La Rock and Roll Hall of Fame ha un problema con gli Iron Maiden (e col metal) | Rolling Stone Italia
Up the Irons!

La Rock and Roll Hall of Fame ha un problema con gli Iron Maiden (e col metal)

È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che certi gruppi entrino nella Rock Hall: triste storia dell’avversione dei custodi del buon gusto musicale nei confronti dell’hard & heavy

La Rock and Roll Hall of Fame ha un problema con gli Iron Maiden (e col metal)

Gli Iron Maiden nel 1985

Foto: Paul Natkin/Getty Images

Cinque anni fa hanno chiesto a Bruce Dickinson un parere sulla Rock and Roll Hall of Fame. Il cantante degli Iron Maiden ha risposto piccato: «Se mai ci inviteranno a entrarci, mi rifiuterò di farlo, là dentro non ci andrò manco morto». Un anno dopo, Steve Harris ha espresso un punto di vista più equilibrato: «È bello essere premiati e ricevere riconoscimenti, ma non è il motivo per cui facciamo musica».

Quest’anno, per la seconda volta, la Rock Hall ha preso in considerazione l’ammissione degli Iron Maiden che già dal 2005 possiedono i requisiti necessari e li ha di nuovo snobbati, forse per la repulsione mostrata dalla band nei confronti dell’istituzione o forse perché i votanti non amano il metal. Black Sabbath, Sex Pistols e Axl Rose hanno mostrato il medio all’organizzazione, ma sono stati comunque ammessi. Come loro, gli Iron Maiden meritano un posto nella Rock Hall, che lo vogliano o meno. Il fatto che non sia successo negli ultimi 18 anni è emblematico dell’avversione nei confronti dell’heavy metal da parte dei custodi del buon gusto musicale.

Per molti anni il metal è stato il figlio reietto del rock, spesso per scelta. È tempo di allargare gli orizzonti e riconoscere il contributo che ha dato alla musica popolare. L’ammissione di quest’anno dei Rage Against the Machine nella Rock Hall è un passo nella giusta direzione e lo stesso Tom Morello ha detto che gli Iron lo hanno influenzato. È una cosa che potrebbero dire molti altri musicisti.

Gli Iron Maiden hanno contribuito ad allargare il vocabolario dell’heavy metal e di conseguenza del rock fin dall’uscita del debutto omonimo del 1980. Nella Rolling Stone Illustrated History of Rock & Roll, Lester Bangs descriveva il metal come «il corrispettivo sonoro di un ariete» notando che «con gli anni ’70 che volgono al termine, sembra che l’heavy metal abbia esaurito la carica», per poi caldeggiare in alternativa la scena punk. Il libro è dell’80 e quindi Bangs non aveva ancora avuto modo di ascoltare gli Iron Maiden, che non solo suonavano come un ariete, ma anche come un aereo da combattimento, come un migliaio di cavalli lanciati alla carica, come una sirena antiaerea.

Se gruppi di metà anni ’70 come Black Sabbath, Cream o Judas Priest erano inclini alla cupezza e alla malinconia, gli Iron Maiden hanno introdotto nel genere un’idea rinvigorente di speranza, di resilienza, di slancio. Pieni d’adrenalina, si sono destreggiati nelle strutture intricate di pezzi come Prowler, Phantom of the Opera e Iron Maiden, ispirando Metallica, Slayer e tutto il contingente thrash metal a suonare più veloce e in modo più complesso. A Kurt Cobain piaceva scarabocchiare la loro mascotte Eddie, che ha anche ispirato Chuck D a disegnare il logo dei Public Enemy. E poi, grazie alla voce roca di Paul Di’Anno, i Maiden sembravano dei tipi davvero tosti.

Nel 1982, quando Di’Anno è stato sostituito da Bruce Dickinson, cantante dotato di un talento drammaturgico tra Shakespeare e Doctor Who, il loro sound è diventato ancora più potente. A differenza di Sabbath, Zeppelin e Priest, che prendevano spunto dal blues, l’album epocale degli Iron Maiden del 1982 The Number of the Beast sembrava quasi musica classica. L’autore principale della band, Harris, scriveva ritmi rossiniani galoppanti e armonizzava le linee di chitarra per Dave Murray e Adrian Smith nella title track e in Run to the Hills seguendo le regole del contrappunto di Bach. Aggiungete la teatralità di Dickinson (simile a quella di Ronnie James Dio) a una canzone come Hallowed Be Thy Name e avrete una sorta di opera. Fin dall’inizio, i Maiden hanno trovato un equilibrio tra raffinatezza e aggressività, senza alienarsi le simpatie del pubblico.

