L’effetto che fa sbirciare Calcutta | Rolling Stone Italia
Pertugi sonori

L’effetto che fa sbirciare Calcutta

Il cantautore indie per eccellenza, la grande bellezza di Villa Medici, l’installazione di Nico Vascellari. Ecco com’è stato sentire e vedere Calcutta esibirsi attraverso buchi ritagliati nella forma delle lettere che compongono il titolo del suo prossimo album ‘Relax’

L’effetto che fa sbirciare Calcutta

Calcutta a Villa Medici

Foto: Mattia Zoppellaro/Studio Nico Vascellari/Bomba Dischi

A lungo Calcutta è stato lo Young Pope dell’indie italiano, uno per cui l’assenza mediatica era, di fatto, presenza spirituale. Dopo cinque anni di intensissimo silenzio, spezzato talvolta da un featuring o da una collaborazione come autore, questa fase del pontificato di Edoardo I è destinata a terminare venerdì 20 ottobre, con l’uscita del suo nuovo album di inediti Relax, la cui copertina – che rappresenta una ragazza che si sottopone paziente a un intervento odontoiatrico, forte dell’effigie calcuttiana e salvifica che reca stampata sulla maglietta – è già un culto presso i sostenitori della musica leggera come forma di necessaria anestesia locale rispetto anche a dolori più generali della vita.

La location prescelta per un primo incontro pubblico con il nuovo lavoro di Calcutta, seppure in forma di teaser, è un’installazione firmata dall’artista visuale Nico Vascellari e situata all’interno di Villa Medici a Trinità dei Monti.

Data la solennità del luogo ci predisponiamo all’evento non poco timorosi di aver cannato il dress code più opportuno. Sulla ghiaietta accuratamente setacciata che conduce alla dimora che fu del cardinale Ferdinando de’ Medici e che, dal 1803, per volontà di Napoleone Bonaparte, ospita l’Accademia di Francia in Italia, procediamo sospesi tra un certa idea di grandeur e la felpa con cappuccio che, alla fine, abbiamo deciso di indossare, anche perché il 14 ottobre, alle 18, anche a Roma comincia a fare un po’ freschetto. I dubbi sono tanti, tra cui uno che ci fa sorridere ma, al tempo stesso, ci inquieta: e se Calcutta, per l’occasione, avesse deciso di esibirsi in versione artista contemporaneo, total black e occhialetti in madreperla – rivisto e corretto quasi volesse sfoggiare un nuovo look da intellettuale di Michele Misseri?

Foto: Mattia Zoppellaro/Studio Nico Vascellari/Bomba Dischi

Niente panico. Quando, entrati nel giardino all’italiana della villa, siamo accolti da una coppia di pavoni, quei volatili supponenti ci confermano sì che questa non sarà la tipica anteprima di un album indie – e infatti non lo è affatto – ma sarà comunque, come avrebbe dovuto ben rassicurarci il titolo stesso dell’evento e del relativo album, un evento più rilassato di un tipico vernissage o della presentazione di un’enciclica.

Dentro la villa ci aspetta infatti un carillon a grandezza naturale (con otto ore di autonomia per carica, una sabato e una domenica) con dentro una performance di Calcutta (vestito da Calcutta) e fuori noi (vestiti come capita). L’esibizione occupa il maestoso Grand Salon mediceo. Non è poco straniante leggere su una parete l’iscrizione che dedica la sala a Napoleon le Grand e sul cappellino dell’artista latinese l’intestazione dedicata alla magnitudine cestistica dei Denver Nuggets.

Per otto ore potremmo ascoltare tutto Calcutta minuto per minuto, dal vivo e quasi senza intervalli, dalle origini ai giorni nostri. Con un solo problema/opportunità. Visto che si tratta di un’installazione di Nico Vascellari non possiamo esperirne il lato performativo nello stesso spazio a disposizione di Calcutta e della sua band, né osservarli comodamente attraverso delle lastre di vetro, come se fossero pesciolini in un acquario ossigenato dalla musica invece che da un aeratore. Bensì dobbiamo sbirciali mentre suonano attraverso cinque buchi ritagliati nella forma delle lettere R-E-L-A-X, in altrettante porte cieche poste su tre lati del salone.

Foto: Mattia Zoppellaro/Studio Nico Vascellari/Bomba Dischi

Sulle prime, dunque, l’esperimento sociale qui configurato sembrerebbe quello di calcolare con la migliore approssimazione possibile quanto tempo la gente riesca a resistere in fila per infilare gli occhi o il telefono nelle suddette fessure senza venire alle mani – o andare a sentire il resto della performance dagli amplificatori disponibili in terrazza (dove c’è anche un bar tentatore).

Invece no. Mentre attendono che giunga il loro turno per 30 secondi di contatto diretto con il loro beniamino (che spesso di diverte a “guardare nell’obiettivo”, incrociando fatalmente gli sguardi adoranti e, spesso, anche le ugole canticchianti) i fan di Calcutta qui convenuti sembrano un modello di convivenza civile e democratica. Alcuni trascorrono il tempo scambiandosi pareri da sommelier di pertugi su quale possa essere la lettera dotata dell’acustica o della vista migliore: «Un mio amico mi ha detto che dalla X si sentono vibrazioni assurde».

Ogni tanto qualcuno si accorge che, in corrispondenza della porta con la lettera L, c’è un pulsante rosso che, a differenza dei tasti del pianoforte a coda del Salone de la Musique (lettere R e E) è previsto che sia effettivamente schiacciato. L’effetto è dirompente: una voce femminile esclama “Relax”, rompendo la continuità del flusso live di Calcutta. Subito dopo si sente la registrazione di un verso inedito dal nuovo album. Ne distinguiamo almeno tre: “Ti ho vista in un angolo, da sola nel traffico, ma magari non eri neanche te”; “Pare strano che finalmente siamo soli e ancora non balliamo”; “Ho scritto un Vangelo che parla di te, ma ormai è troppo tardi ho paura di dirtelo”. I fan sono a bocca aperta, interrotti sul più bello di un ritornello storico, ma felici della sorpresa riservata soprattutto ai più profondi conoscitori del corpus calcuttiano.

Nico Vascellari e Calcutta. Foto: Mattia Zoppellaro/Studio Nico Vascellari/Bomba Dischi

Calcutta e l’Accademia di Francia, così come del resto Calcutta e Nico Vascellari, sono sì strane coppie di fatto, ma funzionano, almeno a giudicare dal tutto esaurito registrato dalla due giorni e dalle reazioni dei convenuti. Insieme sembrano dire il contrario delle grandi installazioni distopiche di Théo Mercier che ancora dominato una parte del giardino della villa, per il Festival des Cabanes. Presentano, tra le altre cose, vere automobili distrutte perché precipitate sulla ghiaia da altezze siderali e sono intitolate: Bad Timing, il momento sbagliato.

A pochi passi di distanza da questo scontro tra opposti un’altra collisione sembra più fortunata e, in fondo, pare dare ragione a chi crede, più fermamente che in concetti determinati una volta per tutte, alla contaminazione tra cornici e quadri, contesti e testi. Forse tra tutti i momenti in cui un pontefice indie poteva apparire in uno dei luoghi meno underground di Roma (consideratane anche la relativa altezza sul livello del mare) questo fine settimana di inizio autunno era proprio quello giusto.

Foto: Mattia Zoppellaro/Studio Nico Vascellari/Bomba Dischi

Altre notizie su:  Calcutta