I diss sono uno sport, uno strumento di marketing o qualcosa di più pericoloso? | Rolling Stone Italia
Disso ergo sum

I diss sono uno sport, uno strumento di marketing o qualcosa di più pericoloso?

Insultarsi in musica come forma d’intrattenimento online e leva per aumentare gli stream. Ma può finire in tribunale o in modo più drammatico. Lo stato dell’arte dei beef

I diss sono uno sport, uno strumento di marketing o qualcosa di più pericoloso?

Drake e Kendrick Lamar

Illustrazione di Lucie Wimetz per Rolling Stone US. Foto: Prince Williams/Wireimage (1), Michael Owens/Getty Images (2)

Il beef si muove sulla linea sottile che separa caos e competizione. Nel 2025 quella linea è diventata più che mai sfocata. Un tempo erano semplici battaglie combattute a forza di parole, oggi sono faide come quella che ha visto opporsi Kendrick Lamar e Drake. Possono far schizzare alle stelle stream, alimentare gli hashtag e migliorare la visibilità dei brand, ma fanno sorgere più di una domanda. Ad esempio, molti si chiedono: il beef è uno sport, uno strumento di marketing o qualcosa di più pericoloso?

«I social media hanno amplificato ogni cosa», dice Trent Clark, direttore di TMZ Hip Hop. «Anche un fan occasionale ora può formarsi un’opinione forte pur avendo conoscenze deboli». La mole di conversazioni che i diss scatenano ha trasformato il beef in un verticale d’intrattenimento che industria e algoritmi sfruttano volentieri. Anche Rob Markman, vicepresidente musica e contenuti di Genius, dice che la dinamica è cambiata. «Ora il pubblico che osserva, ascolta e commenta è il mondo intero. Ma ti interessa sul serio questa cultura o ti interessa solo la parte distruttiva?».

Nella primavera del 2024 Kendrick Lamar e Drake hanno smesso di menarsi via diss. A quel punto il loro era diventato il beef più redditizio nella storia del rap. Not Like Us di Lamar ha dominato le classifiche e a febbraio si è aggiudicato cinque Grammy tra cui quelli come Record e Song of the Year. «In termini puramente numerici, è il beef più grande di sempre», dice Clark.

Quel che è venuto dopo ha cancellato i confini tra disputa nelle performance e in tribunale. A gennaio Drake ha intentato una causa per diffamazione contro Universal Music Group per avere promosso la traccia di Kendrick. Dieci mesi dopo, un giudice ha respinto la causa, ma nell’industria molti sono cauti circa le conseguenze che la cosa potrebbe avere sui prossimi diss. «I rapper possono ancora sfidarsi liberamente?», si chiede Markman.

La causa ha fatto capire fino a che punto il conflitto può alimentare gli stream, ma secondo gli addetti ai lavori ha anche dimostrato che può complicare campagne marketing, sponsorizzazioni e tour. Il beef tra Kendrick e Drake è finito in tribunale anche perché entrambi pubblicano per Universal Music Group e la tensione tra i due non è certo stata apprezzata dietro le quinte. Può generare attenzione nel breve periodo, ma anche incasinare gli affari nel lungo periodo.

In autunno lo scazzo tra Cardi B e Nicki Minaj ha conquistato parecchi titoli online. Le due si siano scambiate un bel po’ di staffilate online, ma non diss sotto forma di canzoni. «In questo caso c’è una componente di non-mi-piaci», dice Markman. Secondo lui le due rapper danno l’impressione di avere reagito a ciò che i fan dicevano. «Gli eserciti dei fan alimentano il conflitto. Deve avere un effetto psicologico. La natura di internet e del fandom ha cambiato le regole del gioco».

Il circolo vizioso coi fan che provocano gli artisti, gli artisti che rispondono online e i media che amplificano le risposte rende sfumata la linea che separa competizione e dramma. E per le rapper lo scrutinio può essere particolarmente feroce. «Devi essere sufficientemente dura da risultare convincente, ma devi anche essere un po’ soft girl», dice Clark. In ogni caso, dopo che Minaj ne ha insultato la figlia, Cardi è stata apprezzata per non essere scesa più in basso. La loro rivalità è rimasta online e l’album di Cardi Am I the Drama?, numero uno in America a settembre, non conteneva neanche un diss a Minaj.

Ci sono stati scontri ben più pesanti. Cinque anni fa la tensione fra NBA YoungBoy e Lil Durk, e i loro rispettivi protetti, Quando Rondo e il compianto King Von, è sfociata in violenza vera. Nel 2020, l’associato di Rondo, Lul Timm, ha sparato e ucciso Von fuori da un nightclub di Atlanta. Si è difeso invocando la legittima difesa e le accuse sono state archiviate. Durk è in carcere, arrestato un anno fa con l’accusa di aver pianificato nel 2022 l’omicidio di Quando Rondo (si è dichiarato non colpevole).

È un precedente che ha reso particolarmente teso il concerto di YoungBoy ad Atlanta. La sera in cui ha detto al pubblico che non porta più armi con sé e di voler «fare la cosa giusta», YoungBoy ha invitato sul palco Lul Timm e ha eseguito il diss contro Durk del 2022, I Hate YoungBoy. Un concerto previsto ad Atlanta è stato poi cancellato e alcune settimane dopo NLE the Great (già noto come NLE Choppa) ha fatto notizia attaccando YoungBoy in una nuova traccia.

I momenti di riconciliazione come quello tra YFN Lucci e Young Thug che in autunno hanno messo fine alla loro faida decennale fanno meno rumore perché, come dice Clark, «quando il dramma si esaurisce il pubblico ti abbandona».

E quindi i beef fanno bene agli affari? In casi come quelli di Kendrick e Cardi, dove la competizione finisce per elevare l’arte, forse sì. «Il beef è positivo tanti sensi, ma soprattutto perché dà voce alle persone», dice Al Branch, che ha lavorato al marketing per Jay-Z, Lil Nas X e altri. «Il segreto è imparare ad accettare le sconfitte».

Da Rolling Stone US.