Nils Lofgren e l’arte di fare i salti mortali sul palco | Rolling Stone Italia
Ah, anche ginnasta

Nils Lofgren e l’arte di fare i salti mortali sul palco

Trampolini elastici, lividi e rock’n’roll: il chitarrista della E Street Band racconta come si fanno i backflip con in mano una chitarra. Anche quando Bruce Springsteen ti guarda e dice di fronte a uno stadio: «Non ti è venuto bene, rifallo»

Nils Lofgren e l’arte di fare i salti mortali sul palco

Nils Lofgren

Foto: Jorgen Angel/Redferns

Nils Lofgren stava guardando la serata dei Grammy in tv quand’ha visto una scena famigliare: Benson Boone è zompato sul piano e ha fatto un gran salto. «Non me l’aspettavo, ma sono contento che ci sia qualcuno che porta avanti la tradizione».

Nella categoria delle mosse rock’n’roll, il salto mortale all’indietro merita un posto a parte. Difficile dire chi sia stato il primo a farlo. «Secondo me qualcuno nell’antichità, con in mano un liuto», scherza Lofgren, che ha perfezionato quell’acrobazia da palco prima con i Grin e poi nei concerti da solista e con la E Street Band di Bruce Springsteen. Il trucco: piazzare un trampolino elastico sul lato del palco, inclinato di 45 gradi, salirci sopra e fare una capriola continuando a suonare la chitarra. «Correvo, saltavo, facevo un salto mortale all’indietro e atterravo. Mi è sempre piaciuto coniugare rock e atletica».

In un certo senso, il backflip è stato per lui una stratagia di sopravvivenza. Racconta d’un concerto a inizio anni ’70 in cui apriva coi Grin per la J. Geils Band. Suonare prima di loro, e del loro frontman Peter Wolf, non era facile. «Non sapevo che cosa fare per non sfigurare nei confronti della loro energia».

Lofgren aveva imparato a fare il salto mortale all’indietro quando faceva ginnastica ai tempi della scuola superiore a Bethesda, Maryland. Farlo imbracciando la chitarra poteva essere una bella mossa da portare sul palco. Ha perciò contattato il vecchio insegnante di ginnastica, che era stato anche allenatore olimpico, e ha imparato come farlo senza mollare lo strumento. «Devi lanciare le braccia indietro con un movimento deciso e usare la parte superiore del corpo, ma è un casino se hai in mano una chitarra».

Quella sera «3000 ragazzi ubriachi ci fischiavano chiedendo ad alta voce la J. Geils Band e urlando che ci odiavano, per non dire delle bottiglie che ci tiravano contro e che finivano sulla batteria». Lofgren ha tirato fuori il suo trucco per l’ultima canzone, ma senza chitarra. Ha funzionato. Il promoter aveva pregato i Grin di non suonare più di mezz’ora. Quando sono scesi dal palco, ha chiesto loro di fare il bis, visto che la gente era impazzita per la mossa. I Grin sono tornati sul palco e dopo il bis Lofgren ha rifatto il salto, questa volta con la chitarra. «Siamo passati dalle bottiglie e le urla al divertimento sfrenato. È lo show business!».

Per i successivi 15 anni Lofgren si è prodotto nel backflip con la chitarra durante quasi tutti i concerti e lo ha messo pure nel video del singolo del 1983 Across the Tracks. «Ero fuori di testa all’epoca. Ero lì suonare rock’n’roll, a divertirmi e bere qualcosa tra un pezzo e l’altro, e poi… “oh, cazzo!”. Faceva un po’ paura, sì, ma ero giovane. Ogni tanto però cadevo male».

Lofgren è entrato nella E Street Band nel 1984. In una delle prime prove Springsteen ha tirato fuori la cosa del backflip. «M’ha detto: “Senti Nils, quella cosa del salto, non so se va bene usarla. Tu che dici?”. Gli ho detto che il capo era lui. E Bruce: “Quante volte cadi su 100 salti?”. “Mmm, direi una volta, ma non mi faccio male. Se dovesse succedere, striscerò sul culo fino al lato del palco”. E lui: “Allora facciamolo”».

Il salto durante il tour di Born in the U.S.A. ha aiutato Lofgren a portare sul palco un personaggio diverso da quello di Steve Van Zandt, che aveva sostituito nella band. «Una sera inciampo, ma riesco a cadere sulle mani. Mi giro e c’è Bruce che scuote la testa e ridendo di me dice al microfono: “Non ti è venuto bene, rifallo!”. Lo guardo e penso: che cazzo, Bruce, non siamo il Cirque du Soleil, che ti passa per la testa? Ma quando il bandleader dice “rifallo”, tu lo rifai. E atterro sulle ginocchia e sulle mani, riuscendo a malapena a fare il giro».

E non era finita. «Comincio a essere pieno di lividi e Bruce è pronto per chiudere la cosa. E invece io, da vero idiota, salto in piedi e davanti al pubblico alzo il ditino, tipo: “Eh no, visto che hai iniziato, ora lo devo fare per bene”. Lo faccio per la terza volta e atterro di pancia, sfiorando le assi del palco con la testa. Mi sono quasi rotto il collo e sono letteralmente atterrato a faccia in giù sulla chitarra. A quel punto sento Bruce che dice: “Fanculo!”. Mi rialzo pieno di vergogna e imbarazzo. Ma se non altro non mi sono rotto l’osso del collo».

È stato dopo quel primo tour con la E Street Band, quando ormai s’avvicinava ai 40 anni d’età, che Lofgren ha deciso di smettere. «Mi è stato utile per una sacco di tempo, ma alla fine ho deciso che ero abbastanza bravo da limitarmi a cantare e suonare».

Ha continuato a giocare a basket su campetti in cemento e a saltare dalla pedana della batteria di Ringo Starr quando faceva parte della All Starr Band. Tutto ciò, unito ai 10 anni di salti mortali e relativi atterraggi bruschi, ha fatto sì che nel 2008 si sia dovuto sottoporre a un intervento chirurgico di sostituzione dell’anca. Si muove ancora sul palco e ha ancora tante storie da raccontare (vedi la serie di video Rockality), ma l’epoca dei salti mortali è finita. Come ha detto una volta, «non posso più saltare senza rischiare di rimanere storpio o farmi aprire di nuovo».

Di Benson Boone ha apprezzato la capacità di fare un round-off, atterrare all’indietro e, sfruttando lo slancio, fare una capriola all’indietro. «È il classico salto mortale all’indietro che fanno i giovani ginnasti. Anche le capriole laterali dal piano sono molto belle. È una versione diversa del Barani, in cui si va in avanti, si fa una mezza torsione e si atterra all’indietro. È chiaro che ha fatto atletica».

Se dovesse dare un consiglio a Boone, dall’alto dei suoi 73 anni, di due protesi d’anca in metallo e senza più cuffie dei rotatori, Lofgren gli direbbe di «non bere troppo prima di farlo. E se dovesse continuare per 10 o 20 anni, di prendersi un fisioterapista e un allenatore nel caso senta che qualcosa non va. I musicisti non sono una categoria famosa per fare esercizi. Io me la sono goduta, ma alla lunga è pericoloso».

Da Rolling Stone US.