Renato Zero non sembra scrivere dischi, ma capitoli di una saga che con L’Orazero, in uscita il 3 ottobre, si arricchisce di 19 brani inediti ognuno con un proprio battito, un proprio respiro, una propria visione del mondo. Ascoltarlo è come entrare in un labirinto nel quale a guidarti, oltre alla sua voce magnetica, ci sono due orchestre, tra confessioni intime, dichiarazioni d’amore ed esortazioni a uscire dal torpore, anche rivolte ai più giovani.
Il singolo Senza era solo l’antipasto, una promessa sospesa. Adesso il banchetto è servito e dentro ci troviamo di tutto: dalla dolcezza di Lasciati amare all’energia di Riprendiamoci il mondo, fino alla carezza malinconica di Aspettando l’alba. Gli arrangiamenti oscillano tra la grandeur sonora e la modernità più pop. Zero lo ha annunciato a modo suo: «Sto diventando adulto allegramente». L’Orazero si sviluppa in un tempo sospeso, dove i sogni diventano cori, le speranze ritornelli e la sua voce brilla come se la ascoltassimo per la prima volta. Da gennaio 2026, inoltre, tornerà in tour sui palchi delle principali città italiane con 23 date (partenza da Roma il 24 gennaio) in giro per l’Italia, anche se per ora non a Milano: «Non ho trovato posto al Forum e io sono affezionato a certi luoghi. Appena sarà libero verrò».
A 75 anni, li compirà domani, Zero ha ribadito che la musica per lui è ancora al centro di tutto: «Viviamo in tempi di guerra e in una situazione precaria. Ognuno sta combattendo la sua guerra. E ci rendiamo conto che, in fondo, il nemico siamo noi stessi». Perché per lui l’arte non è evasione ma responsabilità: «Come artista mi sento in diritto di esprimere i miei pensieri. Ogni ideale se non si nutre di un popolo fa poca strada». Nel frattempo continua a rivendicare il ruolo di outsider: «Mi sono travestito da marionetta per non esserlo». E ha accusato l’industria: «C’è un abuso di potere, i discografici trasformano gli artisti in numeri per profitto». Non a caso preferisce spazi più contenuti rispetto agli stadi: «Non credo farò un San Siro, 100 mila anime si perdono. È meglio mantenere la vicinanza, quando il pubblico diventa un’anima sola». Non è mancata una frecciatina a Sanremo: «Sono diffidente rispetto al prossimo Festival: troppe scelte spericolate fatte in base ai follower».
C’è stato spazio anche per l’amica ritrovata Loredana Bertè: «Un triangolo più eclatante di quello con lei e Mimì non esisterà più. L’abbraccio con Loredana era urgente, il tempo stringe e pure le occasioni». E anche per un desiderio inedito: «Mi piacerebbe girare un film, raccontare quello che non riesco a dire in musica». Senza escludere collaborazioni come quella con Ultimo: «Anna, la mamma di Niccolò, è mia amica dai tempi dei tempi. Lui è cresciuto a pane e Renato. A me fa un enorme piacere. È come un mio nipote acquisito. Un rapporto con sua madre che mi fa sentire parte integrante di quella famiglia. Magari scrivesse una canzone per me, ma secondo me ha un po’ di soggezione». E alla fine ha rimarcato la sua idea di trasgressione, che non è venuta meno ma è mutata in base ai tempi senza più eccessi e attraverso la valorizzazione della normalità: «Trasgredire in un mondo di trasgressori non fa né caldo né freddo. Ma quando la situazione è statica, se canti “penso che un sogno così non ritorni mai più”, per me hai già vinto».
L’album si apre con Aspettando l’alba, un brano piano e voce immerso in un sound quasi ambient. Qui Zero guarda al passato, tra fede e resistenza: “E non sempre i sogni hanno fortuna. Ed è meravigliosamente giusto che io sia ancora qui”. È un autoritratto che diventa specchio per ritrovare forza nei sogni. Con Lasciati amare il discorso si allarga in un inno contro le censure: “Non piegarti mai, non farli vincere”. In Più musica la protesta prende maggiore forma: “La violenza e l’intolleranza, questo mondo non è il mio mondo”. E la musica è medicina: “Ci vorrebbe più musica per risvegliare l’anima di chi non sogna più”. L’orchestra prende il sopravvento in Voglio regalarti un avvenire (“È bello reinventarsi, è bello amarsi”) e si ritrae come il mare sulla battigia con Il rifugio. In Ti meriti di più denuncia i “gran signori” che si spartiscono il potere: “Posa quel coltello, fermo, quello è tuo fratello”. Il tempo intanto si fa una volta complice e un’altra nemico (appunto in Tempo).
In Su per giù si diverte a scardinare il familismo amorale (“Giù le mani quella è mia sorella, giù le mani è mia cugina quella. Mio fratello non si tocca, mia nipote non abbocca, non è questo il modo di farsi una famiglia”), mentre in L’anima canta ribadisce: “Quest’anima mia non si rassegnerà, lei sfida il mondo cantando”. Ancora, Vorrei piacerti è un tango delle accettazioni reciproche (“Vorrei piacerti con tutti i miei difetti”), mentre Riprendiamoci il mondo invita al risveglio collettivo (“Azzardiamo di più, più convinti di più”). Non mancano gli echi del Renato Zero visionario degli esordi in Il battito del mondo: “Tutta la vita è solo un’eco che si perde”, che è il preludio alla chiusura lirica e di impegno civile del disco, Pace, che si lega alla precedente Se t’innamorerai. Due preghiere contro ogni conflitto: “Chi non ha amato mai sceglie la guerra” e “niente più rabbia, niente più pretesti alla violenza. È tempo che si risvegli la coscienza”.













