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Quando Alanis Morissette era una Angry White Female

La storia di copertina che 30 anni fa ha consacrato il successo della cantautrice di ‘Jagged Little Pill’. Era una pop star come tante. Nel giro di pochi mesi è diventata una delle voci più influenti degli anni ’90

Foto: Mick Hutson/Redferns/Getty

Una dritta per la generazione che ha bisogno di dritte: se vuoi essere fan di qualcuno, almeno impara che ha aspetto ha. Siamo fuori dal Mercury Cafe Brewhouse di Denver dove Alanis Morissette sta per esibirsi e un ragazzo disperato la avvicina nella speranza di comprare un biglietto, senza sapere che sta parlando con la star della serata. Mancano poche ore all’inizio dello show e una ressa di fan rimasti senza biglietto – un mix di ragazze toste, secchioni e coppie fighette – s’è radunata fuori dal locale per comprarli dai bagarini.

I fan di Morissette che si identificano con le sue canzoni sincere e sentite l’hanno consacrata diva rock della Generazione X, eppure non sarebbero in grado di riconoscerla in un confronto all’americana. Non è tutta colpa loro: il videoclip dell’inno definitivo delle rotture sentimentali You Oughta Know è girato in modo così strano da rendere la protagonista sì un’icona di MTV, ma difficilmente riconoscibile. Allo stesso modo, la foto di Morissette sulla copertina dell’album Jagged Little Pill è piuttosto sfocata.

«Mi dicono spesso che non somiglio alle mie canzoni», dice lei. «Si aspettano che abbia i capelli viola, un piercing al naso e alle tette. Poi m’incontrano e io sono semplicemente… me stessa». Me stessa è una giovane donna minuta ma formosa che si trucca pochissimo. «Spiace deludervi, ma non sono una ragazza sexy con la scollatura. Ci ho provato in passato, ma non fa per me».

Quel che fa per lei è oggetto di dibattiti accesi online e ovunque gli appassionati di musica si incontrino e lo è da quando You Oughta Know ha iniziato a dominare le classifiche radiofoniche dedicate al rock contemporaneo. È stata definita in qualunque modo, da geniale a ingenua e tutto quel che c’è nel mezzo. Forse i detrattori sono infastiditi dal fatto che il pubblico ha scelto di rendere una star lei e non la cocca dei critici Liz Phair. In ogni caso, la maggioranza si è espressa aprendo il portafoglio. Volete sapere quanto è sexy Morissette? L’altro giorno ha ricevuto una lettera traboccante d’amore dall’altra reginetta della cultura pop del 1995, Alicia Silverstone.

In Right Through You Morissette canta: “Ora che sono Miss Thing / Ora che sono miliardaria”. L’ha scritta quand’era al verde e dormiva sui divani degli amici a Los Angeles, ma oggi il testo della canzone sembra una profezia che si è avverata. «In un certo senso, credo di essere Miss Thing, la ragazza del momento», dice scuotendo la testa. «Quando la canto rido perché è tutto molto ironico. Quando ho scritto quelle parole ero lontanissima dall’esserlo». Non che se ne lamenti: a differenza di alcuni suoi contemporanei, Morissette è entusiasta del successo che ha: «L’ho cercato io».

Visto che alla realizzazione di Jagged Little Pill ha collaborato Glen Ballard, un autore di successo e produttore pop noto per il lavoro con le Wilson Phillips, tra gli altri, i detrattori la considerano un’artista creata a tavolino. Nel locale di Denver, invece, nessuno dubita dell’autenticità di Morissette. Dal momento in cui inizia a cantare All I Really Want con un accompagnamento furioso di armonica, è ovvio che una buona percentuale di questo pubblico foltissimo non solo ha a cuore queste canzoni, ma le conosce a memoria anche se l’album, al momento del concerto, è uscito da appena cinque settimane. I racconti senza censure di Morissette sui suoi tormenti psicosessuali di ex ragazza cattolica sono diventati per molti fonte d’ispirazione. Come dice in Forgiven, “Ho cantato l’alleluia nel coro / Ho confessato le mie azioni peggiori a un uomo invidioso / I miei fratelli non sono mai diventati ciechi per quello che hanno fatto / Ma io avrei potuto / Nel nome del Padre, dello scettico e del Figlio / Avevo un’altra stupida domanda”.

