Rolling Stone Italia

L’industria vuole cavalcare l’onda dei cloni vocali fatti con l’intelligenza artificiale

Se non puoi sconfiggere il nemico, fattelo amico. Case discografiche e artisti, da Demi Lovato a Charli XCX, hanno concesso l’uso delle voci per la creazione di canzoni tramite l’AI. Quali sono le conseguenze?

Foto: Michael Tran/AFP/Getty Images

YouTube ha annunciato una delle novità più significative nell’ambito dell’intelligenza artificiale applicata alla musica. La funzione sperimentale consentirà, per il momento a un bacino ristrettissimo di utenti, di creare clip di canzoni con le voci di star generate dall’AI come Demi Lovato, Sia, John Legend. Dream Track è stata inaugurata ufficialmente giovedì in versione beta solo per un centinaio di creator selezionati negli Stati Uniti. Non si sa se e quando sarà resa disponibile a una platea più ampia. Non è che uno dei tool musicali che fanno uso di AI che sono stati presentati (ce n’è uno che potrebbe trasformare un’idea canticchiata in una vera e propria canzone), ma è il più importante.

Dream Track è un esperimento e non è chiaro come si evolverà nei prossimi mesi. A prescindere da ciò che accadrà, per la prima volta alcuni dei più grandi artisti e delle aziende del mondo hanno concesso l’utilizzo della loro musica per la creazione di cloni vocali, che in ambito musicale è uno degli usi più controversi dell’AI. Potrebbe essere un indizio di come l’industria gestirà in futuro questa tecnologia.

Le domande aperte troveranno probabilmente risposta nei prossimi mesi. Ecco intanto cosa c’è da sapere sulla nuova funzione.

Ci sono centinaia di cloni vocali: perché questa volta è differente?

Da mesi fan, content creator e autori professionisti si divertono a creare cloni vocali utilizzando software di AI come Uberduck. Si tratta solitamente di operazioni non autorizzate e le case discografiche hanno fatto pressione per eliminare questo tipo di contenuto che, a loro dire, costituisce una violazione della legge sul diritto d’autore. La nuova funzione di YouTube, invece, deriva da una collaborazione diretta con alcuni dei maggiori detentori dei diritti del settore.

L’AI è stata uno degli argomenti più caldi quest’anno e potenzialmente potrebbe essere la tecnologia più rivoluzionaria a impattare sul settore musicale dopo l’avvento di Napster e della condivisione di file tramite rete peer to peer nei primi anni 2000. Il timore è che l’AI possa consentire a chiunque di appropriarsi delle opere degli artisti e di imitarle senza il loro consenso, oltre a inondare ulteriormente il mercato di contenuti, rendendo ancora più difficile per i veri musicisti farsi largo in un tale marasma.

Invece di repingere in blocco ogni uso dell’AI, per non incappare in un altro disastroso momento-Napster, questa volta l’industria vuole partecipare allo sviluppo della tecnologia, per trarne vantaggio.

Robert Kyncl, amministratore delegato di Warner Music Group nonché ex dirigente di YouTube, ha detto a Billboard: «Immaginate se, nei primi anni 2000, le società che si occupavano di file sharing fossero venute dall’industria musicale dicendo: “Volete sperimentare questo nuovo strumento che abbiamo sviluppato e vedere se ha qualche impatto sull’industria e come possiamo lavorare insieme?”. Sarebbe stato incredibile».

Non è la prima volta che le aziende del settore si cimentano con l’AI. La scorsa estate, Sony Music ha assunto un vicepresidente esecutivo per l’AI, all’inizio del 2023 Universal Music Group ha stretto una partnership con l’app di musica generativa Endel per creare brani ambient utilizzando i materiali forniti dagli artisti della propria scuderia. Ad agosto, UMG e YouTube hanno annunciato una partnership per lo sviluppo di un AI Incubator e di una serie di regole su come procedere in tema di musica e AI.

«La sfida e l’opportunità che abbiamo di fronte come industria è quella di creare buoni strumenti, incentivi e compensi, ma anche regole che ci permettano di limitare i potenziali svantaggi dell’AI promuovendone, allo stesso tempo, i vantaggi potenziali», ha detto Lucian Grainge, CEO di UMG, in occasione del lancio dell’AI Incubator.

Chi è coinvolto nella sperimentazione?

