiglia Morrison e i responsabili del cimitero, oltre all’accesso a documenti finora inediti, rivelano che la storia è più complessa di come si pensava. L’epopea mai raccontata del busto di Morrison va da uno scultore di Belgrado al sindaco di Parigi, fino a una rivelazione sorprendente di un testimone mai identificato prima.

Ben prima di diventare famoso, Jim Morrison ha fatto a sua volta un pellegrinaggio per onorare un eroe caduto. Me lo racconta la sorella del cantante, Anne Chewning. Ex insegnante in pensione che vive in California, Chewning ha i capelli grigi, gli occhi azzurro ghiaccio come il fratello ed è co-esecutrice del suo patrimonio. Dice di aver insegnato ai suoi alunni di sesta elementare la canzone dei Doors Horse Latitudes «per mostrare come musica e poesia siano collegate». Durante un viaggio di famiglia in North Carolina, Jim aveva insistito affinché il padre Steve, ufficiale di marina, si fermasse ad Asheville per visitare la casa di uno dei suoi romanzieri preferiti, Thomas Wolfe. «Posti del genere significavano molto per lui», dice Chewning.

Morrison era arrivato a Parigi nel marzo 1971 con la compagna Pamela Courson per isolarsi e scrivere poesie. A settembre era stato condannato per oscenità e atti indecenti dopo essersi, pare, denudato durante un concerto a Miami. Condannato a sei mesi di carcere e a 500 dollari di multa, era libero su cauzione e con un futuro incerto davanti a sé (riceverà la grazia postuma nel 2010). Dopo la morte per overdose di Jimi Hendrix e Janis Joplin, avvenute a poche settimane di distanza, Morrison scherzava con gli amici: «State bevendo con il numero tre».

Courson ha raccontato alla polizia di essersi svegliara alle 6 del mattino del 3 luglio 1971 e di aver trovato Morrison privo di sensi nella vasca da bagno dell’appartamento che avevano preso in affitto. Causa ufficiale del decesso: arresto cardiaco. Sono circolate voci e ipotesi d’ogni tipo, forse è morto per una overdose da eroina, forse altrove e il corpo è stato spostato, o magari gli è stata fatale una crisi d’asma. Non essendo un caso di omicidio, non è stata effettuata l’autopsia e la cosa ha alimentato altre domande e speculazioni. La fine dell’uomo che aveva cantato della fine non sembrava finire mai.

Prima ancora di rendere pubblica la notizia della morte, il 7 luglio 1971 Courson e pochi altri hanno seppellito in fretta Morrison in un luogo che pare amasse tanto, il Père-Lachaise. La famiglia l’ha saputo dai giornali. «L’hanno fatto per evitare il circo mediatico», dice Chewning, «ma non l’hanno detto nemmeno a noi». Courson ha fatto di tutto per tenere lontana la gente. Ha scelto un punto discreto nella Divisione 6 del cimitero, lontano dai visitatori. Non ha lasciato alcuna statua, né lapide, nemmeno un qualche segno.

Foto: Laurent Maous/Gamma-Rapho/Getty Images

Ci hanno pensato i fan a dare indicazioni scarabocchiando frecce sulle tombe vicine e decorando un vecchio albero con così tanti chewing gum che il cimitero è stato costretto a recintarlo. Le famiglie delle persone sepolte accanto hanno cominciato a protestare. Per limitare i vandalismi e identificare chiaramente il luogo, il cimitero ha installato una piccola targa che diceva semplicemente: “James Douglas Morrison 1943-1971”, targa che poco dopo qualcuno ha rubato e tenuto come souvenir.

Una delle persone turbate da quel degrado era Mladen Mikulin, giovane scultore e fan dei Doors che viveva a Zagabria, in Jugoslavia. «Lo stato della tomba era inaccettabile», ha detto in un’intervista del 1996 alla tv croata. «Tra quattro tombe del Père-Lachaise c’era uno spazio vuoto, ed era Jim. Era un luogo strano dove ogni giorno arrivavano centinaia di persone, e tutti fissavano quel vuoto». Mikulin, all’epoca 21enne, voleva scolpire e donare un busto da collocare sulla tomba come «espressione di gratitudine» nei confronti di Morrison.