«La reazione del pubblico è stata incredibile, molto sincera», dice Morissette. «È confortante sapere che non sono l’unica ad aver vissuto cose del genere, ma è un po’ inquietante il fatto che, a quanto pare, c’è un sacco di gente là fuori che ha fatto esperienze dolorose. È una sensazione dolceamara. Le reazioni sono state decisamente intense». A volte talmente tanto da turbare la stessa Morissette. «Quando abbiamo suonato a Minneapolis è partito il pogo. Sbaglio o questa non è musica da pogo?».

Cantando con convinzione e scuotendo la lunga chioma sul palco, Morissette fa impazzire il pubblico di Denver. Alcuni potrebbero trovare troppo impostata la sua voce, che a volte ricorda quelle di Sinéad O’Connor e di Kate Bush, ma è una delle cantanti più dotate in campo rock. Come Adam Duritz dei Counting Crows e Dolores O’Riordan dei Cranberries, è una voce coraggiosa, disposta a spingersi a un livello emotivo appena al di sotto dell’eccesso.

Morissette guida con sicurezza la band di quattro elementi (nessuno dei quali ha suonato in Jagged Little Pill) in versioni più libere ed esplosive dei brani dell’album. I suoi musicisti provengono da esperienze professionali diverse. Il chitarrista Jesse Tobias, ex membro dei Mother Tongue, ha fatto parte per un breve periodo dei Red Hot Chili Peppers prima di essere sostituito da Dave Navarro. Il chitarrista Nick Lashley e il batterista Taylor Hawkins hanno suonato insieme nei Sass Jordan. Poi c’è il bassista Chris Chaney, che in passato ha suonato con la star del soft pop degli anni ’80 Christopher Cross. In un set di 65 minuti, Morissette e i suoi suonano tutti i pezzi dell’album tranne Head Over Feet. Non fanno cover, ma hanno comunque preparato una versione ska di Ob-La-Di, Ob-La-Da dei Beatles e (Keep Feeling) Fascination degli Human League.

Morissette entra in sintonia col pubblico in un modo che, se visto senza il cinismo che tanto va di moda, risulta commovente. La dinamica è più simile a una moderna terapia di gruppo in chiave rock che a un concerto, con lei nei panni di una sorta di Joni Mitchell ventenne accompagnata da una chitarra metallica. Nonostante abbia una canzone intitolata Ironic, è un’artista tutt’altro che ironica. «Grazie per la comprensione», dice sinceramente al pubblico prima di lanciarsi nel bis, Perfect, che parla delle pressioni che si affrontano in gioventù.

Secondo Madonna, proprietaria dell’etichetta Maverick per cui incide, Morissette sta gestendo bene queste pressioni: «Mi ricorda me quando ho iniziato: un po’ goffa, ma estremamente sicura di sé e schietta. C’è un senso di eccitazione e di euforia attorno a lei, come se tutto fosse possibile e non ci fossero limiti».

Chi ha diritto di cantare il blues postmoderno se non un’ex bambina prodigio canadese che ha visto sfumare la sua carriera prima dei 18 anni, una giovane suggestionabile che una volta ha aperto un concerto di Vanilla Ice?

È nata il 1° giugno 1974 a Ottawa. Il padre Alan, franco-canadese, era preside di una scuola superiore, la madre Georgia, di origini ungheresi, era insegnante. Li descrive come «persone libere e curiose». La famiglia si spostava spesso quando lei era piccola, dato che i genitori passavano da una scuola all’altra, insegnando ai figli del personale dell’esercito. Dai 3 ai 6 anni ha vissuto nell’ex Germania Ovest con i genitori, il fratello maggiore Chad e il gemello Wade, prima di tornare in Canada.

