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Geese, essere originali in un mondo di copie

Dagli esordi incerti al nuovo ‘Getting Killed’ che uscirà a fine mese, passando per il disco solista di Cameron Winter ‘Heavy Metal’, la storia dei nuovi principi fulminati del rock di New York. Li abbiamo incontrati e ci hanno spiegato la loro missione: diventare sé stessi senza copiare nessuno, senza nostalgia e facendo tanti «errori eccitanti»

Foto: Griffin Lotz per Rolling Stone US

Seduti attorno a un hibachi in un ristorante di Brooklyn, i Geese parlano della volta in cui hanno sprecato un’intera giornata in studio ascoltando dei battimani. Stavano registrando il nuovo album Getting Killed e volevano piazzare quel suono in un pezzo. Il  produttore Kenneth Blume (meglio noto come Kenny Beats) ha aperto una cartella piena di suoni campionati.

«Ha tirato fuori qualcosa come 7000 claps», ricorda il frontman Cameron Winter, «e abbiamo passato tutto il giorno a sceglierne uno». Sono passati alcuni mesi eppure Winter, il batterista Max Bassin, la chitarrista Emily Green e il bassista Dominic DiGesu sono ancora increduli se ripensano all’impegno con cui hanno condotto la ricerca. E alla sua totale inutilità. «È stato uno dei giorni in cui siamo tornati a casa depressi per aver passato troppo tempo a cercare dei battimani», dice Green. «Ci siamo dimenticati di registrare la canzone», aggiunge Winter. «Pensi di fare un pezzo, a fine giornata risenti cosa hai fatto e ti trovi solo un battito di mani», dice Bassin.

Il ristorante in cui ci troviamo è nel quartiere esclusivo e caratteristico di Park Slope, non lontano dal luogo in cui alcuni membri dei Geese sono cresciuti e hanno iniziato a suonare insieme grazie a un programma di musica rock promosso dalla scuola. Ora ha superato tutti i 20 anni, ma hanno formato la band nel 2016, quand’erano al liceo. L’università l’hanno rimandata quando i primi demo hanno scatenato una guerra di offerte tra etichette indie di un certo prestigio. Sono stati subito etichettati come i wunderkinds di New York e da allora si sono guadagnati la reputazione di una delle giovani band più originali in circolazione.

Il vero debutto del 2021 Projector era un pastiche a base di post punk, 3D Country del 2023 ha segnato il passaggio consapevole a un rock sempre creativo, ma più tradizionale. Fare da supporto a King Gizzard and the Wizard Lizard, Greta Van Fleet e Vampire Weekend ha rafforzato una fanbase già fidelizzata, come lo ha fatto il successo inaspettato del fenomenale debutto solista di Winter, il più pacato Heavy Metal pubblicato alla fine dello scorso anno.

Getting Killed uscirà il 26 settembre ed è l’album migliore dei Geese fino a oggi. DiGesu e Bassin hanno creato dei groove più incisivi, Green fa oscillare la chitarra tra l’idilliaco e il caotico mentre Winter canta da contorsionista vocale agile, potente, originale, uno dei più peculiari sulla piazza. «Li hanno definiti una jam band e ragazzetti svegli di New York che suonano bene», dice Blume. «Li hanno etichettati in tanti modi. Loro invece vogliono dire qualcosa di diverso con la loro musica».

Il disco trasuda fiducia nei mezzo del gruppo, ma il bel niente che hanno combinato durante il giorno dei battimani dimostra quant’erano diverse le cose a inizio gennaio quando i Geese sono andati a Los Angeles per registrare con Blume, noto soprattutto per il lavoro fatto con rapper del calibro di Vince Staples, Denzel Curry e Rico Nasty. La band è arrivata nel suo studio con una ventina di demo. Poche erano canzoni complete. Blume dice di aver sentito in quel materiale un «enorme cambiamento nella sostanza, nell’atmosfera e nell’intenzione», ma non era affatto chiaro come avrebbero potuto metterlo a terra. Per essere un gruppo alimentato dall’irrequietezza creativa, dal desiderio di distinguersi dai predecessori e dai colleghi, i Geese si sentivano tragicamente impreparati. Senza una direzione in cui andare. E poi Los Angeles bruciava. «Erano già abbastanza stressati dal fatto di dover fare un gran disco», dice Blume, «aggiungi tutto il resto e capisci che non è stato facile».

