Madame, i selfie, l’immagine pubblica: la proposta di Morgan | Rolling Stone Italia
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Madame, i selfie, l’immagine pubblica: la proposta di Morgan

Nel weekend si è dibattuto sui social di un tweet di Madame sulla richiesta fuori luogo di un selfie. Qui Morgan dice la sua. C'entrano lo sfruttamento dell'immagine, i social e il riconoscimento facciale

Morgan Digital Cover

Foto di Gabriele Micalizzi/CESURA

Nel weekend si è molto dibattuto sui social di un tweet in cui Madame si è mostrata irritata per una richiesta fuori luogo ricevuta al ristorante, dov’era con la famiglia. «Se non hai ascoltato il disco o se non hai preso il cd o il biglietto o se non sai di che parlo, se non hai fatto NULLA x me non farmi alzare mentre mangio per una foto», ha scritto la cantante su Twitter. «Perché io sono Madame 24 h solo per chi mi usa per la musica, per il resto sono una scorbutica veneta 19 yo».

Com’era prevedibile è seguita la solita fiera di polemichette, accuse, indignazioni e battute varie (qualla ricorrente: l’esame cui sottoporsi per dimostrare di essere veri fan). Madame ha poi cancellato il tweet, sostituito da una lunga spiegazione nelle storie di Instagram in cui dice di non essersi spiegata alla perfezione e in cui illustra la differenza tra un vero fan rispettoso e chi chiede un selfie pur non avendo alcun interesse in quello che fai, solo perché sei una celebrità.

Morgan ha condiviso con Rolling Stone un messaggio ai colleghi che, come lui, vivono anche (ovviamente non solo) dello sfruttamento della propria immagine, avanzando una proposta. Eccola.

Un messaggio personale da parte di Morgan a tutti i colleghi che come me sono persone che con la loro immagine (ovviamente non soltanto ma anche) e lo sfruttamento dei relativi diritti ci lavorano, ci vivono, ci campano, ci ragionano e cercano di tutelarla proprio perché è una delle componenti prime del loro essere “personaggi pubblici”, su di essa basano il loro VALORE CONTRATTUALE, cioè la misura del loro successo. L’immagine, unitamente alla voce e alle opere del loro ingegno è una dei tre giacimenti della loro miniera e dai quali traggono i loro guadagni.

Un matematico è focalizzato sulle sue ricerche e per farlo “usa” la mente, la coltiva. Più questa funziona e più sarà capace di raggiungere i suoi obiettivi, qualcuno è stato capace di dimostrare teorie incredibili, qualcuno ha vinto premi Nobel, qualcuno è passato alla storia. Sicuramente a qualcuno di loro è capitato di aiutare la figlia di un suo vicino di casa un paio di volte a risolvere delle equazioni di primo grado, come favore, ed è stato un gesto gentile, ma sicuramente non ha dato ripetizioni di matematica a tutte le figlie degli abitanti della sua città, e se per assurdo lo ha fatto credo che non l’abbia fatto GRATIS.

Un calciatore di una squadra di serie A si allena molto, cura il suo fisico, ovvio, è con quello e il suo perfetto funzionamento che è diventato un professionista, ma di più, un campione, magari della nazionale di calcio, magari ha fatto le olimpiadi, magari le ha anche vinte, e gioca ancora perché il suo corpo è veramente qualcosa di prodigioso, raro, un bene prezioso, un tesoro. Come tutti gli esseri umani vive in una città in cui ci sono dei centri sportivi per ragazzi, magari anche proprio sotto casa sua. Una volta un ragazzo ha avuto il coraggio di avvicinarlo e chiedergli di giocare a calcetto con i suoi amici e lui ha addirittura accettato ed è stato fantastico, ma non credo che tutte le volte che esce di casa gli chiedano di fare una partita a calcetto, dico tutti i giorni, ogni volta che esce di casa è “costretto” a giocare a calcetto all’oratorio, perché se non lo fa lo insultano e lo disprezzano.

Ma facciamo un altro esempio.
Al piano di sotto, nel mio condominio, abita un mio amico con la sua famiglia: moglie, tre figli (due femmine, un maschio), e la madre della moglie. Hanno un cane labrador che si chiama Triky. Lui fa l’idraulico, un lavoro pesante ma molto utile, lavora tanto, è sempre impegnato, lo incrocio spesso in ascensore, lui scende al quinto e io proseguo al sesto. Non posso dire che siamo amici ma di certo è una persona che conosco e mi sta molto simpatico. Una volta gli ho chiesto se avesse voglia di un caffè, così siamo scesi tutti e due al sesto e l’ho accolto in cucina. Quando ho aperto il rubinetto per riempire la moka, l’acqua non scendeva e lui molto gentilmente, visto che faceva l’idraulico, ha fatto una piccola modifica al tubo, avrà impiegato non più di venti minuti, ma da quel giorno non ho avuto più problemi con il rubinetto. Comunque gli ho chiesto quanto gli dovevo e lui mi ha detto che assolutamente non gli dovevo nulla. Io ho insistito parecchio e mi ha domandato perché non la smettessi, gli ho risposto che lui faceva l’idraulico di lavoro, non per hobby, e che il suo TEMPO applicato a quella manodopera era DENARO. Ha capito il mio ragionamento ma non si è fatto pagare.