In lei è scattata presto la spinta a esibirsi. A 6 anni ha iniziato a suonare il pianoforte, a 9 ha scritto le prime canzoni. A decollare prima è stata perà la carriera da attrice. A 10 anni ha fatto il botto nella serie televisiva per bambini del canale via cavo Nickelodeon You Can’t Do That on Television. «Era un programma divertente, stupido e sarcastico», racconta. «Molto irritante e ironico». Di recente MTV News ha mandato in onda un video in cui una Morissette giovanissima e quasi irriconoscibile veniva ricoperta di melma dai colleghi del programma. All’epoca, anche le spettatrici gelose avrebbero voluto ricoprirla di melma. «Ho ricevuto lettere minatorie perché interpretavo la fidanzata dei due protagonisti dello show, quindi rappresentavo una minaccia per loro che volevano conquistare questi ragazzi. Non è stato piacevole». Ha poi continuato a recitare in altri lavori, tra cui un film «orribile» in cui interpretava una cantante rock di nome Alanis, mentre il futuro protagonista di Friends Matt LeBlanc faceva il suo fidanzato. «La musica, però, è sempre stata la mia priorità».

A 10 anni, ha investito parte dei guadagni ottenuti con la recitazione per incidere un singolo indipendente intitolato Fate Stay With Me. A 14, ha firmato un contratto discografico che ha portato all’uscita di due album con la MCA/Canada. E così, nell’anno in cui i Nirvana hanno dato alla luce Nevermind, la sedicenne Morissette ha pubblicato il suo primo album di dance pop vagamente in stile Madonna. Si faceva chiamare semplicemente Alanis. Dice che i  genitori non l’hanno mai spinta a entrare nel mondo dello spettacolo. Tuttavia, aggiunge, «non credo esista una famiglia perfetta. Amo i miei, mi butterei sotto un camion per loro, ma indipendentemente dalla famiglia in cui vivi, ci saranno sempre degli ostacoli, e mentirei se dicessi che non ce n’erano». Alla domanda se i suoi genitori l’abbiano spinta a ricercare la perfezione, risponde semplicemente che «volevo solo fare tutto il necessario per ottenere l’approvazione dei miei e delle persone con cui lavoravo».

I primi dischi di Morissette sono piuttosto generici. La voce era già potente, ma l’unica qualità che accomuna i primi album al materiale attuale è un sano senso di desiderio adolescenziale. “Sei solo uno da una botta e via / Ma dal momento in cui sono entrata nella tua vita / Ho capito subito che per te era una cosa seria”, canta in Party Boy, dall’album del 1991 Alanis. Le cose prendono una piega più cupa in Big Bad Love, dal successivo Now Is the Time del 1992: “Di notte sogno te, baby”, canta, “e Sigmund Freud avrebbe pensato che fossi pazza”.

«No, non ho paura che la gente ascolti quei dischi», dice oggi. «Non ho mica posato per Playboy, non ho nulla di cui pentirmi. Forse ora tutti capiranno un po’ meglio i miei testi, sentendo quegli album. Rappresentano qualcosa che conferma la validità di questo disco».

Alanis ha venduto più di 100 mila copie in Canada e ha fatto vincere a Morissette un Juno Award come artista femminile più promettente, mentre Now Is the Time ha venduto oltre 50 mila copie. Non rinnega ciò che ha fatto prima, ma considera Jagged Little Pill il suo vero debutto. «In parte non rappresentavano quella che ero davvero all’epoca», dice dei suoi primi due album, «perché non ero pronta ad aprirmi. Il mio obiettivo era intrattenere la gente, non condividere ciò che avevo capito. Non ero pronta a farlo».

