In ‘I Contain Multitudes’, Bob Dylan canta “la vita immensa in passione, pulsazioni e forza” | Rolling Stone Italia
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In ‘I Contain Multitudes’, Bob Dylan canta “la vita immensa in passione, pulsazioni e forza”

Stanotte il cantautore ha pubblicato a sorpresa un nuovo pezzo dove cita Anna Frank e i Rolling Stones per dirci come Walt Whitman: mi contraddico, contengo moltitudini

Bob Dylan canta l’individuo, la singola persona. Al tempo stesso canta la democrazia, la massa. L’organismo, da capo a piedi. Canta la vita immensa in passione, pulsazioni e forza. Canta l’uomo post moderno. E lo fa in un pezzo che ha pubblicato a sorpresa questa notte. S’intitola I Contain Multitudes, come il celebre passaggio di Foglie d’erba di Walt Whitman. È diversissimo da Murder Most Foul che ha pubblicato giusto tre settimane fa. Eppure le due canzoni ci dicono la stessa cosa: Dylan è pop.

Murder Most Foul era un’epica di 17 minuti che raccontava l’omicidio di John F. Kennedy da una molteplicità di punti di vista. Lo faceva per parlarci del potere lenitivo delle canzoni che chiamava a raccolta, così come si chiamano a raccolta le forze prima di una battaglia. Ecco perché, pur partendo da un fatto del 1963, Murder Most Foul parla di noi: spiega che la musica può dare conforto in un dramma collettivo come quello che viviamo in queste settimane.

I Contain Multitudes è una canzone più piccola e breve, apparentemente più modesta, eppure potente nel modo in cui Dylan si racconta in prima persona. La musica si riallaccia a un passato mitico e indistinto. Accompagnato da un intreccio di chitarre e dal suono nostalgico di una pedal steel, un pianto struggente che sta al confine tra estasi e malinconia, Bob Dylan si ritrae come un uomo fatto di contraddizioni. E lo fa mettendo nel testo una gran quantità di riferimenti a canzoni, compositori, scrittori e poeti.

Non è un esercizio di name dropping. È un altro modo per dirci che Dylan vive in questo mondo, come noi. E come noi ne è influenzato (e a differenza di noi l’ha anche influenzato un pochetto, ma questo è un altro discorso). Cita All the Young Dudes dei Mott the Hoople scritta da David Bowie, ma anche l’Edgar Alla Poe di The Tell-Tale Heart, in italiano Il cuore rivelatore, i preludi di Chopin e le sonate di Beethoven, il poeta irlandese Anthony Raftery (The Lass from Bally-na-Lee) e persino Indiana Jones. E lo fa in modo spiazzante cantando: “Sono come Anna Frank e Indiana Jones, e quei cattivi ragazzi inglesi, i Rolling Stones”. Uno Dylan lo immagina in tanti modi, ma non come Anna Frank e Indiana Jones.

Per raccontarsi, Dylan racconta un pezzo di cultura pop. Usa anche il grande poeta americano Walt Whitman. Il titolo della canzone è infatti un riferimento a Il canto di me stesso, tratto da Foglie d’erba: “Forse che mi contraddico? Benissimo, allora vuol dire che mi contraddico / (Sono vasto, contengo moltitudini)”. Ed è quello che fa Dylan in questa canzone in cui si descrive come parte del flusso incessante di cose e pensieri e fatti contraddittori che è la vita che facciamo. La accetta, anzi, la abbraccia nella sua interezza. Lui, che “dipinge paesaggio e dipinge nudi”, arriva a fare un brindisi all’uomo che divide il letto con la sua donna, o la sua ex, perché I Contain Multitudes è anche una canzone d’amore. Cantando l’individuo, Dylan canta la massa. In questa piccola canzone egli è l’individuo ed è la massa.

E così, nelle ultime tre settimane Bob Dylan ha pubblicato due pezzi a sorpresa – pochi anni fa si sarebbe detto che “he pulled two Beyoncés”. Entrambi fanno una cosa precisa: lo collocano dentro il pop, come tutti noi, ci spiegano quanto esso lo influenza. Dopo anni passati a pensarlo come un artista separato dal mondo, con questo uno-due spiazzante Dylan ci ha spiegato che è dentro la cultura pop, anche se per forza di cose i riferimenti sono quelli di un uomo nato negli anni ’40. I Contain Multitudes ci  spiega che Dylan è la cultura pop, la esprime, la contiene.

Mi vengono in mente altri due passaggi di Foglie d’erba, quello che ho parafrasato all’inizio di questo articolo tratto da Dediche e quello che apre Il canto di me stesso: “Io celebro me stesso, io canto me stesso / E ciò che suppongo devi anche tu supporlo / Perché ogni atomo che mi appartiene è come appartenesse anche a te”. Viviamo con Bob Dylan nel pop e questa finalmente è una bella notizia.

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