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L’avventura di Todd McFarlane nel mondo dei videoclip

L'uomo che ha disegnato alcune delle più celebri copertine della Marvel ha ideato video rimasti nella storia come 'Freak on a Leash' dei Korn e 'Do the Evolution' dei Pearl Jam. Qui racconta com'è andata

Foto: Albert L. Ortega/Getty Images

Niente poteva preparare Todd McFarlane, nemmeno la notorietà nel mondo dei fumetti, all’impatto con gli appassionati di musica. «Ho scoperto che le groupie del rock’n’roll sono molto diverse da quelle dei fumetti», dice l’uomo che ha creato Spawn e illustrato una delle più memorabili copertine Marvel dedicate a Spider-Man. Il suo successo ha convinto i Pearl Jam a chiedergli di dirigere il loro video di Do the Evolution, nel 1998, e da allora si è occupato di clip di Korn, Ozzy Osbourne e altri.

«I Korn erano a Phoenix, dove vivo, per un firmacopie», ricorda. «Uno di loro s’era ammalato, così mi hanno fatto sedere in mezzo a loro. Siccome sono un quintetto, la maggior parte delle persone ha pensato che fossi uno della band». Continua, ridendo: «Non avevo mai firmato un seno, prima d’allora. È roba che non succede nelle convention di fumetti. E mia moglie era lì. I ragazzi della band non hanno fatto una piega. Io dicevo: “Mica posso toccarti”. È stata un’esperienza che mi ha aperto gli occhi. “Wow, esiste una fan base diversa da quella a cui io sono abituato”. Io di solito vedo tizi grossi, pelosi, sudati coi brufoli sulla schiena».

McFarlane non è un grande appassionato di musica (i pezzi che ascolta di più sono il Rose’s Theme da Titanic e The Way di Zack Hemsey, che mette in loop mentre lavora), eppure ha un talento naturale per i video musicali. Quando Eddie Vedder, colpito dalla serie animata Spawn, gli ha chiesto di creare un video per Do the Evolution, una delle prime cose che McFarlane ha notato è che molti clip musicali erano spazzatura.

«Mi ha sorpreso scoprire che pochissimi video musicali sono montati seguendo la musica», spiega collegato via Zoom dal suo studio a Phoenix dove sta lavorando al nuovo libro Batman Spawn. «Ascoltavo le canzoni, guardavo i video e pensavo: ci sarà di sicuro qualcosa di figo, un montaggio serrato o qualcosa d’altro. E invece niente. Mi sorprende sempre il fatto che trascurino quello che per me è un elemento visuale semplicissimo da cogliere».

Dalla pallottola magica del video vincitore di un Grammy Freak on a Leash all’uomo del Monopoli nel clip dei Disturbed per la loro cover di Land of Confusion dei Genesis, McFarlane ha sempre creato immagini indimenticabili. Qui ci racconta la storia di ognuno dei cinque video che ha finora realizzato. (Kory Grow)

Do the EvolutionPearl Jam1998

Arriva una telefonata all’improvviso: è Eddie Vedder. Mi propone questo: «L’etichetta ci tormenta, dobbiamo fare un video. Non ci piacciono molto i video musicali e non ne facciamo uno dai tempi di Jeremy. Ma ho visto Spawn e mi è venuta un’idea: lo faremo animato. Così non dovrò recitare». Il brano era Do the Evolution. Eddie mi fa: «Todd, voglio che il video condensi tutto, tempo, spazio e dimensione, in tre minuti e mezzo. Ho un’idea e ti manderò una cosa». Nel giro di un paio di giorni mi arriva una VHS. Aveva preso spezzoni di episodi di Spawn registrati dalla tv e li aveva montati con la musica di Do the Evolution. Era davvero notevole, così gli ho telefonato: «Bello. Chi l’ha fatto?». E lui: «Io». Così gli ho chiesto: «E come hai fatto il montaggio?». «Ho un AVID», un macchinario per il montaggio video. Dunque i rocker hanno degli AVID in casa? È questo ciò che fanno nel tempo libero? Era davvero bravo. Al punto che quando, alla fine, ha domandato «Todd, potrei venire in California e assistere al montaggio?» ho acconsentito. È stato con noi per tre giorni.

