La giornata più pazza dell’Eurovision 2024 | Rolling Stone Italia
Eurobotte da orbi

La giornata più pazza dell’Eurovision 2024

Prima le percentuali pubblicate per errore e poi, a cascata, un misto d’interpretazioni strampalate, complottismi, politica, antipolitica e video di 10 secondi fuori contesto che diventano chiave d’interpretazione geopolitica. Insomma: che vinca qualcuno e metta fine a questo strazio

La giornata più pazza dell’Eurovision 2024

Joost Klein

Foto: Corinne Cumming/EBU

Che non sarebbe stata una giornata normale lo si è capito ieri mattina presto quand’ha cominciato a rimbalzare sui social la notizia che ha oscurato qualunque altra riguardasse l’Eurovision Song Contest italiano. Alla fine della seconda semifinale la Rai ha fatto passare le percentuali del televoto espresse nel nostro Paese. È un’irregolarità, giacché nell’ESC dev’essere tutto segreto segretissimo fino a sabato, persino la composizione delle giurie nazionali, la cui identità va celata come quella di Liberato o dei testimoni di mafia. Peggio ancora: s’evinceva dalle percentuali che il Paese reale (o irreale, secondo i complottisti) aveva votato per il 40% circa per l’amatissima odiosissima dolcissima genocida israeliana Eden Golan.

A quel punto, il commento più razionale e pacato che si leggeva su X era il seguente: hanno fregato Angelina Mango, la Rai ha fatto apposta a penalizzarla forse perché l’Italia non vuol sobbarcarsi la fatica e la spesa d’organizzare un altro Eurovision dopo quello di Torino, forse perché il servizio pubblico è in mano a una cricca di schifosi sionisti, forse perché è donna. Versione alternativa: siamo una nazione d’incapaci che mostrano cose che non dovrebbero mostrare. Versione degli attivisti: svegliatevi gente, il problema non sono i voti in chiaro, è il fatto che tanti italiani abbiano votato per la ragazza genocida. Versione degli attivisti complottisti: è chiaro che nessuno ha votato per la genocida, i dati sono manipolati.

È iniziata così la giornata più pazza dell’Eurovision Song Contest 2024, un misto d’interpretazioni strampalate, pensiero binario, complottismi, idiozia pura, politica, antipolitica, apolitica, video di 10 secondi fuori contesto che diventano chiave d’interpretazione geopolitica. «È la fine dell’Eurovision», scrivono convinti sia quelli che pensano sia stato un errore far entrare la questione palestinese in una gara di canzonette per lo più sceme, sia quelli che pensano che sia stato un errore non fare entrare la questione palestinese in una gara di canzonette per lo più sceme. Vivono nello stesso tempo, davanti agli stessi schermi.

Vale tutto e il contrario di tutto in questo Eurofestival (chiedo scusa ai puristi dell’eurolingua canzonettara) che ha due colpe: arrivare in un periodo drammatico della nostra storia recente (come se la storia non fosse sempre drammatica) e non riuscire a gestire le situazioni con chiarezza e tempestività. Viene un dubbio: non è che gli organizzatori di ESC sono gli stessi che gestiscono la Formula 1 dove le penalità vengono comminate ore dopo la fine dei gran premi?

Intanto a Malmö ci sono state manifestazioni pro Palestina (pare 12 mila persone, mica poche) e pro Israele (pochissime persone). Le proteste arrivano anche dentro l’arena, con fischi sonori a Golan e alla sua Hurricane e tentativi maldestri da parte dell’Eurovison Broadcast Union che organizza la cosa di tenere fuori la politica dalla competizione, cosa peraltro sempre avvenuta. Ma la politica è come l’acqua: s’infila dappertutto.

Sui social, intanto, i cantanti di ESC 2024 venivano trattati come prigionieri di uno stato di polizia che impediva loro di parlare ed esprimersi. Vittima della censura l’irlandese Bambie Thug cui è stato impedito d’apparire in diretta giovedì sera con la scritta “cessate il fuoco” sul corpo, una richiesta inaccettabile. Accettabilissima invece la richiesta (accolta) a Israele di cambiare il testo di October Rain in Hurricane perché conteneva riferimenti al 7 ottobre. La politica deve rimanere dentro, ma anche un po’ fuori, e insomma dipende da che parte stai.

Intanto arrivavano brevi video tratti dalla conferenza stampa dei semifinalisti, con la concorrente greca Marina Satti, 37 anni e comportamenti da quindicenne e quindi diventata subito eroina di due mondi, che sbadigliava e fingeva d’addormentarsi mentre parlavano gli israeliani. Attivismo da terza elementare, ma pur sempre attivismo, no? Un giornalista ha posto una domanda delicatissima a Golan: «Hai mai pensato che la vostra presenza qui comporti dei rischi e dei pericoli per gli altri partecipanti e per il pubblico?». Il moderatore ha detto che non era necessario rispondere, il concorrente olandese Joost Klein ha replicato prontamente: «Perché no?».

