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Nel disco di Coca Puma anche i rumori sono musica

‘Panorama Olivia’ è un disco di canzoni, ma anche di paesaggi sonori, soundscape e sound design. Incontro con un’emergente che non segue le regole del pop italiano

Foto: Brando Pacitto

Quando ascoltiamo un disco, di solito sentiamo il risultato finale e “perfetto” di un processo creativo che magari è durato mesi o anni. Ci perdiamo un mondo di suoni che sporcano le tracce, ma che in realtà raccontano una storia. Coca Puma, nome d’arte di Costanza Puma, ha voluto farceli ascoltare nel suo primo album da solista Panorama Olivia. «In studio registri tante cose, anche voci o colpi di tosse che normalmente si cestinano. Ho scelto di tenerli perché rendono la registrazione più umana, più espressiva. Sembra quasi di ascoltare il disco in tempo reale mentre viene registrato».

Dal rumore dei passi nell’intro a quello dei tasti sulla macchina da scrivere, dai vocali su WhatsApp, sfumati dai tappeti sonori, al beep del telefono, fino al suono della puntina sul vinile che chiude l’ultimo brano del disco, Panorama Olivia è un’immersione in un mondo di suoni e rumori. Synth profondi creano la sensazione di essere sott’acqua, mentre suoni acustici ed elettronici trovano un equilibrio nella voce spezzata e delicata di Coca Puma.

La musicista romana ha fatto un accurato e suggestivo lavoro sul suono. Effetti, riverberi e distorsioni sono presenti quasi in ogni traccia, con grande attenzione al sound design, al soundscape e alla musica strumentale: su dieci brani, quattro non sono cantati. «Mi piaceva l’idea di non cantare in tutti pezzi e di andare oltre la tipica struttura strofa-ritornello. Volevo creare un viaggio musicale e l’elettronica mi ha permesso di prendermi questa libertà».

Preceduto dai singoli Tardi e Porta Pia, il disco «è nato in momenti e posti diversi, in un tempo molto dilatato. Ho trovato un termine, panorama, che racchiudeva quest’ampiezza». I richiami alla natura e alla città si mescolano in un’unica dimensione. Sono i luoghi che hanno ispirato i brani. Roma emerge nel racconto di un’attesa, di un appuntamento mancato a Porta Pia, la campagna laziale nella musica ispirata agli alberi e alla natura della Valle del Treja. Lì, nella vecchia villa della nonna, a fare compagnia a Coca Puma c’era una gatta che ha scelto di chiamare Olivia. Da qui il titolo Panorama Olivia.

 

È un progetto minimal, pochi elementi ma chiari che ricordano certi artisti internazionali, in particolare le atmosfere calde e gli arrangiamenti di Mac DeMarco. Amante dei vinili e dei cappellini da pescatore che le coprono gli occhi, Coca Puma ha fatto un disco spontaneo, genuino e molto elettronico. «Non saprei definire il genere di questo album. Forse è un disco pop “fallito”, dato che all’inizio era quella l’idea».

Nato dopo circa tre anni di ricerca e sperimentazione, Panorama Olivia non è il primo progetto musicale di Coca Puma. Partita dal nu jazz, è approdata nel mondo neo soul di Roma con i Quiver, coi quali ha pubblicato nel 2020 il disco omonimo. All’epoca cantava in inglese, ora è passata all’italiano, ma la voce non è cambiata, ha mantenuto la stessa delicatezza. In Panorama Olivia il suo timbro tenue ed evocativo non è mai travolto dalle sonorità, neanche da quelle più forti. Rimane la guida dell’ascoltatore tra i suoni.

Nei primi due singoli i sintetizzatori sono i protagonisti, c’è un po’ di psichedelia alla Tame Impala e alcuni drop inaspettati. Arrivano poi la cassa dritta, la drum & bass e le uniche due tracce (Non ci penso e Notte) nate da una collaborazione, quella con Filippo Temperini. Ascoltando Panorama Olivia, si ha la sensazione di nuotare tra i suoni. Il riferimento all’acqua non è casuale, c’è sia nel paesaggio sonoro del disco (l’acqua che scorre in Tappeto), sia nei testi come in Lupo Volkswagen, un dream pop dai bassi profondi in cui Costanza racconta un viaggio in auto, una navicella che protegge dall’esterno: “E la mia strada è pian piano affondata / io sento il sapore dell’acqua salata / e poi c’è un pesce che mi nuota accanto / non sembra preoccuparsi di aver perso il suo banco”.

«L’acqua è un elemento ricorrente nei miei sogni. Quando ero al conservatorio ho iniziato ad esplorare moltissimo il mondo dei soundscape. Uno dei miei insegnanti mi fece scoprire un disco basato solo sui suoni dell’acqua. Mi piaceva riportare questa cosa nel disco e in Lupo Volkswagen è stato utile per aumentare la sospensione che crea il brano».

Anche gli audio vocali che Coca Puma ha inserito sono in linea con il processo creativo che ha dato vita al disco: libertà, sperimentazioni e connessioni. Stiamo andando velocissimo, stiamo andando su un’altra isola”, dice la voce di Coca Puma in sottofondo in Interludio Isola. È il racconto di un sogno appena fatto. «Ho l’abitudine di segnarmi i sogni da qualche parte e per non perdermi i dettagli ho iniziato a registrarmi». Interludio Isola preannuncia la fine del disco evocando l’idea di un nuovo viaggio, di un nuovo panorama da osservare. Nell’ultimo brano, Come vuoi, Coca Puma celebra il suo disco con un groove di basso, batteria – questa volta acustica – e un coro che lo rende il pezzo più pop dell’album, con la voce che cambia e diventa pungente e ironica.

Dopo aver ascoltato Panorama Olivia, non stupisce che Coca Puma si dedichi anche alle colonne sonore per il cinema. Dopo aver scritto le musiche per il documentario di Ilaria Freccia La rivoluzione siamo noi e per Luce sul Piemonte, presentato al Torino Film Festival del 2020, sta lavorando alla colonna sonora di Quasi a casa, film d’esordio di Carolina Pavone, già assistente alla regia di Nanni Moretti, con Lou Doillon, la figlia di Jane Birkin. La commedia racconta l’incontro e poi l’amicizia turbolenta tra una giovane musicista e il suo idolo, una cantante di successo interpretata da Doillon. «Ho conosciuto Carolina quando ha iniziato a girare il film. Voleva capire meglio la sua protagonista, una ragazza che fa musica. Così mi ha chiesto di parlarle un po’ di me e della mia vita. La cosa poi è venuta da sé». Quale panorama ci mostrerà questa volta Coca Puma?

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