Come intuibile dall’ascolto di Forgiven da Jagged Little Pill, alcune delle rivelazioni avute da Morissette riguardavano la sessualità e la spiritualità. Da bambina andava in chiesa ogni domenica e frequentava una scuola cattolica. «Poi ho avuto un rifiuto verso l’idea di religione organizzata ed è ancora così. Ma adesso, quando sono sul palco, vivo un’esperienza molto spirituale. Mi sento vicina a Dio quando sono là sopra». Parte del suo problema con la Chiesa cattolica romana è la repressione sessuale. In You Oughta Know si descrive come perversa. Oggi si definisce semplicemente «una persona molto sessuale». «Da giovane ero sessualmente attiva. C’era una parte di me che era folle e deviata, che faceva cose in anticipo sui tempi, e un’altra parte che era molto repressa, che voleva rimanere vergine per essere una brava ragazza cattolica bianca».

Queste contraddizioni hanno portato Morissette, in costante ricerca del successo, ad alcuni episodi che lei definisce «esaurimenti nervosi». «Ne ho avuti alcuni, è tutto legato all’approccio passivo-aggressivo. Da quando avevo 10 anni, ho lavorato con tutte queste persone che cercavano di controllarmi e di dirmi come pensavano che dovessi essere e come dovessi apparire. Io cercavo di censurarmi per essere ciò che loro volevano». Dice che le droghe non sono mai state un problema per lei «perché se avessi iniziato a drogarmi avrebbe significato che non ero perfetta».

Nel tentativo di avere migliori risultati a livello musicale e, forse, anche di crescere un po’, Morissette si è trasferita a Toronto dopo avere preso il diploma di liceo a 17 anni. «L’idea era quella di lasciarla vivere da sola, così che capisse cos’era la vita», dice Scott Welch, che è diventato il suo manager in quel periodo. Lei definisce quei anni «due dei più formativi della mia vita». Dal punto di vista creativo, però, ha cercato il partner musicale giusto, ma senza successo.

Alla fine, ha trovato la propria libertà di espressione artistica in un luogo davvero inaspettato: Los Angeles. «È stato una specie di battesimo del fuoco. Appena arrivata, sono stata minacciata con una pistola a Hollywood. Ma, nonostante tutti gli aspetti negativi, ero come canto in Hand in My Pocket: al verde, ma felice».

Dal punto di vista professionale, Morissette ha avuto una decina di brutti «appuntamenti al buio» con vari autori professionisti e nel frattempo ha «capito solo quel che non volevo fare». Le cose sono cambiate nel febbraio del 1994, quando ha bussato alla porta di Glen Ballard. Un tempo protetto di Quincy Jones, Ballard è co-autore di Man in the Mirror di Michael Jackson e ha lavorato con tutti, da Evelyn “Champagne” King a David Hasselhoff. Com’è noto, i due sono andati subito d’accordo. Entrambi avevano già battuto la strada commerciale più sicura e desideravano provare qualcosa di più avventuroso. «Glen aveva un certo passato, proprio come me, e quando ci siamo incontrati abbiamo subito legato. Abbiamo semplicemente ricominciato da zero».

«Ciò che mi ha colpito di Alanis è stata l’incredibile padronanza di sé», dice Ballard. «Abbiamo subito legato e ho pensato: davvero ha solo 19 anni? Era intelligentissima e pronta a correre il rischio di fare qualcosa che, forse, non avrebbe avuto alcun riscontro commerciale. Anche se c’erano dei dubbi su ciò che voleva fare musicalmente, sapeva cosa non voleva fare, ovvero tutto ciò che non era autentico e non veniva dal cuore».

Morissette nel 1995. Foto: Al Seib/Los Angeles Times via Getty Images

Sentendosi al sicuro nell’ambiente accogliente dello studio di Ballard, Morissette si è sbloccata. «È stata l’esperienza più spirituale che entrambi abbiamo mai avuto con la musica. Tutto è stato molto rapido e fluido, come un flusso di coscienza. Il disco è la mia storia. Penso all’album come a un percorso attraverso le varie sfaccettature della mia personalità, una delle quali è la sessualità. Decontestualizzare You Oughta Know equivale a travisare la storia. Questo non è affatto solo un disco rabbioso a livello sessuale. Quella canzone non è stata scritta per vendetta, ma per liberarmi. In realtà sono una persona piuttosto razionale e calma».