Per un mese intero i Geese hanno fatto avanti e indietro tra la casa dove abitavano tutti assieme a Mid City e lo studio di Blume vicino alla University of Southern California. A parte quello non c’era granché da fare. Non erano particolarmente vicini agli incendi, ma il fumo oscurava il cielo e l’atrio dello studio era pieno di polvere e cenere.

Da veri newyorkesi, nessuno dei Geese ha la patente di guida e Los Angeles non è esattamente una città dove vai a piedi, come molti abitanti della costa orientale che si sono trovati lì hanno avuto modo di capire.
«Il numero di passi che facevo ogni giorno era allucinante», dice Green con tono ironico.
«Oh, amico, era fantastico», dice Bassin. «Adoro Uber».
Quando Winter voleva arrivare presto in studio, prendeva l’autobus. Ha persino sviluppato una certa simpatia per i tanto denigrati mezzi pubblici di Los Angeles. «Meglio che a New York», sostiene, «perché alla fermata ci sono dei piccoli schermi che ti dicono quando arriva il bus».

Lo chef accende il vulcano di cipolle e alimenta la fiamma spruzzando olio da una bottiglia a forma di bambino che fa pipì. L’hibachi non è il posto migliore dove fare un’intervista approfondita, ma permette di osservare da vicino un gruppo di amici affiatati. Bassin e Winter tendenzialmente sono i più loquaci; il batterista è schietto e casinista, il cantante è più pacato sia nella sua franchezza che nel suo sarcasmo. DiGesu è tranquillo, ma appassionato quando parla, e Green bilancia il suo candore con una riservatezza sorniona.

Hanno tutti l’aria rilassata e disinvolta tipica delle band newyorkesi. Mangiano, si distraggono con le domande di Jeopardy! in tv, partono con lunghe digressioni su argomenti come i distributori automatici di sashimi in Giappone e i video ASMR di tappeti sporchi che vengono puliti. Quando si tratta di musica, sono aperti, schietti e riflessivi, almeno quando a loro va di esserlo. Ad esempio, ammette Winter, fare Getting Killed non è stato facile. «Sono stato scontento fino all’ultimo. E forse lo sono ancora. L’intero processo è una specie di incubo a occhi aperti che dura fino a quando non arriviamo al mastering, ma forse è solo il nostro modo di fare i dischi».
«È uno sforzo brutale dall’inizio alla fine», aggiunge Green.

Pochi minuti dopo, Winter scherza sul fatto che, se mai volessero incidere un grande comeback album, dovrebbero iniziare a «fare roba velocemente». Aggiunge: «Lo facciamo solo per la voce “Accoglienza” su Wikipedia».
«Per quella e per gli snack», aggiunge Bassin.

Il rock esiste da così tanto tempo ed è resuscitato talmente tante volte che anche i revival più sorprendenti somigliano al saccheggio di una tomba. Il rischio di cadere in quella trappola nostalgica è alto. I Geese sono stati paragonati ai Television e agli Zeppelin, agli Strokes e agli Stones, ai Deep Purple e ai Gang of Four, giusto per fare qualche nome. Ma come i migliori imbroglioni rock, sono bravissimi nel lasciare una scia di indizi intriganti, riuscendo a farla franca.

«Per essere una band che ricorda alla gente così tanti artisti, hanno cercato di non essere nostalgici, senza però doverlo necessariamente dichiarare», spiega Blume.

Loren Humphrey, un collaboratore stretto dei Geese che ha co-prodotto l’album solista di Winter, è d’accordo: «Vogliono a tutti costi fare qualcosa di diverso. Molti degli artisti con cui ho lavorato, anche solo nelle session a cui ho partecipato, sembrano sempre avere una reference, tipo: “La batteria deve suonare in questo modo preciso”. È stato bello vedere questi ragazzi arrivare e fare esattamente il contrario. Non vogliono rifarsi a nulla».

