Jennifer Lopez e Shakira hanno portato la voce dei latinoamericani in milioni di case | Rolling Stone Italia
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Jennifer Lopez e Shakira hanno portato la voce dei latinoamericani in milioni di case

L’Halftime Show del Super Bowl passerà alla storia. Per 15 minuti, le due pop star hanno messo in scena la propria diversità culturale

Jennifer Lopez e Shakira hanno portato la voce dei latinoamericani in milioni di case

Shakira e Jennifer Lopez all'Halftime Show del 2020

Foto: Kevin Mazur/WireImage

Cosa c’è di meglio di una diva per l’halftime show del Super Bowl? Due dive! Rappresentando il talento latino da Barranquilla al Bronx, la regina colombiana del pop Shakira e la superstar nuyoricana Jennifer Lopez hanno messo in piedi all’Hard Rock Stadium di Miami uno show impossibile da dimenticare.

“Credo sia super importante che due donne latine siano headliner del Super Bowl”, ha detto Lopez al Los Angeles Times. “Soprattutto ora, nell’America di Trump”.

Tuttavia, nei mesi precedenti allo show, sia i fan che i detrattori hanno criticato le due pop star per aver accettato la proposta dell’NFL. Citando l’addio del quarterback dei San Francisco 49ers, Colin Kaepernick – noto per essersi inginocchiato durante l’inno nazionale per protestare contro le disuguaglianze razziali –, molti artisti di colore, tra cui Rihanna e Cardi B, hanno declinato l’offerta di suonare al Super Bowl del 2020. Secondo i critici, finché Kaepernick resterà senza lavoro per aver esercitato il suo diritto alla libertà di espressione, suonare all’halftime show significa superare una linea invalicabile.

In solidarietà con Kaepernick, il rapper-diventato-imprenditore Jay-Z si è unito alle fila del boicottaggio. Almeno fino al 2019, quando l’NFL ha proposto una partnership alla sua azienda, Roc Nation, così da riabilitarsi e proporre una lineup di performer innovativa al Super Bowl di Miami. Quando all’offerta si è aggiunta l’iniziativa Inspire Change, che ha proposto di donare 100 milioni di dollari ad associazioni di giustizia sociale, Jay-Z ha pensato che forse quella era una sfida che valeva la pena affrontare. In onore della popolazione ispanica di Miami, il 70% del totale, ha reclutato le due latine più famose che potesse immaginare: J.Lo e Shakira.

Online, sia la comunità latina che altri hanno passato i giorni precedenti allo show impegnati in una disputa intellettuale (“Sarebbe un grande momento per la comunità se due latine si dichiarassero alleate della comunità afroamericana e rifiutassero l’offerta di suonare al Super Bowl”, ha scritto Melania-Luisa Marte su Remezcla). Mentre l’ex squadra di Kaepernick si preparava ad affrontare i Kansas City Chiefs nella partita di football più importante dell’anno, la sua assenza era particolarmente sentita online. E per molti, gioire per la rappresentazione della comunità latina era come tradire quella afroamericana – una tensione sentita con particolare forza tra i neri latini. Questo nuovo halftime show inclusivo era solo un modo per mettere a tacere gli attivisti neri? O poteva diventare uno spazio per alimentare il cambiamento sociale negli Stati Uniti? Guardando lo show sembrava impossibile farsi una domanda del genere – perché la risposta è sì, semplicemente sì.

Nel contesto ampio della cultura pop americana, l’halftime show di quest’anno rappresenta indubbiamente un momento cruciale per la comunità latinoamericana. Adesso, a quasi 20 anni di distanza da quando Shakira e Jennifer Lopez si sono fatte bionde e hanno aiutato a costruire uno spazio per il pop bilingue nel mainstream degli Stati Uniti, il debutto al Super Bowl è stato come chiudere un cerchio. E non possiamo che definire geniale la scelta di invitare i gangster del New Latino J Balvin e Bad Bunny, due degli hitmaker più prolifici di questi anni, entrambi nominati agli ultimi Grammy. Consapevoli, forse, dell’importanza del momento, il duo ha saltato la cerimonia dello scorso weekend per provare in segreto a Miami con le donne che gli hanno aperto la strada (vale la pena ricordare, forse, che né Shakira né Jennifer sono le prime latine a suonare all’halftime show, l’onore spetta alla leggenda cubana-americana Gloria Estefan, che nel 1992 ha cantato Get On Your Feet nella gelida Minneapolis).

