Renato Zero: «I ragazzi devono scendere in piazza» | Rolling Stone Italia
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Renato Zero: «I ragazzi devono scendere in piazza»

Zero a tutto campo: il nuovo album ‘Autoritratto’, la tv «vergognosa», la frustrazione dei più giovani, la politica che non dà risposte, la cultura gestita da gente che «alla prima della Scala dorme in platea»

Renato Zero: «I ragazzi devono scendere in piazza»

Renato Zero

Foto: Roberto Rocco

È stato posto un altro tassello dello Zero-mosaico, un’opera corale di un artista con il suo pubblico che da oltre 50 anni è in continua evoluzione. Stavolta si intitola Autoritratto, un album composto da 13 tracce – tra inediti e brani interpretati solo dal vivo – che è una autoanalisi sincera (e spietata) dell’autore. Uscirà l’8 dicembre per Tattica e in mattinata è stato presentato a Milano alla presenza di Renato Zero che, come al solito, è andato ben oltre alla sola esposizione di un lavoro già di per sé ambizioso.

Rispetto al passato «questa volta sono io stesso a passarmi al setaccio» dice Zero, «sentivo il bisogno di guardarmi dentro, valutare la mia resistenza, verificando di quanta autonomia sono ancora dotato e di quanta pazienza il mio amato pubblico dispone». Sembra parecchia, visto che l’amore dei “sorcini” nei suoi confronti si manifesta, a ogni uscita discografica o live, in modo ormai naturale, come se fosse un richiamo familiare che si tramanda di generazione in generazione. Così si alternano messaggi d’affetto per la sua città, Roma, o alla sua gente, il popolo degli Zerofolli. E ancora, tra dediche a un amico e ricordi di un’adolescenza complessa, si chiude con un augurio di speranza verso il futuro. A dimostrazione della cura di ogni dettaglio, il disco sarà disponibile con un artwork in quattro colori diversi e quattro cover diverse, per la gioia dei collezionisti.

Renato Zero, però, ci aveva già avvisati nel febbraio scorso: «Che bello arrivare a 70 anni per dire quel cazzo che voglio». Quindi la presentazione di un album diventa anche l’occasione per far sapere cosa ne pensa di quest’epoca e questa società, che a tratti trova decisamente negative. In particolare la televisione: «È un sonnifero, una bugia, e quello che offre oggi la tv è vergognoso. A volte vorrei ricredermi e invece siamo messi male. Eppure, alla tv abbiamo dato tempo e importanza, spesso più che ad amici, figli o parenti, entrando in un giro vizioso dove siamo spettatori impotenti. Ci manca il coraggio di riguadagnare una identità».

Il tema sembra stargli molto a cuore: «In tv gente che non ha titolo per dialogare su certi argomenti, questo lo trovo odioso come sistema. Se c’è uno specialista che spiega come evitare il cancro lo ascolto, ma se c’è gente che viene pagata per esprimere soltanto dei pareri è una speculazione bella e buona». Anche perché lega questo abbassamento di livello di offerta televisiva alla sfiducia dei giovani: «I ragazzi non manifestano i bisogni con facilità e sono talmente frustrati da non godere di una adolescenza soddisfacente. Così usano certi scudi per fare il paio a una mancanza di fonti di ispirazione. I giovani sono soprattutto insicuri, e l’insicurezza è una brutta bestia perché tutto diventa difficile, non si trovano risposte. Ma si è giovani una volta sola e se hai trascorso una bella gioventù affronti meglio anche la vecchiaia. Se invece la gioventù la rendi già vecchia, come pretendi che diventi un giorno un esempio per gli altri?».

In questo panorama, già sconfortante, Zero non pensa ha fiducia nella politica: «È troppo distante dai giovani. Pensiamo solo alla questione degli alloggi. Chi vuole studiare deve avere 600 euro al mese per un letto e questo lo trovo offensivo. Dicono che provvederanno a costruire nuovi alloggi per studenti, ma è tutto in stato comatoso e va a rilento». Ha lanciato una stoccata diretta a chi governa: «Se andrò alla prima della Scala? Mi fate sapere quale ministro bisogna chiamare? Non vedete? Se facciamo una foto alla platea sono tutti cartonati, sono sempre gli stessi da dieci anni. Quando li inquadrano ronfano. La cultura si è stufata di essere sottovalutata. Deve essere consegnata ai giovani, le scuole devono accedere ai luoghi della musica d’eccellenza». Zero invita le nuove generazioni a protestare: «Devono scegliere le battaglie e scendere in piazza. Non serve fare casino o dividersi sui temi. Basterebbe che scendessero in piazza in silenzio e creerebbero un tale imbarazzo che chi governa si vedrebbe costretto a prendere provvedimenti». Come per i femminicidi, argomento che in questi giorni sta facendo discutere e dividendo l’opinione pubblica: «È inutile fare talk in tv. Se non pensiamo “potrebbe succedere anche a me” non cambia niente. Denunciare è un percorso lento e dispersivo, dalla denuncia alla salvezza ce ne corre. E la burocrazia è una bestia che si continua ad alimentare, mentre andrebbe debellata».

Nel frattempo, lo stesso Renato Zero tornerà “su piazza” con una serie di live previsti da marzo 2024 nei palasport «più minimalisti ma sempre molto curati», visto che ormai «il clown, anche senza trucco, quando va per strada lo riconosce chiunque. I colori e le forme li ha dentro di sé». Per ricambiare l’affetto che sente di ricevere dal pubblico, Zero ha deciso di ripercorrere la propria storia facendo uscire la collana Mille e uno Zero (edizioni Tattica e distribuita da Indipendente Mente). Si tratta di 15 titoli con rarità̀, live e album in studio introvabili in vinile, che saranno arricchiti da fascicoli corredati di foto di repertorio.

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