Aveva molte idee. Tante delle cose più strane, come il macchinario che sembra partorire, sono farina del suo sacco: probabilmente noi non ci saremmo spinti così oltre. Gli abbiamo mostrato delle idee che forse erano un po’ troppo caure. «No», diceva, «voglio di più, voglio che la gente abbia delle reazioni forti vedendolo». I grilli sul finale sono una sua idea. Guardava e riguardava il video, come se ci fosse qualcosa che non andava, poi ha detto: «Possiamo mettere il suono dei grilli alla fine?». Sembrava una richiesta bizzarra, ma quando ci abbiamo provato abbiamo capito che era figo. Faceva da collante.

L’altra storiella che ho è un po’ sciocca e non ha niente a che fare con la musica. Per tutti e tre i giorni Eddie si è presentato al montaggio con una valigetta. Aveva un’aria molto professionale. Il terzo giorno gli ho domandato: «Scusa Eddie, non voglio farmi i fatti tuoi, ma perché tieni sempre con te quella valigetta senza usarla? Non è meglio lasciarla in auto?». «Oh mio Dio, Todd. Sono contento che tu finalmente me l’abbia chiesto». L’ha aperta e dentro c’erano due guantoni da baseball nuovi e una palla. Sapeva che io sono mancino per cui ce n’era uno apposta per me. Eddie è un fanatico del baseball, come me. Mi sono pagato il college con una borsa di studio avuta per il baseball, lui sapeva che giocavo. «Mi chiedevo se ti andasse di fare due tiri in una delle pause». Ancora oggi mi domando: se ne sarebbe andato senza aprire la valigetta se non gli avessi chiesto nulla? Faceva un caldo anomalo per la stagione, quel giorno. C’erano più di 37 gradi. E lui se ne stava lì fuori, tutto vestito di nero, con il giubbotto e una sigaretta. Io vivo a Phoenix, Arizona, e sono come gli scarafaggi: il calore non mi crea alcun problema. Eddie però voleva mettersi un po’ in mostra, perché sapeva che giocavo a baseball e probabilmente ha voluto strafare. Dopo una dozzina di minuti temevo stesse per schiattare. Aveva il fiatone e alla fine ha detto: «Ok Todd, vuoi fare una pausa?». E io: «No». Poi l’ha chiesto ancora e ho capito: era a lui che serviva un break. Così gli ho detto: «Eddie, forse dovresti bere un bicchier d’acqua». Ricordo di averlo visto sedersi e di avere pensato: oh oh, sto rischiando di ammazzare Eddie Vedder, forse dovremmo smettere. Ma ho apprezzato l’entusiasmo genuino che Ed mette in ogni cosa: musica, sport, montaggio… tutto.

Freak on a LeashKorn1999

I Korn avevano fatto un pezzo (Kick the P.A.) per la colonna sonora di Spawn. Immagino mi abbiano chiamato perché Do the Evolution aveva ricevuto una nomination ai Grammy. Sapevo che il video di Freak on a Leash avrebbe dovuto essere metà d’animazione e metà in live action, e che io mi sarei dovuto occupare della parte animata. I registi della parte recitata, Jonathan Dayton e Valerie Farris, hanno poi fatto questo filmetto molto carino intitolato Little Miss Sunshine, buon per loro. Ci siamo chiesti: vogliamo tenere separate le parti di animazione dalla live action? Ho deciso che avremmo usato la pallottola come un testimone di staffetta. Avrei iniziato io, poi l’avrei passato a loro che avrebbero fatto le loro cose, per poi ripassarmelo. Avremmo anche giocato sull’immagine che avevo realizzato per la copertina dell’album Follow the Leader.

L’idea base del video era che pallottole e pistole sono giocattoli per adulti mentre i bambini sono innocenti. Una metafora. La guardia entra e spara: quando si passa alla live action, vedi il pericolo potenziale con la pallottola che spacca oggetti e sfiora le persone, ma alla fine la bambina la afferra e gliela consegna. Come dire: «Sei un adulto. Questa è roba tua. Riprenditela».

