‘Now and Then’ è una canzone-Frankenstein, ma sono comunque i Beatles | Rolling Stone Italia
Il p.s. di Paul, John, George e Ringo

‘Now and Then’ è una canzone-Frankenstein, ma sono comunque i Beatles

È uscita. Demo di Lennon del 1977, prime aggiunte del 1995, ultime del 2022, armonie vocali recuperate dal 1966-69. Eppure è un pezzo dei Fab Four ed è un miracolo che non venga schiacciato dal peso delle aspettative. La domanda è: cosa succederà adesso?

‘Now and Then’ è una canzone-Frankenstein, ma sono comunque i Beatles

Beatles

Foto press

È uscita una nuova canzone dei Beatles. Sono parole che inizialmente generano sgomento. Come «oggi John Kennedy ha tenuto un discorso», «ecco Pelè che entra in campo», «Marilyn Monroe sarà alla prima del suo nuovo film».

Now and Then, ultima (e finale, dicono) canzone della rock band più importante di sempre, si tira dietro così tanti argomenti di discussione che è un miracolo che non ne esca schiacciata. Bisognerebbe provare a isolarla, usare qualche tecnologia proprio come quella usata da Peter Jackson per il suo lavoro su Get Back, utilizzata anche per recuperare la voce di John Lennon nel demo originario. E con essa, separare questo tenero ibrido di canzone dalle centinaia di implicazioni e aspettative che rischiano di appesantirne l’ascolto.
Ma presumibilmente, dovrà portare questo peso a lungo.

È una canzone all’altezza della leggenda dei Beatles?
In fin dei conti sì.
Sempre che sia veramente questa la domanda.

È una canzone struggente, il cui perno è un riff di quattro note molto malinconico ma non immediatamente riconducibile allo stile dei Beatles, e in un certo qual modo nemmeno a quello di Lennon da solo, anche se il nastro registrato nel Dakota Building (apparentemente nel 1977) è inequivocabile. Bridge e ritornello (detto in senso convenzionale) sono più leggeri, come a bilanciare la melodia portante. È un brano di Lennon che evoca, stranamente, certe cose fatte da Paul McCartney come solista – non che molta gente le abbia ascoltate. E anche alcune cose fatte da Jeff Lynne (produttore aggiunto del brano) con la Electric Light Orchestra.

Onestamente non sapremmo indicare un album dei Beatles in cui potrebbe trovarsi a suo agio, il che è anche un ulteriore attestato della capacità del gruppo di non fermarsi mai in una propria fase. Avrebbero potuto essere i Beatles nel 1977 o 1978.

Perché sicuramente è una canzone dei Beatles. Non è un brano concepito da un’intelligenza artificiale. Del resto una AI non avrebbe prodotto questo tipo di canzone: avrebbe casomai cercato di emulare gli elementi strutturali più riconoscibili della loro produzione. E in ogni caso, a parte gli archi arrangiati “in famiglia” col figlio di George Martin, Giles, non ci suona nessuno che non sia stato un Beatle. Per la precisione, queste sono le membra che compongono la canzone-Frankenstein:

Voce di John Lennon (1977, in casa sua a New York).
Voci di Paul McCartney e Ringo Starr (2022).
Armonie vocali di John Lennon, Paul McCartney, George Harrison (1966 e 1969: parti prese da Eleanor Rigby, Here There and Everywhere, Because).
Chitarre suonate da George Harrison (1995, nei primi tentativi di inciderla con McCartney e Ringo Starr).
Basso, chitarra, piano suonati da Paul McCartney (2022).
Batteria suonata da Ringo Starr (2022).
Archi suonati da musicisti di Los Angeles, su un arrangiamento di Giles Martin e Paul McCartney, per la direzione di Ben Foster (nome che potrebbe ricordare qualcosa a chi segue Peter Gabriel).

The Beatles - Now And Then (Official Audio)

E a questo punto possono partire le obiezioni, a loro modo tutte legittime. A loro modo tutte ridimensionabili. Non erano in studio tutti e quattro contemporaneamente? D’accordo, ma era già successo per altre canzoni che consideriamo dei Beatles. Per esempio, proprio Because, ultimo brano inciso con Lennon, che a sua volta fu reso possibile dalla tecnologia, quella disponibile nel 1969: nove parti vocali sovraincise in due sessioni diverse. Perché da decenni la tecnologia permette composizioni, performance e suoni “artificiali”, e i Beatles lo hanno praticamente sempre fatto.

Altra questione aperta: John Lennon avrebbe approvato? E chi lo sa. Manca ovviamente la prova provata. Ma se nel 1995 la voglia di tornare a suonare con gli altri aveva contagiato Harrison, forse persino più cauto dell’amico, non si può sentenziare che se si sarebbe certamente opposto. Quello che sappiamo è che sua moglie e suo figlio Sean hanno incoraggiato l’idea. Se Now and Then non è uscita con Free as a Bird e Real Love in seguito alla reunion della Beatles Anthology è solo perché – ha affermato Olivia Harrison – George dopo il primo approccio aveva convinto i compagni a rinunciare per l’impossibilità di ripulire completamente la voce di Lennon, isolandola del tutto dal pianoforte. La tecnologia dell’epoca non lo permetteva.

Ci si può ora chiedere: questa canzone è significativa? Nell’umile opinione di chi scrive, sì -–per vari motivi. Quelli personali dei Beatles vivi, che ovviamente includono la voglia di una last dance, di un ultimo saluto e omaggio a chi non c’è più (come ha ricordato Franco Zanetti su Rockol, «think about me every now and then, old friend» furono le ultime parole di Lennon a McCartney) e pure a se stessi, a quello che miracolosamente sono stati capaci di creare: «Sono stato incredibilmente fortunato ad aver incontrato queste persone», ha spiegato McCartney. E a noi viene da soggiungere: «Anche noi».

Ma è significativa per la musica in generale? O è un’operazione di nostalgia e marketing come tante? Beh, possono essere vere entrambe le cose, qui dipende dal gusto e dalle convinzioni personali. Per fortuna, gli addetti ai lavori si sono già fatti la maggior parte di queste domande per il ritorno (oh, coincidenza) dei Rolling Stones, quindi non infliggiamocele proprio tutte. Però una cosa è certa: se la musica che gira intorno fosse davvero così emozionante come vi diciamo un po’ istericamente noi addetti ai lavori, forse non ci gireremmo così spesso, troppo spesso indietro in cerca di ultimi bagliori di altre epoche (ma molte altre arti sono messe allo stesso modo, non è vero?). Peraltro, chi scrive non ha vissuto l’era dei Beatles, quindi che ci crediate o no, queste osservazioni non hanno a che fare con la nostalgia né col sentirsi a disagio in quest’epoca (però grazie per esservi preoccupati).

Quindi, per concludere, oggi abbiamo una canzone dei Beatles nel 2023. Sì, ci dicono che è l’ultima. Ma domani? Cosa ci porterà la tecnologia, di vecchio ma nuovo, di nuovo ma vecchio? Avremo nuovi e plausibili pezzi dei Doors, Queen, Nirvana, Lucio Battisti? E nel caso, quante domande ci faremo? La risposta è sempre, e comunque: tomorrow never knows.