Ora i Green Day sono ufficialmente supereroi hollywoodiani | Rolling Stone Italia
«Come sulle palle del toro di Milano»

Ora i Green Day sono ufficialmente supereroi hollywoodiani

Fotoracconto della cerimonia in cui i tre hanno scoperto la loro stella sulla Walk of Fame (vera, non di quelle a pagamento). Feat: Ryan “Deadpool” Reynolds. Missing in action: la superfan Serena Williams

Ora i Green Day sono ufficialmente supereroi hollywoodiani

I Green Day scoprono la stella sulla Walk of Fame

Foto: Enzo Mazzeo

«Come molti di voi sanno, io sono il volto moderno del punk», dice Ryan Reynolds quando sale sul podio dove, qualche minuto più tardi, i Green Day accetteranno una delle più importanti onorificenze di Hollywood, una stella sulla Walk of Fame.

Effettivamente, che c’azzecca Ryan Reynolds con i Green Day? L’attore di Deadpool se la cava con un paio di battute, tipo «il nostro è un rapporto di lunghissima data, essendo Green Day l’unico figlio di Doris Day». Nessuno ride, ovviamente. Poi, però, ci rivela un aneddoto che svela l’arcano: «Nel 2023 ero a Londra, lavoravo a Deadpool & Wolverine e mi trovavo in un bar durante una pausa dalle riprese. Stavo pensando ai titoli di coda e chi mi conosce sa quanto io ci tenga ad avere le canzoni giuste per i film che produco o che scrivo. Proprio in quel momento al bar hanno passato Good Riddance, un brano pieno di feeling che ho sempre adorato. Ho notato che le persone intorno a me hanno cambiato atteggiamento ascoltandolo. Ho deciso che quello era il brano che serviva al film perché avrebbe dato agli spettatori un senso di appartenenza che troppo spesso al giorno d’oggi si mette in secondo piano».

Ryan Reynolds soddisfatto della battuta su Doris Day. Foto: Enzo Mazzeo

Tré Cool e moglie, Ryan Reynolds, Rob Cavallo. Foto: Enzo Mazzeo

Billie Joe Armstrong. Foto: Enzo Mazzeo

I Green Day sono stati effettivamente capaci di mettere d’accordo tutti, gente di ogni età e credo musicale. Alla cerimonia in cui ci troviamo avrebbe dovuto presenziare la star del tennis Serena Williams, afroamericana cresciuta a Compton, culla dell’hip hop californiano. In barba ai cliché, il suo amore per i Green Day è ben documentato. È stata avvistata più volte ai loro concerti, ha postato video sui social, li ha anche introdotti sul palco alla festa pre-Grammy di Clive Davis, con una dichiarazione altisonante: «Sono la mia band preferita di tutti i tempi».

A proposito di hip hop, anche Flavor Flav dei Public Enemy assiste alla cerimonia con l’entusiasmo di un bambino, scatta selfie con i membri della band, applaude e urla come un matto. A riportare un po’ di compostezza ci pensa Rob Cavallo, produttore di album come Dookie e American Idiot, tra gli altri. «Dookie era il secondo album che producevo» dice «e per loro era la prima volta in un grande studio. Sono rimasto folgorato dalla loro professionalità e determinazione. Billie Joe ha registrato tutte le sue parti di chitarra e voce in soli cinque giorni».

Dookie è stato registrato nel 1993 ed è uscito l’anno dopo. In quel periodo dominava il grunge. «Alcuni importanti rappresentanti dell’industria musicale mi chiedevano perché volevo lavorare con una band punk, un genere che non aveva mai venduto molto. Peccato che qualche mese dopo Dookie era doppio disco di diamante, insieme a gente come Led Zeppelin e AC/DC».

«Ci sembra di essere al nostro funerale». Il discorso dei Green Day. Foto: Enzo Mazzeo

«Quack!». Tré Cool e moglie. Foto: Enzo Mazzeo

«Guarda, siamo noi!». Appena scoperta la stella. Foto: Enzo Mazzeo

Billie Joe Armstrong, Mike Dirnt e Tré Cool sono visibilmente emozionati, così come lo sono amici e parenti che li circondano, mentre assistono a un evento che nessuno avrebbe potuto prevedere quando, nel 1987, i Green Day si sono formati negli ambienti punk della Bay Area. «In un certo senso ci sembra di essere al nostro funerale», dice Billie Joe, alludendo alla scarsa propensione della band per i cerimoniali.

Mike Dirnt è il più loquace dei tre, ha avuto un passato difficile e per lui il gruppo è stato anche un mezzo per riscattarsi. «Mia madre mi diceva che sarei potuto diventare quello che volevo, perché non avevo niente da perdere». Poi si rivolge a un’altra madre, quella novantatreenne di Billie Joe, seduta lì davanti: «Grazie Ollie per averci dato una cantina in cui suonare e a me un letto su cui dormire».

Billie Joe e la moglie Adrienne. Foto: Enzo Mazzeo

I Green Day sulla stella. Foto: Enzo Mazzeo

La band al completo. Foto: Enzo Mazzeo

Dopo le parole, le foto di rito. Mike si posiziona sulla stella e si mette a roteare su un tallone. «Come sulle palle del toro di Milano», dice rivolgendosi ai presenti. A occhio e croce, nessuno capisce. Lo ripete un paio di volte: «Le palle del toro nella Galleria di Milano, avete presente?». Niente. Quando la cerimonia finisce mi avvicino ai membri della band per un saluto e dico a Mike che abitavo a Milano. «Ah, allora la storia delle palle del toro tu la capisci». «Ma certamente», gli dico. E mi dà una pacca sulle spalle. Anche questi sono i Green Day.