BreathSwollen Members feat. Nelly Furtado2002

Gli Swollen Members sono una band canadese come me, così si sono giocati questa carta. Allora erano piuttosto famosi nella scena musicale del Canada. Mi hanno spedito i loro video precedenti da visionare e il postino, ogni volta che mi consegnava un pacchetto, faceva una faccia strana. Non ci ho fatto caso fino al quarto o quinto pacco. E poi, finalmente, ho capito: mi portava queste buste marroni senza altre scritte se non Swollen Members, membri gonfi. Deve avere pensato: «Caspita, ragazzo, ordini un sacco di sex toys!».

Quel video è stato un po’ diverso perché il budget era limitato. Avevo 10-11 ore di tempo per girarlo. Lo abbiamo fatto a Vancouver in questo posto fichissimo dove ci hanno raccontato che erano state girate molte parti di Dark Angel con Jessica Alba. C’erano tre o quattro set allestiti, per cui spostandosi di nemmeno dieci metri sembrava di andare in posti completamente diversi. In questo modo si poteva cambiare scenario molto velocemente, visto che il tempo stringeva. Lì c’era una gabbia gigante d’acciaio, di quelle in cui si mettono i sub per proteggersi dagli squali. Non potevo non usarla. Il fatto è che per queste cose devi avere l’approvazione dalla casa discografica: loro avevano approvato il progetto, ma la parola “gabbia” non compariva da nessuna parte. Eppure quell’oggetto era figo. Nella notte io e lo sceneggiatore, nella nostra stanza, abbiamo riscritto il copione. Non avevo il tempo di chiedere l’approvazione, ma intanto mi pagavano talmente poco che non mi preoccupavo certo del loro consenso. Chi se ne fotte se a loro non piace la gabbia? Sarà una figata. Ricordo che il primo assistente alla regia, che era legato agli studios, mi ha detto: «Cosa stai facendo?». E io: «Giro questa cosa». «Non è nel copione, vero?». Alla fine è andata bene. Abbiamo usato la gabbia per la scena in cui Nelly, che era una specie di regina voodoo dei vampiri, catturava gli Swollen Members. Nessuno ha controllato se la gabbia fosse in sicurezza e alla fine delle riprese uno del gruppo si è tagliato una mano, sanguinava. Il suo manager mi ha detto: «Che cazzo fai, Todd? I ragazzi non devono farsi male». Ma il musicista pensava che fosse una figata il fatto che fosse sangue vero. Il manager mi ha detto: «È una stronzata. Non si può fare». Ed è uscito a fare una telefonata. Nel frattempo ho chiesto: «Posso filmare le tue mani col sangue?». «Sì, facciamolo». Sono state tutte piccole coincidenze fortunate. La cosa bella della maggior parte dei musicisti è che quando sono giovani di solito si prestano a tutto.

L’unica preoccupazione di Nelly era: «Todd, ho un paio di brufoli. Si vedranno?». Le ho risposto: «Non preoccuparti, Farò in modo che tu sia fantastica». Era bellissima. A un certo punto mi ha detto che voleva provare una cosa. Era quasi ora di pranzo e le ho detto: «Ok, se non ti pesa saltare il pasto. Io non ho bisogno di mangiare». Siamo andati su e c’erano delle assi che sembravano mensole per libri vuote. Abbiamo montato un obiettivo, per farle sembrare più lunghe, e lei ha fatto una serie di movimenti scomposti, bizzarri. Abbiamo girato tutto in pausa pranzo, solo il cameraman, Nelly ed io. Mi ha colpito molto che lei, invece di fare la diva, una volta che ha capito che non stavamo facendo una cosa sciocca, si è messa a disposizione attivamente per girare delle scene extra. Le abbiamo usate tutte.

