«Era scritto nel destino che Mimì entrasse nella mia vita». Enzo Gragnaniello ricorda l’amica Mia Martini a 30 anni da quel 12 maggio 1995, quando è stata ritrovata senza vita sul letto della casa a Cardano del Campo, in provincia di Varese, dove abitava in affitto da poco più di un mese. Aveva 47 anni, gli stessi che aveva nel momento della scomparsa anche la grande Édith Piaf, come Mimì un’altra anima fragile.
«Avevo 18 anni quando sono andato a lavorare vicino a Piacenza nel ristorante/night club Il Golfo di Napoli del padre di un mio amico dei Quartieri spagnoli», ricorda il cantautore. «Vivevo in una stanzetta che aveva un’unica finestrella. S’affacciava su una strada dove per tanto tempo era rimasto affisso un manifesto che annunciava un concerto di Mimì. Il suo volto mi ha fatto compagnia per tanti giorni, un segno di quello che avremmo fatto insieme, di quello che sarebbe stato».
Negli ultimi anni di vita Mia Martini ha avuto un legame speciale con Napoli. Era giunta in città alla fine degli anni ’80, in un periodo buio della sua esistenza, quando il tumore della calunnia, lanciata come un anatema, autoalimentandosi di bocca in bocca, stava diventando maligno. Calabrese, donna di mare, di sole, di luce, non poteva essere immune al richiamo della città. Napoli per Mimì è stata energia, voglia di (ri)vivere, luogo di stimoli. Una città-mondo che, avvertendo il dolore delle sue ferite, come una mamma per un po’ l’ha abbracciata, coccolata, protetta, facendola sentire a casa, al sicuro.
A Napoli lei, da tempo emarginata perché marchiata a fuoco come jettarice, è riuscita non solo a sopravvivere ma a rinascere, grazie all’affetto e al sostegno della gente e di tanti artisti. Cosa ancora più strana questa se si pensa che proprio la città della superstizione, della scaramanzia, con parole come malocchio e jettatura radicate nel quotidiano non ha dato retta alle maldicenze.
«A pensarci bene tanto strano non è», spiega Gragnaniello. «La superstizione napoletana è folcloristica, elemento della sua naturale commedia dell’arte, in equilibrio tra il vero/non vero, non è vero ma… ci credo… e proprio per questo mai cattiva, spietata. Mimì ha amato Napoli e Napoli città madre ha ricambiato questo sentimento».
«Ho visto Mimì la prima volta negli studi della DDD a Milano. Alcuni anni dopo mi hanno chiamato Luciano Cuosta e Alfonso Pisano, due impresari napoletani che, volendole produrle un disco, cercavano autori. Sono andato a un suo concerto in un ristorante di provincia nei pressi del Vesuvio. Arrivato con il live già iniziato, mi sono messo in disparte, nascosto, in fondo alla sala. Sono rimasto rapito dalla sua voce, dal suo pathos. Mi sono chiesto: com’è possibile che un’artista immensa debba esibirsi in un ristorante con la gente distratta da un patto di spaghetti con le vongole e un bicchiere di vino? Dovrebbe stare all’Olympia di Parigi».
«Finito il concerto abbiamo cenato insieme. Ho scoperto così la sua allegria, la sua risata contagiosa, il suo essere carnale, sempre alla ricerca di un contatto fisico, proprio come noi napoletani. Tornato a casa, ho preso la chitarra e ho scritto di getto Donna, registrando il tutto con il mio 4 piste, aggiungendo alla voce e alla chitarra solo un po’ di ritmica. Le ho consegnato la musicassetta il giorno dopo, a casa mia, ai Quartieri spagnoli. Mi ha guardato stupita, ha preso la cassetta, l’ha messa nel mio walkman ed è andata nella camera di mia figlia per ascoltarla da sola. Dopo mezz’ora è uscita con gli occhi lucidi dicendomi: “Come fa un uomo a scrivere una canzone così?”».
Imbarazzato, Gragnaniello le ha risposto che «l’anima non ha sesso». Si sono abbracciati. «L’alchimia tra noi è stata perfetta. Un’energia che forse le ha portato fortuna perché ha firmato subito dopo un contratto con la Fonit Cetra per un nuovo album (Martini Mia pubblicato nel 1989, nda). Sicuramente lei ha portato fortuna a me. Ho incontrato Mimì forse nel momento più buio della sua vita, scaricata dalla discografia, emarginata, persa nella solitudine, spero di averle donato un po’ di luce. Lei con me lo ha fatto».
Gragnaniello per Mimì ha scritto diverse canzoni (Strade che non si inventeranno mai da sole, Statte vicino a me, Cercando il sole, Va’ a Marechiaro, Stringi di più, Scenne l’argiento, Mondi blu) suonate da musicisti straordinari come Rino Zurzolo, Joe Amoruso, Gianni Guarracino, Tony Cercola, Daniele Sepe, Peppe Vessicchio. Lei ha cantato Rosè dal disco del cantautore Fujente del 1990, vincitore della Targa Tenco.

