«Yup» scrive Charli XCX su Instagram. Ha scoperto che la “listening age” calcolata da Spotify in base alla musica che ascolta è di 75 anni. Questlove a quanto pare apprezza i dischi pubblicati mezzo secolo fa, ma puntualizza: «Non ho 70 anni, ho solo gusti musicali impeccabili». Secondo la piattaforma Elodie ascolta canzoni da 52enne, suppergiù l’età di chi la critica perché si scopre troppo. Le è andata bene: FKA Twigs risulta 93enne. Pioggia di LOL, teschi, faccette.
“My listening age” è l’ultima trovata di Spotify per farci parlare di Spotify. È una delle novità di Wrapped, che sta alla piattaforma di streaming come il Festival di Sanremo sta alla discografia. Ogni anno, essendo in possesso dei dati relativi alla musica che ascoltiamo (dati che, per la cronaca, noi stessi non conosciamo) la piattaforma ce li restituisce in un’esplosione colorata di numeri, animazioni e grafiche pronte alla condivisione sui social. Quali sono gli artisti che hai ascoltato di più da gennaio a novembre? Di quali generi? Quanta musica hai sentito nel corso dell’anno? Quali canzoni e quali album? Ti riconosci? Sei la musica che ascolti?
Siccome Wrapped è un gioco che va avanti da una decina d’anni e rischiava di diventare meno divertente, nel 2025 Spotify ha introdotto molte novità tra cui un quiz interattivo in cui sei chiamato a indovinare la canzone che hai ascoltato di più e lo sprint (si chiama così). Avvii l’animazione, compaiono tondini con le facce dei cantanti la cui circonferenza diventa più o meno ampia in base agli ascolti che hai fatto nel corso dell’anno, fino alla proclamazione del vincitore. Il gran premio dei cantanti, il talent nel telefono.
La novità più curiosa è però “My listening age”, che in Italia diventa “Età in base agli ascolti” e viene accompagnata dal commento “Non prenderla sul personale”. L’assunto è che le persone tendono ad ascoltare musica di quand’erano giovani. Spotify identifica gli anni di pubblicazione delle canzoni che hai ascoltato, individua il quinquennio a cui si sei dedicato di più rispetto agli utenti della tua stessa età, ipotizza che in quel periodo tu avessi fra i 16 e 21 anni, effettua infine il calcolo della “listening age”. È ovviamente un gioco e si basa su una premessa non molto realistica: proprio piattaforme come Spotify ci hanno invitati all’ascolto orizzontale senza limiti di genere o di epoche, tutto si mescola e sta sullo stesso piano, Rosalía e Ildegarda di Bingen. Forse un tempo se ascoltavi Kate Bush eri stato 18enne nel 1985, oggi non è più così. È una approssimazione che credo sia voluta: più l’età stimata è strampalata, più induce alla condivisione, alla discussione, alle battute.

L’età di Charli XCX, Elodie e FKA Twigs in base agli ascolti su Spotify
Wrapped è un gioco, ma è anche il modo in cui partecipiamo volontariamente alla datificazione (chiedo scusa per la parola) della musica, la trasformazione di gusti e passioni in informazioni numeriche dotate di valore economico. Spotify è il campione assoluto di questo fenomeno. Più di ogni altra piattaforma di streaming incoraggia il culto dei numeri, li mette in chiaro, pubblica settimanalmente classifiche d’ogni tipo, di recente persino dei dischi che devono ancora uscire, in base ai pre-save. Evidentemente non c’è limite all’hype. In quest’epoca di risultati verificabili istantaneamente e con estrema precisione, ma anche indirizzabili se non manipolabili («La top 50 è una gara di furti», ha detto Jake La Furia durante la conferenza stampa prima della finale di X Factor 2025) siamo indotti a pensare che un artista che viene ascoltato da 30 mila persone valga meno di uno che ha tre milioni di ascoltatori.