Nonostante la giovane età, Morissette dice che le canzoni di Jagged Little Pill sono ispirate da numerose relazioni. «Sì, ho incontrato molte persone e fatto tante cose», dice con tono pragmatico. Il titolo dell’album viene da un verso di You Learn, che per Morissette esprime l’idea che «tante volte, quando devi affrontare qualcosa di doloroso, non ti rendi conto che c’è una lezione da imparare. Molto di ciò che ho scritto riguarda momenti difficili che mi hanno resa una persona migliore».

In gran parte, Jagged Little Pill è stato registrato in studio solo da Morissette e il polistrumentista Ballard. Lei ha scritto tutti i testi e ha elaborato le idee musicali con lui. Solo in un secondo momento alcuni degli altri musicisti (il tastierista Benmont Tench e Flea e Dave Navarro dei Red Hot Chili Peppers) hanno aggiunto delle sovraincisioni. «Letteralmente, scrivevamo e registravamo una canzone al giorno», racconta Ballard. «È stato fondamentale per catturare il momento».

Convinto che stessero creando qualcosa di speciale, Ballard ha inviato una cassetta con alcuni brani a un amico della Atlantic. Anche se non è mai partita una vera e propria gara di offerte, un paio di etichette hanno manifestato il loro interesse. «È stato difficile per me», racconta Morissette. «Da quando avevo 14 anni, ho passato molto tempo con persone concentrate su tutto tranne che sulla musica. Per me non era una questione di soldi o di ricevere complimenti. Ho incontrato gente che mi diceva: “Perché non cambi questo testo, così i ragazzi lo apprezzeranno di più?”. E io rispondevo: “Non l’ho scritto per loro, l’ho scritto per me”».

Alla fine Morissette ha trovato una nuova casa discografica poco dopo che lei e Ballard hanno incontrato Guy Oseary, dirigente A&R della Maverick, che ha ascoltato You Oughta Know e Perfect e ha immediatamente avvisato i suoi colleghi Freddy DeMann e Abbey Konowitch. Dopo aver visto Morissette cantare alcune canzoni dal vivo nello studio di Ballard, Oseary l’ha messa sotto contratto alla fine dello scorso anno.

Alla domanda su cosa inizialmente l’abbia colpita della musica di Morissette, Madonna risponde: «La sua onestà, il suo dolore, la sua speranza». Morissette ricambia il complimento: «Rispetto molto Madonna. Rispetto la sua forza e la sua resilienza in un ambiente folle. Ricordo ancora di averla vista in un’intervista, quand’ero più giovane, mentre parlava di libertà in un momento in cui stavo facendo i conti con la mia sessualità. Ed è un’ottima amministratrice delegata».

Jagged Little Pill è uscito lo scorso giugno e l’influente stazione radio alternativa KROQ di Los Angeles l’ha subito messo in rotazione. «Credo che siamo diventati tutti insensibili e se un disco inizia a suscitare reazioni tutti pensano che sia solo hype», dice Welch, il manager di Morissette. «Speravamo di vendere 250 mila o magari 300 mila copie entro la fine dell’anno e costruire una base. Guardate cosa è successo».

È successo che Jagged Little Pill è ora doppio disco di platino e non mostra segni di rallentamento. Ovviamente il pubblico che acquista musica apprezza decisamente la nuova Morissette, ormai adulta. Ma, cosa ancora più importante, che ne pensano i suoi genitori? «Sono felici perché sanno bene quello che ho passato e sono contenti che mi sia liberata di tutti quei pesi», dice Morissette con un sorriso. «Quando ha ascoltato il disco, mio padre mi ha chiamato e mi ha detto: “Stai esprimendo molte emozioni, è una cosa positiva”. Io ho riso e ho risposto: “Sì, per dirla in parole povere”».