Anche Blume parla dell’avversione dei Geese per la nostalgia e spiega come hanno inserito i campionamenti in Getting Killed, per esempio la parte aggiuntiva che sferraglia insieme alla batteria di Bassin in Taxes e il frammento di loop di un coro ucraino che ulula sopra i riff di chitarra graffianti in Getting Killed (senza battiti di mani, spiacenti). «Non volevano che questi campionamenti potenziassero la musica che già c’era», dice Blume. «Volevano che la contrastasse».

La passione per l’avanguardia parrebbe legata a New York e a come sono cresciuti. Hanno frequentato scuole progressiste come la Brooklyn Friends e la Little Red School House, e alcuni di loro sono cresciuti in famiglie con la passione per la musica. Il padre di Green è un sound designer affermato e quello di Bassin, morto quando lui aveva 8 anni, lavorava alla Alternative Distribution Alliance, la divisione indipendente di Warner Music. Winter ha raccontato di suo padre, compositore professionista che gli ha dato delle vecchie apparecchiature di registrazione con cui giocare, da bambino, oltre a fargli critiche toste ma costruttive sulle canzoni che scriveva.

Da adolescenti hanno partecipato tutti a programmi musicali extrascolastici dove hanno studiato il classic rock e sono stati incoraggiati a scrivere le loro canzoni. Le prime prove e session di registrazione dei Geese si sono svolte nella cantina di Bassin. Tra il 2018 e il 2019 hanno autoprodotto un album e due EP: sono poi stati tutti rimossi dal web, ma si tratta di una produzione che denota una determinazione e una motivazione impressionanti per degli studenti delle superiori.

I Geese però non ricordano esattamente così quel periodo. Dicono di aver lavorato lentamente, immersi in una nebbia di fumo d’erba e persi in maratone di Mario Party. Hanno speso un po’ di soldi per un proiettore e l’hanno collegato a una Wii; se non l’avessero fatto, scherza Winter, probabilmente avrebbero «finito tre album». Tuttavia, aggiunge, la band «ha imparato molto» e quando hanno iniziato a lavorare a Projector, i Geese creavano quasi una canzone a settimana.

Tim Putnam, presidente e co-fondatore della Partisan Records, l’etichetta che ha messo sotto contratto il gruppo nel 2020, li ricorda come molto giovani, ma determinati: «Era ovvio che si sarebbero evoluti velocemente a livello artistico, una volta che avessimo iniziato a lavorare insieme; però non avevo ancora capito quanto Cameron fosse prolifico e all’avanguardia. Il salto creativo da Projector a 3D Country, che è continuato in Getting Killed, è stato sbalorditivo».

Non è che i Geese non suonano più come i Geese, ma è sorprendente quanto il primo disco sia diverso da quello che hanno fatto in seguito. «Non pensavamo che qualcuno lo avrebbe ascoltato», dice Winter, «quindi ci siamo dati al post punk mezzo parlato, una specie di copia dei Fall e di roba del genere. Non che sia poi così male, ma abbiamo semplicemente fatto una cazzo di copia di una copia di una maledetta imitazione».

Quando chiedo loro perché sono così restii a nominare esplicitamente le loro fonti d’ispirazione, Bassin alza le mani. «Tutti ci dicono che suoniamo come dei cazzo di Greta Van Fleet, ma fighi. E noi pensiamo: ma che state sentendo?» (e sembra più una frecciatina ai detrattori dei GVF che non alla band con cui sono andati in tour).

«Buona parte di 3D Country era diversa da quel che avevamo fatto prima, perché eravamo disgustati da noi stessi», aggiunge Winter. «Abbiamo detto: questa roba non va bene, dobbiamo copiare musica diversa».
Quindi chi hanno copiato di più in Getting Killed?
Bassin fa una pausa: «Principalmente Beethoven».
«Ravel», dice Winter.
«Ultimamente ascolto molto i Goose», scherza Bassin (una battuta sulla jam band dal nome simile al loro, che può creare confusione).
Winter rincara la dose e nomina alcuni gruppi inesistenti (Cheese Boys, Cornbread Sally), ma nel bel mezzo della discussione Green dà una risposta sincera: Heavy Metal.

