Manuel Agnelli ha scritto un manuale di sopravvivenza per band in tour | Rolling Stone Italia
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Manuel Agnelli ha scritto un manuale di sopravvivenza per band in tour

È uscito il libro fotografico ‘Ballate per piccole iene 2025’ sui concerti della reunion degli Afterhours. Consigli tecnici e non su come «non prendere per il culo il pubblico». E ora «un anno per essere libero»

L'abbraccio degli Afterhours a fine concerto

L’abbraccio degli Afterhours a fine concerto

Foto: Mathias Marchioni e Henry Ruggeri

Ballate per piccole iene 2025 è un manuale di sopravvivenza per chi sta per intraprendere un tour, anche se è travestito da libro fotografico sul tour della reunion degli Afterhours nella formazione del 2005, con Manuel Agnelli (chitarra e voce), Giorgio Prette (batteria), Andrea Viti (basso), Dario Ciffo (chitarra e violino), con l’aggiunta di Giacomo Rossetti (chitarra, tastiere, percussioni), per celebrare i vent’anni dell’album dopo la proposta di Universal di ristamparlo. Ventuno date sold out, tre generazioni sotto il palco e un entusiasmo che nessuno immaginava così vivo.

Dopo quel viaggio è nato questo volume, edito da Rizzoli, per raccontare ciò che il pubblico non vede e restituire quello che la band ha ritrovato. Manuel comincia dalla sala prove e fa capire subito di non voler mitizzare nulla per restituire la verità (la sua, naturalmente) di quello che un musicista vive in ogni passaggio prima, durante e dopo un live. «Odio le prove e odio i soundcheck», esordisce. Ma è proprio lì, nelle «versioni della Madonna davanti a nessuno», che una band riconquista la propria identità per «trovare il suono, superiore alla somma dei singoli».

Il backstage è una dimensione a parte e per molti ancora misteriosa: «C’è tanta roba che fuori dal palco non si vede. Ed è bello far scoprire al nostro pubblico quello che succede dietro le quinte. C’è tutto un mondo che è fondamentale per realizzare il concerto», ci ha spiegato ieri alla fine della presentazione a Germi, il suo locale a Milano, dove ha suonato con il gruppo cinque brani di fronte a una cinquantina di persone in uno spazio ridotto, una sorta di ritorno alle origini. E si è stupito lui stesso: «È stato strano, ma è stato bello». Intanto, mentre scorrevano Tutto fa un po’ male, Ballata per la mia piccola iena, Male di miele, Quello che non c’è e Non è per sempre, la gente acquistava una copia per accaparrarsi poi un autografo e un selfie. 

A sollecitare la scrittura sono state le immagini di Mathias Marchioni e Henry Ruggeri: «I due fotografi erano invisibili, per cui ci hanno preso in momenti molto intimi. È stato facile scrivere, mi hanno ispirato quelle foto rubate», ha aggiunto. Si arriva poi alla scaletta del tour, un altro atto di coerenza: Ballate per piccole iene suonato interamente nell’ordine del disco, poi una seconda parte costruita sui brani che quella stessa formazione aveva inciso negli anni, da Quello che non c’è a Non è per sempre, passando per Hai paura del buio?, con le eccezioni Padania, che Manuel ci teneva «personalmente a suonare», e un frammento di War Pigs in omaggio a Ozzy Osbourne. 

Pagina dopo pagina sembra di sfogliare un  diario intimo in cui gli aspetti tecnici che vanno in parallelo a quelli emozionali. Così c’è Dario che chiede «di riprendere la strumentazione originale», mentre Agnelli preferisce un suono contemporaneo alternando tre chitarre, usando l’acustica Martin e montando una pedaliera «a orecchio». E qui un’altra sentenza: «Odio le pedaliere digitali». Ma nulla sarebbe possibile senza chi lavora nell’ombra, i tecnici. Fra loro spiccano il backliner Gianmaria, «un essere speciale», l’assistente personale Max, il «Risolvi Problemi», per arrivare al fonico di sala Ago, che «non si lamenta. Risolve». Sono loro che tengono insieme gli ingranaggi di una macchina che comincia a carburare già all’interno dei camerini, «dove impari a non prendere per il culo il pubblico».

Gli Afterhours nella formazione originaria: Andrea Viti, Manuel Agnelli, Giorgio Prette, Dario Ciffo, con l'aggiunta di Giacomo Rossetti

Gli Afterhours nella formazione del 2005: Andrea Viti, Giorgio Prette, Manuel Agnelli, Dario Ciffo, con l’aggiunta di Giacomo Rossetti. Foto press

Il cuore del libro, però, è la band che torna a essere band. La formazione che ha registrato «tutti insieme nella stessa stanza» più Giacomo, che per le sue qualità «è più raro di un panda striato». E per Agnelli è un ritorno emotivo prima che musicale: «Era un’occasione per chiudere molte cose lasciate in sospeso». L’unica differenza rispetto al passato? Che stavolta nessuno ha dovuto convincere nessuno. L’entusiasmo è stato immediato. E tutto ciò si è tradotto nei live in qualcosa che la band non provava da tempo: il pogo che riesplode con il wall of death, l’Auditorium di Roma che ribolle, il Carroponte dove Agnelli perde la voce e la gente lo supporta e sembra restituirgliela. Nel pubblico tre generazioni insieme, «niente cellulari» e solo trasporto. Viene inoltre svelato il rito prima di salire sul palco: «Ci tocchiamo il culo, un modo per dire sono con te. Mi fido di te, fidati di me». E alla fine sempre un abbraccio: «Siamo il messaggio. Siamo il linguaggio. Siamo l’energia. Siamo un carattere solo».

In futuro, però, cosa ne sarà di questi Afterhours riemersi dal passato? Agnelli ci ha chiarito che non sono finiti, ma prima si prenderà un anno sabbatico in vista dei suoi 60 anni: «Abbiamo realizzato un tour speciale e vogliamo che rimanga speciale. Faremo un altro tour, ma in mezzo ci deve passare la vita». E ha le idee chiare su cosa farà senza musica: «Vorrei viaggiare per il mondo. Andare a trovare amici in altri continenti. Stare un sacco di tempo con mia figlia, magari viaggiare con lei. E soprattutto diventare un mostro a giocare ping-pong», dice ridendo ma dopo aver confermato che ha comprato una macchina spara-palline. Poi arriva la riflessione più profonda: «È l’anno per essere libero, per non dover giustificare la mia presenza nell’universo. Il vero fallimento è fare tante cose belle e non riuscire a goderne. Voglio ritrovare il me stesso che non esiste più da un sacco di tempo, ma so che è lì, silente».

E infine, torna a quello che è il vero senso di questo “manuale” quando ci spiega la regola numero uno contenuta nel libro: «Invecchiare serve solo a capire quando stai facendo una cazzata». Quella che non rifarà più Manuel Agnelli? «Cercare di convincere le persone. Nel bene e nel male è stato l’atteggiamento che ho sempre avuto. Ma convincerle non è l’energia giusta. Infatti, questa formazione non ho dovuto convincerla di nulla. Appena ho parlato dell’idea di tornare in tour erano entusiasti, così come lo sono stati in seguito. Devo continuare a muovermi sul filo dell’entusiasmo». 

Ballate per piccole iene 2025

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