Una delle migliori è If Only Zelensky Had a Nice Suit, il racconto in chiave folk dell’incredibile che si è vista a fine febbraio nello Studio Ovale, quando il leader ucraino s’è confrontato con Donald Trump e J. D. Vance e un giornalista (ehm) gli ha chiesto perché mai non indossasse un completo come gli altri gentiluomini di quel nobile consesso. “Sappiamo che sei disperato, ma non potevi metterti qualcosa di meglio?”, dice la canzone. “Sappiamo che il tuo Paese è stato attaccato ingiustamente, ma mica crepi se dici ‘grazie’ e ‘per favore’”. Morale: “Se solo Zelensky indossasse un bel completo, un Brioni blu da 10 mila dollari, una camicia bianca e una cravatta rossa, non creperebbe più nessuno”.
Sono politiche, ironiche, caustiche, satiriche, sempre progressiste le canzoni folk che Ron Gallo sta pubblicando da qualche mese su Instagram e TikTok. Sono raccolte in un “disco” chiamato 7am Songs of Resistance for the Internet (un estratto sulle piattaforme, in versione integrale su Bandcamp). L’orario è quello in cui Gallo di solito si sveglia la mattina, se credete beninteso che un musicista si alzi così presto. «Giuro che è così», mi dice su Zoom, «sono l’esatto contrario dello stereotipo del rocker: mi sveglio presto, non bevo alcol, non mi drogo, non tiro tardi, non vado alle feste. Sono nato nel 1987, ma è come se avessi 85 anni».
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Musicista garage punk con una bella storia indipendente qui in versione folk, Gallo legge le notizie, vede quali sono gli argomenti di discussione del giorno, ne seleziona uno e nel giro di pochi minuti ci scrive su una canzone. «Lo faccio davvero in due minuti e in una o due take. Se inizio a rifletterci troppo, a elaborare la canzone si perde l’immediatezza del pensieri che voglio trasmettere. Quindi m’impongo di scrivere velocemente. È come tenere un diario». Ha cominciato a farlo a febbraio, dopo aver chiuso il suo prossimo album tradizionale che uscirà probabilmente a ottobre. Dopo l’esperienza in uno studio di registrazione il progetto delle 7am Songs gli ha permesso di far musica in modo più spontaneo e di liberarsi «da tutti i pensieri che mi giravano per la testa su quel che succede nel mondo».
Chitarra in mano, si mette di fronte alla camera e a un microfono, a volte accompagnato dalla moglie e polistrumentista italiana Santa Chiara (Chiara D’Anzieri). Registra, controlla, posta. La maggior parte delle volte la azzecca, come un bravo editorialista. Che siano feroci o ironici, i pezzi sono interpretati con fare impassibile. Gallo usa come canali Instagram e TikTok, ma evita l’abusato e falsissimo repertorio di espressioni e faccette di chi utilizza quegli strumenti. L’ironia e il sarcasmo sono presenti nel testo e qualche volta nei passaggi musicali, non servono ammiccamenti. «Mi fa piacere che tu lo abbia notato, ma forse è perché non ho dimestichezza coi social e trovo strano cantare con questo coso in faccia (mi mostra il telefono, nda). Se risulto tanto serio è anche perché leggo il testo, avendolo appena scritto e non avendo avuto tempo di memorizzarlo».
Non c’è niente di sofisticato in quel che fa Ron Gallo, del resto è uno che incide per Kill Rock Stars, l’etichetta ultra underground fondata a Olympia da Slim Moon in tempi in cui indie significava davvero indipendente. «Non c’è niente di prezioso in queste canzoni, non sono rifinite, hanno qualcosa di puro. Ogni tanto penso: forse dovrei prendere le migliori, elaborarle, registrarle meglio, renderle più universali, metterle in un vero disco. Ma alla fine preferisco tenere separate le due cose, da una parte i miei dischi “veri”, dall’altra le 7am Songs. Si trovano su Bandcamp e ormai sono quasi 60, mi piace pensare che un giorno qualcuno le riascolterà e gli faranno l’effetto di una macchina del tempo, la testimonianza del caos e della follia del secondo mandato di Trump».