Durante un pranzo a New York, qualche settimana dopo, Morissette dice di essere di nuovo pronta a recitare un po’. Interpretare un personaggio la farebbe sentire meno vulnerabile. «Cantare ogni sera mi costa molta energia visto che so che c’è gente che ascolta cose che non avrei mai pensato di poter condividere con una sola persona, figuriamoci con tutti».

Mentre parla, sono in corso gli ultimi preparativi per uno dei giorni più importanti della sua vita. Ieri sera è crollata per la stanchezza dopo un importante concerto a New York che ha rischiato di dovere cancellare a poche ore dall’inizio. Nel pomeriggio registrerà il Late Show With David Letterman per poi correre al concerto serale a Philadelphia. Domani ci sarà lo shooting del video per il secondo singolo del disco Hand in My Pocket. E poi ci sono gli MTV Video Music Awards. Ma mentre chiacchiera in un ristorante biologico di Manhattan, la bohémienne, come ama definirsi, sembra la persona più calma di tutta la Top 10.

Le offerte per tour, colonne sonore e film fioccano. «Devo solo assicurarmi di fare le cose per le giuste ragioni», dichiara con enfasi. «Devo sempre ricordare ciò che mi ha portato qui, ovvero l’onestà. Se smetto di essere onesta, mancherò di rispetto a quello che mi ha fatta arrivare fin qui».

Ha già capito che non vuole più rilasciare interviste radiofoniche piene di allusioni come quella a Loveline di KROQ, un programma che parla di sesso, in cui gli ascoltatori possono chiamare in diretta. «Lo devo a me stessa, a Glen e a questo album, per non sminuirlo. Le battute su di me che porto i ragazzi al cinema non sono divertenti» (ma non le manca certo il senso dell’umorismo riguardo alla sua immagine di ragazza incazzata: uno degli slogan sulle magliette del suo nuovo tour è “Intellectual Intercourse”).

Secondo Morissette, mantenere integro lo spirito dell’album era anche uno degli obiettivi che aveva durante la ricerca dei membri della band. «Abbiamo fatto audizioni a 50 persone solo grazie al passaparola. L’idea non era solo avere ottimi musicisti, ma anche di evitare persone che avevano fatto troppi tour e passavano il tempo ad alzare gli occhi al cielo. Come puoi vedere, sono stata molto fortunata».

Tra viaggi su un furgone strapieno e soste in hotel economici le persone in tour per Jagged Little Pill hanno condiviso un’esperienza grungy. Parte dell’idea della tournée, organizzata prima che l’album decollasse, era quella di dare loro la possibilità di diventare un gruppo affiatato, cosa che è effettivamente avvenuta. L’unica cosa che manca alla band è un nome, anche se Morissette riferisce che i ragazzi stanno spingendo per Sexual Chocolate.

Per mantenere la sanità mentale durante il tour, Morissette legge, medita e fa esercizio fisico. Dal punto di vista sociale, «semplicemente sono uscita con un sacco di persone, recuperando il tempo perduto». Più castamente, ha preso l’abitudine di dare lo smalto alle unghie di molti degli uomini che incontra. Ha iniziato coi suoi compagni di band e poi è passata ad altri, compresi i membri dei Better Than Ezra. «È una buona scusa per convincere un ragazzo a metterti la mano sul ginocchio».

Intanto la Morissette-mania si diffonde in tutto il mondo, persino in Canada, uno dei Paesi più refrattari. A quanto pare, alcuni dei suoi vecchi fan subito hanno avuto difficoltà ad accettare il modo in cui è cresciuta sotto gli occhi di tutti. «Per ovvie ragioni, in Canada sono un po’ più diffidenti. Diverse interviste che ho rilasciato si sono trasformate in battibecchi. Mi dicevano che i miei dischi facevano schifo e che quello che sto facendo ora è finto. Se tutto fosse così calcolato, sarei intelligentissima. Non sopravvalutatemi».