Un giorno in ascensore ci siamo ritrovati e c’era anche un altro inquilino, che abita all’ottavo, ha un attico con un’enorme terrazza su cui ha realizzato una piscina. È ovviamente benestante, un tipo elegante, brillante, non so che mestiere faccia, credo l’imprenditore. Io ho ricordato l’episodio all’idraulico e a quel punto l’imprenditore che stava ascoltando ha chiesto all’idraulico se poteva dare un’occhiata alla caldaia che non funzionava bene. Non so come sia andata a finire ma immagino, e spero, che si sia fatto pagare stavolta, il giusto, s’intende, e ci mancherebbe altro, altrimenti che piega avrebbe preso il condominio? Una cosa tipo: ogni volta che l’idraulico incontra qualcuno, questo gli chiede se gli ripara qualcosa, gratis, la vasca, lo sciacquone, la doccia, la piscina…? GRATIS.

Mi sa che non è così. Non succede, perché? Perché di lavoro fa l’idraulico e se vuoi il suo aiuto lo paghi. È per questo che può permettersi di mantenere la sua famiglia in un bell’appartamento, dentro un bel condominio, in un bel quartiere di una bella città, in un Paese che funziona abbastanza bene, in un mondo che non è niente male. Finché potrà.

Ma torniamo a noi.
 Ero a Riccione con la mia famiglia e ho portato mia figlia e mia nipote a prendere un gelato. Che fatica. Mi piace quando in Romagna nell’alta stagione c’è un casino di gente, c’è vita, c’è tutto, per grandi e bambini, per ricchi e poveri, per turisti italiani e stranieri, è molto bello, veramente, si respira aria di comunità in festa, di società, di civiltà pacifica. Vado tutti gli anni a Rimini o a Riccione anche perché per i bambini ci sono un sacco di attività e di intrattenimenti ma da qualche anno io personalmente per andare a prendere il gelato ci metto cento volte il tempo che ci vorrebbe se tutti mi chiedessero un selfie. Diciamo un selfie al metro. Venti metri, venti selfie. Se non mi fermo. Se mi fermo: un metro, venti selfie, cento selfie… dall’albergo alla gelateria? Duecento? Qualcosina di meno, ma non tanto.

E io li faccio, non posso esimermi, la gente lo pretende e lo dà per scontato, ed è anche abbastanza ovvio, non ne hanno la cultura, per loro essere dei personaggi pubblici automaticamente accende il desiderio di fare una fotografia con te da postare sul profilo del social network per ottenere i like e diventare qualcosa di interessante per il social network stesso che utilizza questo accumulo di visualizzazioni e informazioni come fonte di potere economico che di fatto ha nell’equilibrio dell’economia mondiale. Quindi ricapitolando il meccanismo è che la mia fama è chiaramente oggetto di guadagno altrui e di conseguenza svalutazione mia, come mancato introito e come appropriazione indebita.

Io fino a prima dell’avvento di questi meccanismi possedevo la libertà di farne il mio oggetto di guadagno in quanto di mia proprietà, il mio intrinseco, personale, speciale, elemento raro e prezioso, principale mia fonte di sostentamento nel suo potenziale valore contrattuale. Infatti tutti i contratti che ho stipulato nella mia vita con case discografiche, emittenti televisive e qualsiasi altra società di gestione di servizi dello spettacolo, è stato stipulato sulla base dell’aver ceduto loro diritti sulla mia immagine e sull’utilizzo della stessa. Non riesco a capire per quale motivo improvvisamente la mia immagine non è più mia e io non posso più rivendicare il suo valore che non è decaduto ma costantemente e gratuitamente ceduto ad altri. Il pubblico è l’inconsapevole strumento dell’attuazione di questa grave illegittima privazione che il social network mette in atto indisturbato con nonchalance.

Dunque la soluzione ipotizzabile consiste nell’attivare un sistema di questo tipo: prima cosa creare una categoria di cittadini che possano, date determinate caratteristiche lavorative dimostrabili, entrare a far parte di un elenco chiamato “personaggi pubblici”, quindi essere riconoscibili grazie alla tecnologia del riconoscimento facciale che hanno tutti i dispositivi attuali, essere pubblicati in rete soltanto con un addebito telefonico che dovrebbe essere indirizzato alle società di autori ed editori le quali poi, secondo i criteri della ridistribuzione, daranno ai soggetti interessati la loro legittima percentuale di guadagno sull’immagine sfruttata. Questo è completamente fattibile da un punto di vista tecnologico ma ancora ignorato paradossalmente proprio da chi potrebbe riceverne benefici come la Siae e tutto il mondo dell’intrattenimento e della comunicazione industriale connessa.

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