Se c’è qualcuno capace di capire cosa significhi arrivare dal mercato pop in lingua spagnola a quello nordamericano, questa persona è Shakira. Per cominciare, la cantautrice colombiana ha strategicamente messo in campo un arsenale di hit familiari alla sua fanbase anglofona. Ha aperto il set con il classico disco del 2009 She Wolf e, imbracciando una Gibson Firebird ricoperta di diamanti, è passata al rock di Empire e un’orchestra l’ha accompagnata durante un accenno di Kashmir dei Led Zeppelin. Poi, con una corda in mano, Shakira Mebarak Ripoll ha messo in mostra la sua discendenza libanese con la hit house Ojos Asi – illuminata da un break di danza del ventre. (Godete al pensiero che, da qualche parte nella tribuna d’onore, il cuore di Rupert Murdoch batteva all’impazzata).

La coreografia di Shakira è stata interrotta dall’inizio del remix reggaeton di Whenever, Wherever. Ricoperto da non meno di 13mila cristalli Swarovski, il cantante di Puerto Rico Bad Bunny è apparso sul palco per cantare la sua hit bilingue I Like It – senza Cardi B e Balvin. Insieme, lui e Shak hanno continuato con un remix salsa di Chantaje, in cui Bunny ha inserito il testo del suo singolo Callaìta.

Dopo aver abbagliato milioni di persone con la hit del 2005 Hips Don’t Lie, Shakira ha citato il rock latino anni ’90 di ¿Dónde Están los Ladrones? con un rischioso crowd surfing. Tornata sul palco, ha festeggiato con uno zaghrouta – una celebrazione araba diventata meme virale –, poi è tornata su territori familiari accompagnata da ballerini afro-colombiani e da una compagnia di danza Swing Latino. In quanto unici performer di colore della serata, i ballerini hanno mostrato al pubblico americano le radici africane di molte tradizioni colombiane, tra cui le danze popolari come champeta e mapalé.

È il momento di Jenny From the Block, arrampicata in cima a un grattacielo-diventato-palo da lap dance, come una Queen Kong moderna, un omaggio alla performance in Hustlers. Vestita con una tuta di pelle nera, Lopez ha portato sul palco il Bronx con una serie di megahit – Ain’t It Funny, Get Right e Waiting for Tonight – affiancata da ballerini che si contorcevano in abiti nude bondage. Nonostante avesse boicottato lo show, Cardi-B è stata avvistata mentre cantava in segno di approvazione: “Don’t be folle by the rocks that I got / I’m still Cardi from the Block… We from the Bronx, New York!”

Jay Balvin ha conquistato il centro del palco con il brano scritto con i Major Lazer, Que Calor, seguito da frammenti dei singoli di J.Lo Booty e El Anillo. Balvin ha continuato con la sua prima hit da numero uno in classifica, Mi Gente – senza Willy William e Beyoncé, che avrebbero reso il set ancora più elettrizzante. Tuttavia, Lopez ha alzato il livello con il suo inno del 2001, Love Don’t Cost a Thing, e poi con On the Floor. (Dov’era Pitbull? L’MC si era esibito durante lo show pre partita).

Accompagnate dal coro Children’s Voice, Lopez e la figlia di 11 anni Emme Maribel Muñiz hanno cantato il singolo salsa del 1999 Let’s Get Loud. A un primo sguardo era impossibile ignorare che stessero cantando avvolte da gabbie stilizzate – una scelta scenografica da brividi –, rappresentando i migranti in cerca di asilo e i loro figli rinchiusi in cella. “If you wanna live your life / Live it all the way and don’t you waste it”, ha cantato la giovane Emme. Lì vicino, Shakira suonava la batteria.