Enzo Gragnaniello. Foto: Riccardo Piccirillo
Mia Martini a Napoli diventa una vera scugnizza e nel 1992 incontra uno scugnizzo di 80 anni, Roberto Murolo. È l’anno di Cu’ mme, canzone scritta per il maestro da Gragnaniello e inserita nell’album Ottantavogliadicantare, ideato e prodotto da Nando Coppeto, in cui Mia Martini duetta anche nel classico ’O marenariello. Il successo di Cu’ mmeè clamoroso e riporta la canzone napoletana in classifica. «La melodia del brano» racconta Gragnaniello «era un po’ che l’avevo in testa, ma è stata Mimì a ispirarmi il testo. Mentre la componevo ho immaginato la voce di Roberto Murolo come il mare e la voce di Mimì come la tempesta».
A Napoli i tanti amici sono riusciti per un po’ a esorcizzare le maldicenze sul suo conto, donandole una nuova vita artistica. Questo dialogo d’amore tra la città e Mimì, le ha restituito forza e fiducia in se stessa. A un suo concerto al Teatro Mediterraneo della Mostra d’Oltremare di Fuorigrotta, un ragazzo del pubblico le aveva mostrato uno striscione con scritto: “Mia, Napoli ti adotta come Maradona”. Un giorno Peppe Ponti (all’epoca road manager, oggi discografico dell’etichetta Suonidelsud) l’ha accompagnata nella sede degli ultras del Calcio Napoli, presentandola a Palummella alias Gennaro Montuori. Da quel momento Mimì diventa tifosissima del Napoli. I tifosi le regalano la sciarpa della squadra, lei va allo Stadio San Paolo e assistere anche ad alcuni incontri in trasferta con un altro suo amico napoletano, Tullio De Piscopo.
«La sua esibizione al Festival di Sanremo del 1989 con Almeno tu nell’universo è da tramandare ai posteri», ricorda De Piscopo. «Mesi dopo, tutto il cast di quell’edizione del Festival ha girato mezzo mondo con il tour itinerante Sanremo in the World voluto da Adriano Aragozzini. Ricordo ancora oggi con disgusto che sull’aereo alcuni pseudo manager che le avevano impresso sulla carne un marchio infamante la facevano sedere da sola in terza classe, lontana dai colleghi. Ho minacciato gli organizzatori che mi sarei ritirato se Mimì non si fosse seduta in prima classe accanto a me. Da quel giorno e per tutto il tour abbiamo viaggiato vicini».
Quando alloggiava negli alberghi del lungomare, si affacciava alla finestra con vista su Castel dell’Ovo, cantando a voce alta: “Napoli ti amo… mamma mia quanto sei bella!” e i passanti divertiti rispondevano con cori da stadio. Più volte si è incantata ad osservare il passeggio della gente, i ragazzini che facevano il bagno saltando dagli scogli di Mergellina. «Mi piacerebbe vivere qui, mi sento felice», diceva.
Si divertiva a parlare napoletano, a raccontare con gli amici a tavola le barzellette, amava Eduardo De Filippo, Totò, Troisi. Un giorno nel cuore del centro storico, nei pressi di piazza del Gesù, per percorrere solo poche decine di metri ha impiegato quasi un’ora. Le persone l’hanno riconosciuta e hanno iniziato a cantare Cu’ mme e lei con loro. Amava la cucina napoletana, frequentare le trattorie caserecce dove trascorreva tutte le sere dopo essere stata in sala di registrazione.
Per renderle omaggio, Enzo Gragnaniello e Peppe Ponti hanno messo insieme anni fa un cast di musicisti e voci partenopee femminili per il progetto Napoli è Mia. E ci sarebbe stata ancora Napoli negli ultimi progetti discografici di Mimì che purtroppo per motivi diversi non vedranno mai la luce. Avrebbe voluto realizzare un album di canzoni dell’amico Pino Daniele e uno di classici partenopei dal titolo Napoli Mia. La causa della mancata collaborazione con Daniele, uno dei pochi che le è stato molto vicino quando decise di ritirarsi dalle scene, lo ha spiegato la tessa Mimì alla giornalista Ivana Zomparelli (come riportato nell’intervista su Noi donne del maggio 1990): il suo compagno di allora, Ivano Fossati, si era opposto. Pino aveva scritto per Mimì Un po’ di tutto, che poi canterà la sorella Loredana Bertè. A questi si aggiunge un altro progetto a cui teneva tanto, una sua versione di Lacreme napulitane per il programma di Canale 5 Viva Napoli.
Tutto sbagliato baby di Edoardo e Eugenio Bennato è l’ultima canzone che Mia Martini ha cantato in tv, l’11 aprile 1995. «Ancora oggi» sussurra a voce bassa Gragnaniello commosso «mi viene un nodo alla gola pensando a tutto quello che ha dovuto sopportare, al suo Purgatorio sulla Terra. Perché poi? Cosa aveva fatto di male? È stata una vittima di una sorta di assassinio collettivo. Ancora oggi ricordo le parole che usava quando mi presentava ai nostri concerti: “Adesso signore e signori c’è il sole… Enzo Gragnaniello”. Cara Mimì, ti sbagliavi: il sole eri tu».