Nel 1980 ha scritto al Comune di Parigi e all’Ambasciata americana a Belgrado per chiedere informazioni. Hanno risposto nello stesso modo: serviva l’autorizzazione della famiglia. «Il cimitero richiede che l’ambasciata americana a Belgrado contatti la famiglia del defunto per ottenere l’approvazione alla decorazione della tomba», ha risposto l’ambasciata jugoslava in una lettera, «e poi trasferisca l’autorizzazione a voi» (Mikulin non ha risposto alle richieste di commento per questa storia).

Oggi la famiglia di Morrison dice di non avere mai approvato la collocazione del busto. Il motivo è sorprendente: non avevano il controllo della tomba. Essendo stata Courson a organizzare la sepoltura, la custodia spettava a lei. Dopo la sua morte per overdose nel 1974, è passata ai suoi genitori. Se qualcuno ha dato il permesso, dice Chewning, non è stata la famiglia Morrison. Ciononostante, nel marzo 1981 Mikulin ha ricevuto una lettera a nome del sindaco di Parigi: «Ho l’onore di informarvi» si legge «che vi viene concessa un’autorizzazione eccezionale per procedere al lavoro di decorazione e collocare un busto del cantante».

Il 3 luglio di quell’anno, decimo anniversario della morte di Morrison, Mikulin, i tre membri sopravvissuti dei Doors e decine di fan si sono ritrovati presso la tomba per l’inaugurazione. «Vedere tutta quella gente è stato commovente», racconta oggi il chitarrista Robby Krieger, 79 anni. Nonostante le leggende (e a quanto pare una foto sfocata) di apparizioni di Morrison sulla tomba, Krieger aggiunge ironico che non ha visto fantasmi. Anche grazie al busto, la tomba è diventata «il punto focale di uno spazio sacro e sociale in continua crescita», come ha scritto il sociologo olandese Peter Jan Margry in un saggio sui luoghi di pellegrinaggio moderni. «La lapide fungeva di solito da tavolo, o da “altare”, come si è cominciato sempre più spesso a chiamarlo, dove si venerava e si rendeva omaggio a Morrison».

Per la famiglia, però, quel luogo sacro stava diventando profano. Secondo Chewning al fratello «sarebbero piaciute» le visite dei fan, ma il degrado era «vergognoso». Non erano gli unici a pensarla così. Per i cento addetti alla manutenzione del Père-Lachaise, la devozione ai resti di Morrison si era trasformata in una battaglia quotidiana. Si lamentavano dei fan che si introducevano di notte per bere, fumare erba e fare sesso accanto alla tomba. «Vorremmo spostarlo, ci crea troppi problemi», ha detto nel 2004 Christian Charlet, responsabile delle 70 mila tombe del cimitero, all’agenzia Reuters. «Se potessimo liberarci di lui, lo faremmo subito».

Foto: Purschke/Ullstein Bild/Getty Images

La figlia di Chewning, Tristin Dillon, mi mostra un grosso faldone che chiama “Dossier Vogliamo spostare Jim”. Contiene una lettera inedita scritta nel 1986 da Clara, la madre di Morrison, in cui chiede al cimitero di trasferire la tomba. Si è parlato di riportarlo negli Stati Uniti, ma la famiglia ha preferito quel luogo più discreto al Père-Lachaise: nonostante le controversie, lo consideravano un luogo adatto. «Jim era in buona compagnia», dice Dillon. Anche per Chewning «eravamo contenti che fosse lì. Ha quell’aura antica, quello spirito universale delle persone che ci sono passate».