Nel decennio successivo hanno affinato il sound sul lato della velocità (Aces High), della melodia (Wasted Years, Can I Play with Madness?), della compattezza (The Trooper) e, in un certo senso, dello sfarzo (The Evil That Men Do), il tutto costruendosi una fanbase devota e desiderosa di vederli suonare nelle arene con scenografie enormi. Sono persino riusciti a prendere il poema epico di Samuel Taylor Coleridge La ballata del vecchio marinaio e l’hanno trasformato in un pezzone che tiene viva l’attenzione degli spettatori per 14 minuti. Vi viene in mente un solo insegnante del liceo in grado di fare una cosa del genere?

A livello musicale, i Maiden si sono presi dei rischi che avrebbero terrorizzato la maggior parte dei rocker mainstream. Nel 2006, quando hanno pubblicato A Matter of Life and Death, hanno suonato il disco nella sua interezza negli stadi e nei palasport, proponendo solo alcuni classici come bis, e comunque il pubblico era in estasi. Non hanno mai avuto una hit nelle radio americane e probabilmente manco l’hanno desiderata. I pezzi migliori del loro album più recente, Senjutsu del 2021, durano più di 10 minuti. È una scelta anti-commerciale, eppure l’album e i tre precedenti sono entrati nella top 10 di Billboard. La loro musica è arrivata persino al Papa, in Vaticano.

L’innovazione, la dedizione, l’influenza esercitata e il totale rifiuto di compromettere la propria arte hanno reso gli Iron Maiden più che meritevoli di entrare nella Rock and Roll Hall of Fame: sono visionari alla stregua dei Pink Floyd, dei Queen, degli U2 e persino dei Beatles… giusto più duri.

La mancanza di considerazione non è riservata esclusivamente a loro. Le istituzioni mainstream, dalla Rock Hall ai Grammy fino a Rolling Stone (eccoci qua) ci hanno messo un bel po’ di anni a entusiasmarsi per l’heavy, bollandola come musica rozza. A causa di film come This Is Spinal Tap e Fusi di testa (entrambi esilaranti) il genere s’è fatto la reputazione di musica per idioti, il che è ingiusto visto che persone intelligenti e talentuose di ogni estrazione sociale lo seguono e vi si identificano.

Solo i più grandi gruppi metal o affini sono entrati finora nella Rock Hall: Black Sabbath, Led Zeppelin, Metallica, AC/DC, Judas Priest, Kiss, Van Halen, Rush, Deep Purple. Tanti altri artisti che hanno i requisiti per entrarci e lo meriterebbero sono stati scartati, un anno dopo l’altro, non solo i Maiden: Slayer, Dio, Motörhead, Mötley Crüe, Ozzy Osbourne solista, Megadeth, Pantera, Thin Lizzy, Korn, Tool, Danzig, Anthrax, Celtic Frost e molti altri. Sono musicisti che hanno preso le idee del rock’n’roll e le hanno arricchite trasformandole in qualcosa di nuovo. E sono tra l’altro autori di una parte dei dischi fisici venduti ogni anno, dal momento che i metallari sono una delle fanbase più appassionate al mondo.

Negli ultimi anni Rock Hall ha fatto passi da gigante per ampliare la definizione di rock’n’roll, riconoscendo che l’hip hop, il synth pop, l’alternative rock e la musica country hanno contribuito allo spirito di questa forma d’arte. È ora che il metal venga incluso nell’ampia definizione di rock’n’roll. Poche band ne incarnano i principi fondamentali (personalità, ribellione, originalità) come gli Iron Maiden. Se necessario, trasciniamo a forza Bruce Dickinson nella Rock and Roll Hall of Fame. Up the Irons!

Da Rolling Stone US.

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