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C’è il pezzo su Gesù pensatore ebreo radicale (messaggio per i conservatori: “prima di nasconderti dietro alla croce, cerca di conoscerlo meglio”), quello un po’ alla Lou Reed sui suoi concittadini che lodano l’America senza mai avere messo il naso fuori dal Paese, quello ispirato a un’altra scena vista alla Casa Bianca in cui immagina cosa succederebbe se il Sud Africa fosse la Palestina. Ce n’è uno sull’ICE e uno bello e amaro sull’inutilità della verità in un’epoca cui “puoi credere a qualunque cosa tu voglia”. E poi c’è quello sulla cifra miserabile che Spotify paga per ogni stream, con Gallo che ripete una serie infinita di zeri dopo la virgola. «Ma sono fortunato, riesco a campare con la musica da una dozzina d’anni».
Di sicuro non si aspettava la reazione che ha avuto e cioè che alcune di queste canzoni diventassero, chiedo scusa per la parolaccia, virali. «Quella su Zelensky ha avuto un grande risalto in Ucraina, mi sono ritrovato a fare una presentazione sulla canzone per una scuola inglese di quel Paese». In quanto ai commenti, «all’inizio non mi aspettavo alcuna reazione e quindi quando la gente commentava mi sentivo in dovere di instaurare un dialogo, specialmente con chi scriveva cose negative. Mi dicevo: parlando arriveremo a un terreno comune, a una soluzione, mal che vada avrò difeso le mie idee. Col passare del tempo ho capito che non vale la pena discutere tutto il giorno con gente matta e quindi mi trattengo dal rispondere e buttare via ore della mia vita a parlare con chi mi minaccia». I colleghi apprezzano: hanno commentato tra gli altri Moby, Hozier, Kathleen Hanna delle Bikini Kill.
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7am Songs è folk ricondotto a una delle sue funzioni originarie e, volendo, anche il tentativo di ricreare su Instagram e TikTok un senso di comunità che negli anni ’60 faceva capo a certi locali del Greenwich Village dove i folksinger scrivevano canzoni e le provavano lì, la sera, di fronte al pubblico. È la versione digitale e monografica delle pubblicazioni di Broadside, la rivista su cui anche Bob Dylan ha pubblicato i testi di alcune sue canzoni. Ron Gallo ride quando gli dico che, per l’uso che ne sta facendo, TikTok è l’odierno Cafe Wha: «Davvero distopica questa cosa». Pur venendo dal garage punk, considera questo progetto folk «una sorta di ritorno alle origini, perché già prima di Heavy Meta scrivevo alla chitarra acustica. Il bello di questa musica è l’immediatezza. Niente produzione. Un messaggio da far passare. I miei pensieri in 90 secondi».
Gallo è cresciuto a Philadephia e attribuisce al carattere poco sofisticato della città la sua passione per l’osservazione e la libertà espressiva. Siccome D’Anzieri è italiana, passa qualche mese all’anno nel nostro Paese e quindi ci sono un paio di canzoni su temi che conosciamo molto bene, una sul matrimonio di Jeff Bezos a Venezia e una sul nostro stile di vita (e sul sistema sanitario nazionale) che prende spunto da un articolo del New York Post secondo cui in Italia ci sarebbe un allarme terrorismo. La parete verde con lo specchio che ci vede in molti video è di una casa a Ravenna. «C’è qualcosa nel vostro Paese che manca in un posto iper-capitalistico e senz’anima come gli Stati Uniti. Sento l’Italia più vicina alla natura umana, a uno stile di vita migliore, più sano».
«Magari rallenterò le pubblicazioni, ma andrò avanti finché durerà l’ispirazione», dice Gallo. Le sue canzoni da 90 secondi dimostrano che la musica è anche questo: comunicazione senza filtri e commento politico non paludato. Sono pezzi che oggi senti e risenti con piacere, fra qualche mese chissà, ma in fondo non importa, le 7am Songs sono la cronaca minima per voce e chitarra dell’impazzimento del mondo in cui viviamo.