Dal vivo a Williamsburg, dicembre 2024. Foto: Griffin Lotz per Rolling Stone US

Winter ha iniziato a lavorare al suo album solista d’esordio a luglio del 2023, un mese dopo l’uscita di 3D Country e nel bel mezzo di un lungo periodo di stallo per la band. «Il nostro lost weekend», ci scherza su. Avevano inciso la maggior parte di 3D Country nella prima metà del 2022. Una volta terminato il lavoro, i Geese hanno tenuto un sacco di concerti, ma hanno anche passato molto tempo a casa: Bassin giocava ai videogiochi, DiGesu lavorava in un ristorante, Green seguiva dei corsi alla Columbia, Winter ha iniziato a scrivere canzoni.

«Ero depresso», racconta. «Non succedeva granché. 3D Country non era ancora uscito, quindi pochissime persone si interessavano al gruppo. Non avevamo nulla in mano, a dispetto dei tour che avevamo fatto. O almeno, secondo me non era abbastanza. Ho cercato di fare qualcosa scrivendo nuove canzoni».

Ha lavorato all’album per tutta l’estate del 2023, trovandosi poi con Humphrey per completarlo tra una data e l’altra del tour. Winter ha creato piccole leggende intorno a Heavy Metal, dicendo che è stato registrato in parte nei Guitar Center di New York con un bassista di 5 anni e un operaio siderurgico di Boston al violoncello. In realtà è stato inciso in gran parte nello studio di Humphrey, nella dépendance di un’antica tenuta a Tuxedo, New York, dove durante la Seconda guerra mondiale sono state sviluppate in segreto nuove tecnologie radar.

Coi suoi giochi accattivanti ma insoliti di pianoforte, chitarra acustica, legni e fiati, Heavy Metal non somiglia per niente ai Geese. Secondo Humphrey, non è nemmeno la «roba da cantautore» che l’etichetta discografica si aspettava. Winter ha parlato apertamente delle reazioni negative che Heavy Metal ha suscitato dopo la pubblicazione. In precedenza aveva confermato che una citazione contenuta in una delle sue prime dichiarazioni alla stampa («Sono giovane e non ho paura di vivere coi miei genitori») era una frecciatina rivolta ai boss della sua etichetta discografica, che gli avevano detto che Heavy Metal non era «l’album che ti permetterà di andartene da casa dei tuoi». Humphrey conferma: «Quello che dice è vero, e probabilmente è stato anche molto peggio. È stato terribile».

Per Putnam Heavy Metal è «un altro step evolutivo» di Winter. «Si è esposto a livello creativo, si è mostrato vulnerabile e quando ha iniziato a far sentire i pezzi alle persone a lui vicine, ha ricevuto critiche». Il presidente della Partisan riconosce che, come sempre accade in una casa discografica, l’album è stato discusso non solo dal punto di vista artistico, ma anche commerciale. E sembra pentito per il commento avventato che ha fatto.

«Quando Cameron e io abbiamo parlato di Heavy Metal, dopo che aveva consegnato i master definitivi, ho detto scherzando che, dal punto di vista strettamente commerciale, non ero sicuro che l’album gli avrebbe consentito di lasciare la casa dei suoi», dice oggi Putnam. «Cameron mi ha risposto: “Non ho fatto questo disco pensando alla sua commerciabilità. La gente vuole roba vera”. Adesso vive in un appartamento suo. E aveva ragione, la gente vuole roba vera e lui si è come sempre dedicato anima e corpo al disco, si è messo in gioco e otto mesi dopo ha fatto il tutto esaurito alla Carnegie Hall. È stato incredibile vedere la risposta del pubblico».