È una cosa che riesce solo a Spotify, questa di Wrapped. Pensateci: pochi pubblicherebbero sui social con entusiasmo i titoli e la lunghezza dei libri che hanno comprato su Amazon usando un sistema e una grafica brandizzata dall’azienda di Jeff Bezos, eppure è quel che facciamo ogni anno con Wrapped, volonterosi collaboratori a titolo gratuito del marketing della piattaforma. Succede perché vogliamo celebrare i nostri gusti, perché in molti Paesi tra cui l’Italia Spotify è sinonimo di streaming, perché quando ci danno una cosa colorata in mano finiamo per giocarci, perché la musica ha ancora un (residuo?) valore identitario. Come scrive Sean Lennon condividendo i suoi dischi più ascoltati nel 2025, ovvero Carla Bley, Warpaint, Buzzcocks, Igor Levit che suona Bach e Dr. Otagon, «mi sa che sono un weirdo».
Lo siamo tutti, Sean, ma non tutti convividiamo allegramente le grafiche di Wrapped. Dopo gli appelli al boicottaggio della piattaforma per via dell’investimento del fondatore Daniel Ek nella Helsing, azienda impegnata nello sviluppo di tecnologia bellica, e le continue proteste per i pagamenti irrisori destinati agli artisti più piccoli, è stata lanciata una campagna chiamata Unwrapped che contesta tra le altre cose la presenza sulla piattaforma di pubblicità per il reclutamento di agenti dell’Immigration and Customs Enforcement (ICE), i famigerati autori di retate di immigrati in mezza America. Anche quelli che criticano o si smarcano da Wrapped stanno usando la sua grafica, sostituendo per esempio la classifica degli artisti più ascoltati con l’elenco delle efferatezze compiute dall’ICE o con le somme modeste guadagnate grazie allo streaming, come se non si potesse sfuggire dall’egemonia della piattaforma.

Uomini che ascoltano le donne: un manifesto di Wrapped a Miami. Foto: Spotify
«Le vere Baddie vanno al Wrapped Park», riposta Anna in un tripudio di luci rosa e di numeri da artista più ascoltata in Italia su Spotify. Sì, perché Wrapped non è solo una festa condivisa potenzialmente da 700 milioni di utenti, è anche uno strumento che gruppi e cantanti hanno a disposizione, un riassunto delle statistiche personali pronte all’uso social. E se i numeri sono buoni, è una tentazione irresistibile quella di comunicarli e ringraziare il pubblico (non) pagante, cosa che stanno facendo quasi tutti con vari livelli di entusiasmo.
C’è chi va oltre. È il caso di Jovanotti che nelle storie ci fa sapere che l’artista che ha ascoltato di più nel 2025 è Jovanotti (Achille Lauro è solo il terzo preferito da Achille Lauro, più di Chet Baker, meno di Frank Sinatra e Tony Bennett). «Lo so che non è molto elegante da ammettere pubblicamente», scrive Lorenzo che nei primi 11 mesi del 2025 ha riprodotto 1006 minuti della musica che lui stesso ha pubblicato, a partire da Il corpo umano Vol. 1, il disco che ha sentito di più. «Quindi» gli scrive Spotify «rientri nel top 0,9% dei fan (dí Jovanotti) più affezionati a livello mondiale». Ecco l’altra esca lanciata ai fan (anche a quelli che non lo sono di sé stessi): comunicare al mondo che sei uno degli ascoltatori più accaniti del tuo artista preferito. Se ti va bene ci scappa il repost da parte dell’amatissimo cantante. Lo sapete, vero, che la parola del 2025 per il Cambridge Dictionary è parasociale?
Wrapped s’inserisce nella grande festa di fine anno in cui ogni classifica e lista è un botto o un fuoco d’artificio: gli album più ascoltati su Apple Music, i nomi più ricercati su Google, la top 10 delle canzoni scoperte con Shazam. Se ti va bene e non rientri in una classifica, finisci in un’altra ed è una buona occasione per una storia di Instagram, un comunicato stampa, un messaggio commosso. Fateci caso, a fine anno i cantanti sono come i segretari dei partiti politici italiani il giorno dopo le elezioni. Comunque siano andate le votazioni, si presentano al pubblico e con la faccia serissima dicono: abbiamo vinto.