Poi, quando Emme ha iniziato a cantare il ritornello della canzone di protesta di Bruce Springsteen Born in the U.S.A., Lopez è riapparsa avvolta da un mantello di piume decorato per ricordare la bandiera americana. Quando l’ha aperto, però, abbiamo visto che sull’altro lato c’era una bandiera di Porto Rico, un modo per ricordare al pubblico che il paese è ancora parte degli Stati Uniti. La mossa parlava ai portoricani, tra le vittime più colpite dalla crisi climatica, che stanno affrontando le negligenze dell’amministrazione Trump e del governatore Wanda Vasquez.

Latinos”, ha urlato Lopez, “Let’s get loud!”

Per il gran finale, Lopez e Shakira hanno riproposto l’inno da stadio scritto per i mondiali di calcio del 2010 Waka Waka (This Time for Africa) – adattato dalla band Golden Sounds e riarrangiato per il pubblico americano. Dopo un ultimo passo di champeta, le dive hanno chiuso il set con un grosso e genuino abbraccio trionfale. Alla fine dello show, la prima recensione è arrivata dal governatore della Florida e candidato presidenziale repubblicano Jeb Bush, che ha scritto su Twitter: “Best Super Bowl halftime show ever”.

Tuttavia, ancora oggi il Super Bowl è una sorta di Colosseo moderno dove le tensioni razziali dell’America vengono alimentate e sparate sugli schermi di tutto il paese. Per ogni giocatore dell’NFL elogiato per aver supportato Trump, ce n’è un altro licenziato per aver protestato contro la violenza della polizia. C’è ancora qualcuno che si sorprende? Il Super Bowl è organizzato dalla stessa corporation che ha finanziato le carriere di sapientoni come Bill O’Reilly, Tucker Carlson e Laura Ingraham, gente che ha usato i media per alimentare le fiamme del pregiudizio. Quanto può essere davvero rivoluzionario uno spettacolo dove ogni potenziale cambiamento è costantemente rigettato?

Tuttavia, anche se questo gioco non fa altro che aggravare le divisioni negli Stati Uniti, è impossibile ignorare il fatto che per 15 minuti centinaia di milioni di occhi erano puntati su due donne latine. E non erano due donne qualsiasi. Latine, madri, capaci di vivere liberamente la loro sessualità. Latine che si battono contro gli abusi sui migranti. Latine che raccontano agli anglo-americani la diversità culturale dei latinoamericani, soprattutto quelli che ancora non vengono rappresentati in televisione. Forse arriverà un giorno in cui tutto lo spettro di generi, razze e classi sarà rappresentato come dovrebbe. Ma questa missione non è iniziata, e nemmeno finita, con l’halftime show dell’NFL.

Super Bowl LIV Halftime Show Set List

“She Wolf”, (Shakira)
“Empire” (Shakira)
INTERLUDE: “Ojos Asi” and Led Zeppelin, “Kashmir” Remix (Shakira)
“Whenever, Wherever” (Shakira)
“I Like It” (Shakira and Bad Bunny)
“Chantaje” and “Callaíta” Remix (Shakira and Bad Bunny)
“Hips Don’t Lie” (Shakira)
“Jenny From the Block” (Jennifer Lopez)
“Ain’t It Funny” (Jennifer Lopez)
“Get Right” (Jennifer Lopez)
“Waiting for Tonight” (Jennifer Lopez)
“Booty,” “El Anillo,” and “Que Calor” Remix (Jennifer Lopez and J Balvin)
“Mi Gente” (Jennifer Lopez and J Balvin)
“On the Floor” (Jennifer Lopez)
“Let’s Get Loud” (Jennifer Lopez, Emme Maribel Muñiz and children’s choir, Shakira on drums)
“Born in the U.S.A.” (Emme Maribel Muñiz)
“Waka Waka (This Time for Africa)” (Shakira and Jennifer Lopez)

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