In ogni caso, raccontano, il cimitero ha rifiutato. «Hanno detto semplicemente che non era possibile», ricorda Dillon (il cimitero non ha risposto alle richieste di commento). Frustrata e senza alternative, la madre di Morrison avrebbe suggerito di chiedere a un’amica parigina di rubare il busto e gettarlo nella Senna. «Forse è una stoeia  inventata, non lo so, mia nonna aveva tanta fantasia», dice Dillon. «Non ho idea se davvero abbia detto alla sua amica di farlo o se era solo uno scherzo».

Fatto sta che poco dopo il busto è sparito.

Non molto tempo dopo, i due ragazzi hanno telefonato a Globe e più o meno nello stesso periodo hanno raccontato la loro versione in quel video. Sembrava che il caso fosse chiuso, ma a guardarla più da vicino la loro versione traballa. Come poteva un motorino, forse un leggero Mobylette anni ’80 come ricorda Le Grand, trasportare due adulti e un busto di marmo da 130 chili per le strade di Parigi? Un tale peso avrebbe reso difficile accelerare e forse persino piegato il telaio. Gli addetti del cimitero erano irritati per la presenza del busto: la storia del duo potrebbe essere stata una copertura, un inside job?

Senza avere informazioni dalla polizia parigina, ho cercato indizi per conto mio, tornando anche su una testimonianza insolita che avevo sentito anni fa. Andy Sarnow, un mio amico dei tempi dell’università, diceva di aver visto qualcuno armeggiare col busto di Morrison al Père-Lachaise quand’era studente. L’ho ricontattato. «Non ho dubbi di averli visti tentare di staccare la testa», mi ha detto Sarnow. E sosteneva di avere le foto a provarlo.

Sarnow era all’epoca uno studente universitario in viaggio con lo zaino attraverso l’Europa. In un freddo giorno di marzo del 1988, due mesi prima del presunto furto del busto, ha visitato la tomba. Avvicinandosi ha visto due giovani e una donna che si aggiravano con aria sospetta accanto a un furgone parcheggiato, col portellone posteriore aperto. «Erano nervosi», ricorda. «Erano seduti a fumare, cercando di assumere un’aria innocente».

A quel punto Sarnow ha visto il busto appoggiato a terra dietro il basamento. Ha scattato due foto prima di andarsene. Le immagini di Sarnow (ne trovate una a questo link visibile pubblicamente per la prima volta) mostrano il busto da due angolazioni diverse. I responsabili del cimitero avevano detto di averlo fissato in modo saldo al piedistallo, ma nella foto si vede solo un minuscolo tondino di ferro che lo tiene in posizione.

Ad aggiungere ulteriore mistero, una lettera del cimitero indirizzata a Mikulin e scritta poco dopo il furto afferma che non è stato trafugato a maggio 1988, come dicono i ragazzi francesi, ma due mesi prima, ovvero quando Sarnow ha visto il furgone. «Il busto del cantante Jim Morrison è scomparso» si legge «una notte del marzo 1988». La polizia di Parigi e l’amministrazione del cimitero non hanno risposto alle richieste di commento su questo nuovo sviluppo.

Le domande restano e i pellegrinaggi alla tomba di Morrison continuano. Lo scorso 3 luglio una legione di fan dei Doors si è riunita al Père-Lachaise per commemorare il 54º anniversario della morte del cantante con vino e musica. Il busto non c’era. Ora che è stato ritrovato e la custodia degli eredi di Courson è ormai scaduta, la famiglia di Morrison ha comunicato al cimitero di non volerlo più collocare lì.

«Ai miei genitori non piaceva», dice Chewning, «perché non l’avevano scelto loro». Preferirebbero che fosse esposto in un museo d’arte contemporanea di Parigi di modo che i fan possano ammirarlo. In fondo, le domande ancora aperte sullo strano viaggio del busto del Re Lucertola non fanno che accrescere il mistero. La bizzarra “vita dopo la morte” della tomba di Morrison continua, proprio come, secondo chi lo conosceva, avrebbe voluto lui. «Jim era affascinato dalla morte e dall’aldilà», dice Krieger. «Spero sia felice, spero abbia ottenuto quel che voleva».

Da Rolling Stone US.

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