Poco dopo è scoppiato il caso. In buona sostanza, Klein è stato protagonista d’un non meglio specificato incidente (vedete che è come come nella Formula 1?) ed è stato messo quindi sotto inchiesta. Qualcuno senza alcuna prova dice: è stato minacciato dai bulli della delegazione israeliana. Passa questa versione dei fatti, si scatena l’attivismo twittarolo: i sionisti e i loro porci complici stanno cercando di farlo fuori perché ha osato criticare Israele. Il cantante di Europapa diventa l’eroe dell’intifada digitale. No Klein no party.

Ieri sera s’è tenuto il cosiddetto Jury Show, le performance che vedremo stasera col pubblico in sala, ma a favore solo delle giurie nazionali, in modo che possano esprimere il loro 50% di voto che andrà a sommarsi al 50% del televoto che sarà espresso oggi durante la finale. Grandi fischi e contestazioni per Golan, Klein assente. Al suo posto, il video della performance di giovedì sera. Le grida di censura e di vergogna diventano via via più forti mentre si rafforzano le voci secondo cui Klein avrebbe in realtà avuto uno scontro con un/una fotografo/a o comunque un lavoratore dell’ESC. Non si sa ancora cosa sia accaduto, ma la Corte Eurovisiva dei Diritti dell’Uomo ha sentenziato: Joost Klein non ha cantato al Jury Show perché ha osato dire qualcosa contro Israele. L’idea di aspettare ad esprimersi per capire cos’è accaduto non passa per le mente di nessuno.

In tutto questo casino, da una parte Rai finalmente decide di diffondere un comunicato sull’incidente dei voti passati nel sottopancia dicendo che è stato un errore e che comunque si trattava di voti parziali e quindi non vanno presi sul serio, siam brava gente, dall’altra Angelina Mango fa il gesto della giornata. Arriva in sala stampa dicendo di volere far parlare la musica e trasmettere «il messaggio più forte che io possa condividere». Canta una cover di Imagine di John Lennon. «Quando nient’altro funziona, canta Imagine», disse ai tempi dell’11 settembre Neil Young, che la fece al concerto benefico America: A Tribute to Heroes. È una canzone apparentemente buona e smielata che in realtà dice letteralmente: immagina che non esistano religioni e nemmeno Stati. E quindi, niente Israele e nemmeno Palestina. Dalla soluzione dei due Stati a quella degli zero Stati.

Le interpretazioni del gesto vanno da «mossa furbetta per uscire dall’impasse dopo la gaffe della Rai e le polemiche politiche» a «bello che a parlare torni la musica», passando per «eh no, cara Angelina, questo non è attivismo». Tutto si complica quando esce un altro video di pochi secondi in cui Mango lascia la sala stampa presumibilmente dopo aver cantato Imagine. È visibilmente scossa, la manager le accarezza la testa mentre lei scappa via e passa il badge. Un piccolo crollo in una situazione di tensione? Macché, per gli attivisti è la prova provata che Angelina è stata costretta con la forza a prestarsi a quella recita buonista e, indovinate?, sionista.

Non finisce qui, perché esce un altro video. È girato nel camerino di Eden Golan che triggera (chiedo scusa, a forza di stare sui social si disimpara a scrivere, a parlare, a ragionare) un po’ tutti quanti. Manca il contesto, ma che te ne fai del contesto quando hai tre tacche di connessione 4G? C’è la cantante che, con in mano il telefono al posto del microfono, interpreta Hurricane mentre collaboratori e membri della sua delegazione urlano insulti e slogan pro Palestina. Lei sorride. È una prova di quel che dovrà affrontare? È una presa per il culo dei manifestanti pro Palestina? Macché, leggo che è un’offesa ai bimbi morti di Gaza. Qualcuno dice che Golan è un’ebrea d’origine russa e quindi commenta: all’Eurovision hanno un doppio standard, la Russia fuori, lei dentro.

E si va avanti così per tutto il giorno e per tutta la sera in attesa che la soap di Klein torvi una conclusione sensata e che vinca qualcuno (nei pronostici Mango è scesa, Golan è salita), anzi che vinca chiunque e metta fine a questo strazio (se siete persone molto razionali) o a questa irresistibile commediola (se avete senso dell’umorismo) e si torni a parlare, ma sul serio e non con gli slogan e gli hashtag di quel che sta accadendo a Gaza, dei veri drammi, dei morti e delle vite in pericolo, di un cessate il fuoco. Alla fine l’unico commento sensato lo si è letto sotto un post sul mezzo pianto di Angelina Mango: «Le mie foto di nudo nel mio profilo». Finalmente un fatto preciso, inequivocabile.