Sanremo 2019: Vince Mahmood, l'Italia pareggia | Rolling Stone Italia
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Sanremo 2019: Vince Mahmood, l’Italia pareggia

Il Festival si è concluso con una sorpresa, ma vedere la vittoria "dell'italo-egiziano, con una frase in arabo a metà canzone" come una protesta politica, è una sonora stronzata

Sanremo 2019: Vince Mahmood, l’Italia pareggia

Lasciate perdere i corsivi socio-eccetera che avete letto finora. Trattasi di truffa. E attenzione: la maggior parte ci farebbero gioco, condividerne il fondo sarebbe semplice e filosofeggiarci su addirittura piacevole. Ma sarebbe mentire. Il messaggio “vince l’italo-egiziano, con una frase in arabo a metà canzone, così parlò l’Italia inclusiva, eccola la maggioranza silenziosa finalmente carne”, è una sonora stronzata.

Vince Mahmood perché porta un pezzo sufficientemente diverso ma comprensibile a tutti. Vince il brano che riempie d’orgoglio rivoluzionario il televotante da 0,51 euro a pigiata d’opinione ma ne hai cinque e poi giù da bravo. Vince l’orgoglio individuale dell’io scompaginatore, in questa settimana dove sono stato a pari con il gruppo, dove tutto è nuovo e tutto è magico: sì, capisco i titoli dei giornali, sì sono parte di qualcosa, soprattutto: sì la so. Vince Mahmood perché la canzone si fa ascoltare, perché il pubblico dei divani se lo aizzi a sgambettare da dietro risponde presente, perché soldi soldi soldi so io di cosa parla, perché quel ritmo un po’ caribe o forse è reggae mi ricorda quella dell’anno scorso tanto simpatica che stasera non hanno cantato i due animatori del Valtur Luis e Eros, ma tanto li becco a ferragosto e gliela faccio fare.

E come sappiamo tutto cio? Semplice, basta guardare gli altri componenti del podio. Intanto c’è il ragazzino Ultimo, il grande favorito. Lo abbiamo intervistato 3 giorni fa. Umile, misurato, docile. Gli abbiamo chiesto che cosa avrebbe fatto in caso di vittoria. “Bevo e poi dormo”. Perfetto. Male noi, avremmo dovuto chiedergli che cosa avrebbe fatto in caso di secondo posto, era lì la notizia. Chi avrebbe mai potuto pensare che dietro a quella frangetta si nascondesse il miglior Josè Mourinho. Siete leoni una settimana all’anno, io invece eccetera. Giornalisti sistemati, chissà le risate in sala stampa.

Poi Il volo, la tecnica meno, applicata ai pezzi meno meno. E però che bravi signora mia, cantano proprio bene, e che facce pulite dell’Italia da export. Il secondo e il terzo posto ci dice che Mahmood non è un fatto sociale, men che meno politico. È un sussulto di gusto inatteso, montato sull’inerzia degli altri. È una buona notizia – anzi è un’ottima notizia, festeggiamo – ma è assimilazione e non protesta. È accettazione e non fuga, altrimenti avremmo avuto Motta – il migliore artista del Festival per distacco – e magari anche Lauro, al netto della paraculata di pezzo presentato, che tanto piace ai ribelli da salotto, e che speriamo per lui gli porterà quel che desidera. Vince Mahmood ed è una sorpresa gradita, ma l’Italia resta la stessa di ieri.