Nel 1992 Ozzy Osbourne dichiarò finita la sua attività live. Sembrava essere affetto da una malattia degenerativa, che poi non si rivelò tale, e per chiudere col botto chiamò Geezer Butler, Tony Iommi e Bill Ward per un ultimo valzer. Per essere presenti, i tre chiusero per la seconda volta la loro avventura con Ronnie James Dio, che la prese malino, per usare un eufemismo. È buffo e crudele che 33 anni dopo, forse una cifra non casuale, l’evento si sia ripetuto con le stesse motivazioni. Questa volta, però, non si è trattato di uno scherzo. Ho visto Ozzy e i Black Sabbath ogni volta che ho potuto, conscio del fatto che prima o poi questo momento sarebbe arrivato, ma proprio come la morte di un genitore non si è mai davvero pronti, pur sapendo da sempre che prima o poi succederà.
Ho cercato fino alla fine di essere presente a Birmingham (qui invece se volete leggere come è andato il pellegrinaggio, ndr), è la terza reunion della vita che perdo, dopo Led Zeppelin e Pink Floyd. Altro che fratelli Gallagher di ’sta cippa. Mi sono dunque dovuto accontentare di uno di quei link che fanno subito lockdown per poter almeno assistere al più grande raduno metal della storia dal divano di casa. Meglio di niente, ho pensato. Meglio che guardare l’Ispettore Barnaby o una replica della Corrida.
Eppure no, mi sono girati i coglioni per un’intera giornata. Un po’ perché il link mi ricordava da giorni che quella maledetta pandemia mi aveva impedito per anni di vedere proprio l’ultimo tour di Ozzy, rimandato infinite volte e poi cancellato per l’aggravarsi delle sue condizioni. E poi perché, diciamolo, una volta questi eventi li facevano vedere in diretta senza bisogno di sborsare un quattrino. Oggi invece ti tocca pagare per vedere per sette ore gente che da casa propria cerca di attirare l’attenzione degli altri utenti, senza alcuna logica. Perché dovrei guardare nelle telecamere il salotto di un mentecatto che fa headbanging?
Il mio momento Scudge dura ancora un po’, alimentato dal fatto che lo streaming è in differita di due ore, e prosegue almeno fino all’entrata in scena degli Alice In Chains, che hanno il merito di rimettermi in asse. Se non altro, l’audio è pazzesco e sembra uscire direttamente dal mixer mentre le immagini del backstage sono meravigliose, un po’ l’idea di paradiso del metallaro medio: Ozzy sul suo trono che attende che ogni partecipante passi da lui a baciarlo, Ross Halfin che dice che gli sembra di trovarsi in un numero di Kerrang! del 1984, Bill Ward in formissima, Sammy Hagar che bacia Steven Tyler che bacia lei che bacia lui. Tom Morello, direttore artistico della giornata, ha fatto le cose in grande: le due super band messe in piedi per l’occasione sono qualcosa di clamoroso, con Nuno Bettencourt e lo stesso Morello nel ruolo di jukebox umani. L’ultimo miracolo di Ozzy è quello di aver ridato la voce a Steven Tyler, togliendola del tutto ad Axl Rose, che in compenso ha scelto le cover dei Sabbath migliori della giornata.
Col passare delle ore tutto assume le sembianze di qualcosa a metà tra un funerale e il carnevale di Rio, tutto è all’insegna delle emozioni diametralmente opposte. In realtà lo show è una specie di stargate della nostalgia. Ogni artista che sale ti fa tornare alla mente le prime volte che l’hai visto dal vivo. E ti senti vecchio, vecchissimo. Pensi agli Aerosmith che avevano cinquant’anni quando li vedevi la prima volta e ti sembravano dei vecchi e ora che quell’età ce l’hai tu, Steven Tyler sembra più giovane di te. Oppure i Metallica e i Guns che reputi ancora giovani, ma che in realtà hanno imboccato la via per i settanta. È tutto paradossale. All aboaaaaard.
Quando Ozzy, alla fine del set solista, ci invita per l’ultima corsa sul suo treno impazzito abbiamo già finito le lacrime. Il Madman fatica, sembra sempre sul punto di crollare emotivamente. Si capisce a fatica quello che dice al pubblico tra un pezzo e l’altro, trema, e Mama I’m Coming Home è una delle performance più strazianti mai viste nella storia della musica popolare. Mi ero ripromesso di non piangere, ma questo è davvero troppo. Mentre i Black Sabbath salgono sul palco, ti chiedi come potrà mai Ozzy cantare altri brani, visto che sembrava già distrutto alla conclusione della prima parte del suo ultimo show. Invece è tutto perfetto. La liquefazione del sangue di San Gennaro avviene ancora una volta.
In rete qualcuno parla di pornografia e insulta Sharon, la moglie di Ozzy. Invece dovremmo tornare umani per un attimo e capire che quest’uomo alla fine ha realizzato il sogno di salutare la sua gente insieme agli amici di sempre. Una delle cose più poetiche, dignitose e rock’n’roll degli ultimi trent’anni. Back to the Beginning è stato tutto quello che doveva essere: esagerato, tamarro, commovente. Meglio dei Pink Floyd al Live 8, meglio forse anche di Celebration Day dei Led Zeppelin. La più bella chiusura possibile di una storia irripetibile. Nessuno come i Black Sabbath, nessuno come Ozzy Osbourne, probabilmente la più grande icona della musica metal e sicuramente la voce più riconoscibile di sempre, come ha tenuto a sottolineare Elton John in collegamento video. Da domani sarà tutto più triste.