A parte gli scontri con la stampa nel suo Paese natale, Morissette non ha riscontrato molto cinismo. Non ha sentito nessuno definirla una poseur, un surrogato prefabbricato delle riot grrrl? «No, non l’ho sentito dire, bastardo», risponde ridendo. Dice anche di essere stata troppo impegnata col tour per notare che la criticavano per la mancanza di ironia. «Sono piuttosto isolata in questo periodo, il che probabilmente è un bene. Non guardo la tv, non ascolto la radio, non vado su Internet e non leggo i giornali». Pensa che i critici dimenticheranno il suo passato da diva pop ed è incoraggiata sia dalla capacità di Tori Amos di lasciarsi alle spalle i suoi giorni da popstar metallica con gli Y Kant Tori Read, sia dall’evoluzione artistica di George Michael post Wham!. In effetti, lei potrebbe essere la più grande fan di Listen Without Prejudice Vol. 1, dopo lo stesso Michael.

Dato che il lavoro di Morissette è autobiografico, pensa di dover sopportare altre relazioni sentimentali disastrate e altre miserie prima di poter scrivere un altro album così potente? «Penso che sia inevitabile attraversare momenti difficili e disastrosi. Se sei vivo, succede, quindi non mi preoccupo».

La performance di You Oughta Know al Letterman va bene. Morissette canta il testo senza censure, sapendo bene che verrà bippato in seguito perché in tv non può passare. Mentre esce in fretta dallo studio, incontra il suo connazionale canadese Paul Shaffer. «Ottima esibizione», le dice calorosamente il leader della band del programma. «Ancora più sentita della versione dell’album».

La mattina dopo, tornata dal concerto a Philadelphia, Morissette e i Sexual Chocolate si ritrovano nella hall dell’hotel e partono alla volta di Brooklyn per le riprese del video di Hand in My Pocket. Durante il tragitto, gli altri membri della band danno un’occhiata alle recensioni del concerto di New York pubblicate su due quotidiani. Il New York Times è estremamente rispettoso, il Daily News è spietato. “Fa sempre la solita roba” è il titolo del News. L’articolo definisce Morissette “l’ultima e più trasparente testimonial pop della rabbia femminile”.
«Meglio non leggerlo», le dice Lashley.
«Non voglio leggere nessuno dei due», ribatte lei prima di offrirsi di dipingere di nero le unghie del chitarrista.

All’arrivo sul set, Morissette è entusiasta di vedere che l’idea che ha elaborato nelle ultime settimane con il regista Mark Kohr, noto per il lavoro con i Green Day, ha preso vita. Un intero isolato di Brooklyn è stato trasformato nel percorso di una parata colorata in stile felliniano. Un cast eclettico di personaggi, tra cui punk che vanno in skate e poliziotti a cavallo, conferisce alla scena un’atmosfera piacevolmente surreale. La Cadillac che Morissette guiderà la sta aspettando. Nel frattempo, la gente del posto sta cercando di capire che diavolo sta succedendo. «Penso che sia un gruppo straniero», dice un’anziana signora in piedi davanti al negozio di animali All for Paws.

I membri della band appariranno solo nei panni di spettatori annoiati che assistono alla parata. Morissette, invece, affronterà per una giornata intera di riprese che terminerà con un temporale artificiale. In un momento di pausa, tutti si siedono in una roulotte e guardano la replica dell’esibizione al Letterman Show. All’improvviso qualcuno bussa alla porta. Una poliziotta di New York ha notato Morissette e le chiede un autografo proprio sulla recensione del Daily News. “Non credere a tutto ciò che leggi”, scrive lei.

Poco dopo, terminate le riprese, il resto della band decide di tornare in hotel. Finalmente sola, Morissette si rilassa e aspetta tranquillamente che la pioggia rovini la sua parata.

Da Rolling Stone US.

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