I nove artisti che partecipano a Dream Track sono Lovato, Sia, Legend, Charli XCX, Troye Sivan, Papoose, Charlie Puth, T-Pain e Alec Benjamin. Sono tutti legati a contratti con Universal, Warner e alcune indie, tra cui Empire. Ghazi, CEO di quest’ultima etichetta, si dice «alla ricerca di modi innovativi per rendere i nostri artisti partecipi delle nuove tecnologie. La collaborazione con YouTube Music e Google per sviluppare strumenti di AI per la musica è un passo positivo verso il futuro per artisti e music creator».

Benjamin spiega che YouTube gli ha chiesto di partecipare al test poco più di un mese fa. La proposta l’ha incuriosito: partecipare gli avrebbe dato modo di essere uno dei primi artisti «che contribuiscono a comprendere e a plasmare l’uso di questa tecnologia».

«La mia opinione personale sull’AI conta poco, il punto è che questa è la direzione in cui le cose si stanno movendo. Credo sia inutile lottare contro queste cose», dice Benjamin. «Ma sono contento di essere all’avanguardia, in questa nuova tecnologia. Sono interessato a vedere che cosa l’AI può generare usando la mia voce, com’è il risultato, come i creator utilizzeranno la versione AI della mia musica».

Benjamin è curioso e al contempo nervoso per l’uso che i creator faranno del suo clone vocale. «In un certo senso la voce diventa immortale, perché può continuare ad essere usata che tu sia ancora vivo o meno. Un po’ fa paura, ma è anche elettrizzante. La domanda che mi spaventa è questa: se la gente usasse la mia voce in modi che non mi piacciono?».

«Sono interrogativi interessanti e al tempo stesso inquietanti, ma il punto è che succederà comunque a prescindere da quel che penso io. Ci saranno cose che mi metteranno a disagio, anche se non so ancora quali saranno. A quanto pare, questo è il futuro, o forse non lo è, ma stiamo facendo dei tentativi e stiamo per scoprirlo. Se non puoi fermare l’onda, tanto vale cavalcarla».

Come funziona?

Dream Track utilizza un’AI generativa addestrata con le voci degli artisti che partecipano alla sperimentazione. I creator che hanno accesso a Dream Track possono inviare richieste testuali basate su prompt che contengono idee di canzoni e selezionare l’artista che desiderano interpreti il brano. Dream Track fa tutto il resto, proponendo clip di canzoni della durata massima di 30 secondi. La youtuber e giornalista che si occupa di tecnologia Cleo Abram, per fare un esempio, ha usato Dream Track per creare un Charlie Puth virtuale che canta del suo cane.

YouTube non ha fornito dettagli sul materiale che è stato utilizzato per addestrare l’AI. Una fonte ha rivelato a Rolling Stone che UMG «per un periodo di tempo limitato ha permesso l’utilizzo di un certo quantitativo di contenuti dell’azienda per l’addestramento, al fine di facilitare l’esperimento».

Benjamin è un artista della Elektra, etichetta del gruppo Warner. Spiega di non aver inciso nuova musica ad hoc, né gli è stato detto con precisione quali contenuti sono stati utilizzati per addestrare la sua AI. Quasi certamente è stato usato il catalogo delle sue registrazioni passate. Non ha fatto domande circa la retribuzione della sua partecipazione, dice che sono dettagli di cui si occupa la casa discografica. Né YouTube, né Universal, né Warner hanno fornito informazioni sui pagamenti previsti dall’accordo.

Di chi è la musica?

La musica creata con l’AI solleva questioni legali importanti: chi è il proprietario? Quali autorizzazioni servono per addestrare l’AI?

Molti sviluppatori pensano che addestrare i modelli di AI usando materiale protetto da copyright dovrebbe essere consentito, eviterebbe loro di chiedere autorizzazioni e pagare per l’utilizzo dell opere. Non stupisce che le aziende musicali che fondano il loro business sull’accumulo di decenni di proprietà intellettuale si oppongano strenuamente a questa idea.

Anche la proprietà delle opere generate dall’intelligenza artificiale è incerta. Le opere generate esclusivamente da macchine non possono essere tutelate dal diritto d’autore, nel caso non vi sia un certo grado di coinvolgimento degli esseri umani nella creazione. Cosa succede nel caso di una canzone generata dall’intelligenza artificiale utilizzando però un prompt ideato da un essere umano?

Da Rolling Stone US.

Iscriviti