Manuel Agnelli: «Al Jungle Sound ho imparato a non temere il mainstream» | Rolling Stone Italia
Rock MI

Manuel Agnelli: «Al Jungle Sound ho imparato a non temere il mainstream»

Lo dice nella prima puntata del vodcast ‘Milano sogna’, che nell’arco di 10 episodi racconterà i musicisti milanesi che frequentavano lo studio negli anni ’90. «La scena esisteva già. Questo posto l’ha unita»

Manuel Agnelli: «Al Jungle Sound ho imparato a non temere il mainstream»

Manuel Agnelli nella prima puntata di ‘Milano sogna’

Foto: Milano sogna

«La scena esisteva già. Questo posto l’ha unita». Lo dice Manuel Agnelli nella prima puntata di Milano sogna, il vodcast in dieci episodi che racconta la scena milanese degli anni ’90 che girava attorno al Jungle Sound.

Il Jungle è anche il luogo in cui si svolgono le interviste, là dove molta di quella musica ha preso forma, studio di incisione ma anche sala prova, punto di riferimento e di aggregazione. Per chi muoveva i primi passi nell’underground come gli Afterhours offriva anche la possibilità di confrontarsi con le pratiche di musicisti e produttori mainstream.

«La gente veniva qui anche quando aveva del tempo libero e voleva sentire della musica», spiega Fabrizio Rioda, fondatore dei Ritmo Tribale e del Jungle Sound Station che conduce le interviste e che ha avuto l’idea di Milano sogna con Lorenzo Rocchi ed Emanuele Concadoro. «Anche se non conosceva nessuno, entrava e diceva: posso ascoltarvi?».

«Qui ho imparato a non temere il mainstream», dice Agnelli. «All’inizio era il demonio, avevamo paura di sporcarci. Venendo qua ed entrando in contatto con quelle persone capivamo che non erano dei mostri, anzi. Parlando con i “vip” del pop capivi che avevano una loro visione, che era diversa dalla nostra. È stato fondamentale per far crescere la nostra scena e arrivare a quella di metà/fine anni ’90, enorme, con migliaia di persone al seguito».

«Anche i locali» dice Agnelli «oggi sembrano aver perso personalità. Una volta c’era un direttore artistico che dava una direzione al locale, penso al Tunnel di Milano o al Bloom di Mezzago. Ora sono stanzoni vuoti che vengono affidati ai promoter per far esibire la qualunque».

Milano sogna, ha detto Rioda, «è la storia di un sacco di gente con poche speranze e molte pezze al culo che si è rimboccata le maniche e ha cambiato il modo di fare musica, stando insieme». È anche la storia di musicisti e band che in un mondo pre-Internet non erano omologati, «anche nei nostri limiti, che sono diventati la nostra personalità», dice Agnelli nella prima puntata. «È una cosa che si è persa quella di essere orgogliosi dei propri difetti e di usarli per dare una personalità a quello che fai».

Dopo la conversazione con Agnelli ci saranno quelle con Morgan, Alioscia dei Casino Royale, Ferdinando Masi dei Bluebeaters, Omar Pedrini dei Timoria, Cesare Malfatti dei La Crus, Pino Scotto, David Moretti dei Karma, membri dei Ritmo Tribale e degli Scisma tra cui Paolo Benvegnù, ma anche con chi all’epoca lavorava in radio e nella discografia.

Puntata 1: MANUEL AGNELLI