È la primavera del 2000. Gli Oasis hanno pubblicato da pochi mesi Standing on the Shoulder of Giants e sono nel bel mezzo di un tour europeo. Le cose, però, non vanno molto bene all’interno della band che è costretta a cancellare una data a Barcellona per una tendinite del batterista Alan White. Per ammazzare i tempi scelgono di buttarsi sull’alcol e un commento sbagliato di Liam fa infuriare Noel che decide di abbandonare il gruppo.
Gli Oasis si trovano a un bivio: continuare il tour o chiudere baracca. Al contrario di quanto accadrà nel 2009, si sceglie di tirare avanti. Nella band entra Matt Deighton alla chitarra. Gli Oasis hanno qualche giorno libero prima della data al Forum di Assago e devono far integrare Deighton in fretta. Come fare? Il management decide di portare la band a Milano per una settimana di prove serrate.
La storia passa così in mano a Fabrizio Rioda, chitarrista dei Ritmo Tribale nonché proprietario di Jungle Sound (se volete saperne la storia vi consigliamo Milano sogna, il vodcast che racconta il Jungle Sound e la scena rock milanese anni ’90), storico studio di registrazione e sala prove a Milano sud dove gli Oasis cercando di rimettersi in piedi dopo la burrascosa separazione.
Se vi aspettate una band di maleducati sull’orlo di una crisi di nervi, cadete male. Quegli Oasis sono, nelle parole di Rioda, «musicisti educati e gentili», pronti a scherzare anche in un momento così delicato.
È la primavera del 2000 quando mi arriva la telefonata di un promoter italiano che mi chiede una sala grande per le prove di una band straniera. Per noi non è nulla di anormale, quell’anno avevamo già ospitato Robert Plant, Little Steven, Boy George e dio sa chi altri, di stranieri.
Al telefono ci chiedono grande riservatezza e, soprattutto, di prestare attenzione che non si avvicinassero stampa e fotografi. La band in questione sono proprio loro, gli Oasis.
Dopo una serie di diverbi, Noel Gallagher aveva abbandonato il gruppo, facendo saltare alcune date del tour. Il 30 maggio di quell’anno era previsto un concerto al Forum e i biglietti erano andati a ruba. Il management della band non aveva alcuna intenzione di interrompere un tour vincente come quello in supporto a Standing on the Shoulder of Giants, e così alla chitarra era stato inserito Matt Deighton. Le prove per quella data avvengono così nella sala E del Jungle Sound di Milano, con il supporto di fonici e tecnici guidati da Alfredo Cappello.
La band, per quanto se ne dica, è in realtà assolutamente piacevole: sono musicisti educati e gentili. Gioca probabilmente il fatto che non si aspettano di trovare in Italia uno spazio attrezzato e professionale (l’Italia era ancora un posto strano per una parte di stampa e operatori esteri). È Liam in persona a chiedermi stupito come mai avessi deciso di creare una struttura del genere a Milano, anziché in città come Londra…
Gli Oasis trascorrono le pause stravaccati sui flight-case impilati accanto all’ingresso del Jungle. A pensarci oggi ricordo i sorrisi degli altri frequentatori della struttura a vederli lì, perfettamente a proprio agio, a giocare con una pallina.
E di questa val la pena di parlare perché è una delle prime richieste da parte di Liam: una pallina da tennis. Il receptionist di turno gliene recupera una. La motivazione della richiesta è presto detta: sfruttarla come antistress lanciandola contro le pareti. Alla fine di quei giorni di prove, Liam disegnerà una faccina sulla palla, la autograferà per poi regalarcela. Dev’essere ancora da qualche parte…
Altro aneddoto: un pomeriggio Liam prende una sedia e si improvvisa receptionist. Divertente ricordare come alcuni dei frequentatori dello studio non lo riconoscono.
Un altro giorno, a metà pomeriggio, chiedono l’assistenza di un fonico, al quale esprimono il desiderio di una pepperoni pizza. Sono le 16. A quei tempi a Milano non c’è ancora il numero incredibile di pizzerie che c’è oggi e trovarne una aperta a quell’ora non è facile. I fantastici problem solvers del Jungle sanno risolvere ogni situazione e la pizza viene trovata nel giro di poco.
Impariamo in fretta che la pepperoni pizza non è una pizza ai peperoni, ma una comune diavola con salame piccante. Quella volta, però, il deluso Liam e gli Oasis si sono accontentati di una normalissima pizza coi peperoni. Quelli veri.