Land of ConfusionDisturbed2006

I componenti dei Disturbed avevano le idee chiare su ciò che volevano fare. Sono arrivati con il brano e degli spunti già definiti, così abbiamo cercato di lavorare al servizio delle loro idee ed esigenze. Il mio obiettivo, quando faccio video, è che il tutto sia abbastanza divertente e interessante da farti soprassedere sul fatto che, magari, non ti piace la band o la musica. Se invece ti piacciono le due cose, il video dovrebbe essere un’aggiunta, come il condimento sul tutto. P

er Land of Confusion abbiamo cercato di raccontare una storia lineare, molto diversa rispetto a Do the Evolution. Ho lavorato ancora con Greg Capullo, il mio socio che era un fan dei Disturbed, peraltro. Il cattivo della storia (che incarna l’avidità delle corporation, il capitalismo) sembra una versione distorta dell’omino del Monopoli, una scelta intenzionale, perché è un simbolo che tutti conoscono. La mascotte della band, a livello visivo, è stata facile da mettere in scena. Ha il ruolo di un supereroe e ne ha il look: vestiti neri, viso scuro. Gli Iron Maiden hanno fatto scuola, in questo senso. Così, non solo la mascotte dei Disturbed ha il ruolo del buono, ma sembra anche un duro, come i personaggi di cui mi occupo io: il Punitore, Wolverine, Spawn… sai, quelli tosti. Si potrebbe obiettare che, nel video, ci sono momenti che ricordano i cartoni animati per bambini, ma sapevo che il target era soprattutto composto da giovanissimi, per cui non ci siamo trattenuti.

Patient Number 9Ozzy Osbourne feat. Jeff Beck2022

Ho conosciuto Ozzy quando la McFarlane Toys ha realizzato alcune sue action figure, anni fa. Ozzy ed io abbiamo fatto degli eventi promozionali per l’occasione e ci siamo trovati benissimo. Qualcuno mi ha detto che Ozzy stava per pubblicare qualcosa e Sharon voleva sapere se fossi interessato a lavorarci su. Era prima dell’intervento chirurgico di Ozzy. Sharon mi ha detto che doveva essere soprattutto di animazione e che avremmo avuto dalle quattro alle sei ore di tempo per girare le scene in live action con Ozzy. Mi hanno mandato la canzone e mi ha piacevolmente sorpreso. Era molto orecchiabile. Ci siamo poi risentiti al telefono e abbiamo parlato a lungo. Siccome il pezzo racconta di una persona affetta da una patologia mentale, eravamo d’accordo sul fatto che il video non doveva avere alcun senso. Concettualmente, mi piaceva l’idea che ogni persona possa avere idee differenti su quanto appena visto. Poi sono entrati in gioco un tizio che si chiama Mike Wartella e la sua casa d’animazione. Quello che avevano fatto era troppo logico. «Devi eliminare la trama», gli ho detto. «Fai quello che vuoi, non mi interessa cosa. Deve solo essere figo». Perché se Ozzy nel video è un pazzo, quello che gli passa per la mente non deve avere alcun senso. L’ho fatto incazzare a tal punto che un giorno ha incasinato tutto. «Tanto» avrà pensato «mi diranno che non va bene». Ed è stata la svolta. «Mike, finalmente ce l’hai fatta». E lui: «Quindi mi stai dicendo che vuoi che non abbia senso». «È quello che ti ripeto dal principio».

Avrei voluto girare le parti con Ozzy in un set dove si potevano usare degli oggetti di scena, ma mi hanno mandato altrove, in uno studio con un green screen, perché era vicino a casa di Ozzy. Abbiamo dovuto fare un po’ di compromessi. La questione era: «Cosa posso tirar fuori da Ozzy in quattro ore?». Sapevo che non stava bene e non volevo farlo sforzare, la schiena lo stava uccidendo. Gli ho chiesto di fare cinque o sei cose, sperando che riuscisse a farne almeno due o tre. Se ne stava lì tranquillo e al mio «Azione!» si è animato e ha fatto esattamente tutto ciò che gli avevo chiesto. Gli ho fatto fare dei playback e andavano bene. Nessuno avrebbe mai pensato che quell’uomo stava soffrendo dolori atroci, in quel momento pensava solo ad esibirsi per il suo pubblico.

Una cosa divertente, per chiudere, è che siccome Ozzy disegna, aveva portato alcuni schizzi. In un paio di scene, verso la fine, quando si vira al rosso, si vedono i disegni di Ozzy: è una cosa molto cool e divertente.

Da Rolling Stone US.

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