Winter aggiunge che i compagni di band sono stati «di supporto e questo è stato molto importante». Secondo Bassin, Heavy Metal «ha soddisfatto un desiderio che era lì da sempre». E però, dice Winter, le prime settimane dopo l’uscita dell’album, all’inizio di dicembre 2024, quando i Geese si preparavano a partire per Los Angeles, «non sono state positive. Era il periodo natalizio, a nessuno fregava granché. Non c’erano recensioni. Onestamente, è stata una delusione. Ho affrontato le session coi Geese pensando: ok, almeno ho la possibilità di cambiare le cose e muovermi il più lontano possibile nella direzione opposta». E invece quando sono arrivate le prime recensioni di Heavy Metal era in gran parte erano entusiastiche. Blume ricorda di aver visto i musicisti della band festeggiare tutti assieme: «Erano in cerchio e dicevano: “E vai, cazzo!”. Si vogliono bene, davvero».

Dal momento dell’uscita, la maggior parte delle canzoni di Heavy Metal hanno totalizzato più di un milione di ascolti ciascuna su Spotify e Winter ha fatto il tutto esaurito in vari concerti da solista, tra cui quello citato alla Carnegie Hall che si terrà a dicembre. Il passaparola ha avuto un tale effetto che, verso fine delle session di Getting Killed, Blume racconta che alcuni addetti ai lavori hanno iniziato a cercarlo. «Capivo che non lo facevano perché sentivano la mia mancanza», dice ridendo. «Non erano amici o colleghi che rispetto, ma grandi dirigenti che mi dicevano: “Vogliamo venire a sentire i Geese”. Fantastico! Il vento era cambiato mentre registravamo l’album».

Quando lavoravano a Heavy Metal, Humphrey e Winter volevano che il sound fosse «un po’ confusionario, come se ci fosse un gruppo di persone che suonano dal vivo in una stanza», anche se spesso erano solo loro due. «Sapevamo che sarebbe uscito qualcosa di speciale solo dall’idea di provare a fare qualcosa che non sarebbe mai stato possibile». Per Getting Killed, invece, c’era davvero un gruppo di musicisti nella stanza e loro lo hanno sfruttato al massimo. «Molte parti sono nate da jam session di mezz’ora», racconta DiGesu.

Winter, che ha un ruolo chitarristico più centrale dopo l’uscita dal gruppo a fine 2023 di Foster Hudson, ha apprezzato l’equilibrio strumentale che hanno ottenuto e scherza dicendo che, dato che Green è una chitarrista «precisa», gli lascia «la libertà di essere molto poco professionale». Non vuole parlare di cosa si trova di Heavy Metal dentro Getting Killed. Dice solo che «mi ha dato delle idee». Bassin e Green sono disposti a dare più dettagli. Il disco solista ha aiutato Winter a capire cosa funzionava e cosa no in studio, dice il batterista. Per la chitarrista, lo ha reso un cantante migliore. «È vero», ammette Winter, «anche se tanta gente non sarà d’accordo».

Winter ha una di quelle voci che si amano o si odiano. È versatile, piena e matura, secca e sbarazzina, capace di fluttuare attraverso le nuvole morbide del falsetto o di correre sguaiata nella ghiaia. Ha una potenza grezza tutta sua, ma Humphrey fa anche notare che Winter, con la voce, sa fare cose «molto complesse» che alla fine suonano comunque emozionanti. Come nel brano di chiusura di Getting Killed, Long Island City Here I Come, quando trasforma un urlo in un ghigno e poi in un lamento in sole due righe di testo: “Ha detto: ‘Impiccami a uno yo-yo / O a una corda, e sarò comunque appeso per il collo’”.

Catturare performance del genere è stato un processo estenuante, fatto a botte di tentativi ed errori. Winter dice che la voce giusta può uscirgli al primo, al secondo oppure al 47esimo tentativo. Humphrey sintetizza il percorso di creazione di Heavy Metal dicendo che Winter «ha cantato mille volte per arrivare al risultato finale. Ha dovuto logorarsi fino al punto in cui la persona che cantava era esausta».

Winter registra ancora la maggior parte delle parti vocali nella sua cameretta a casa dei genitori, a Brooklyn. Gli chiedo se in quel posto si sente più a suo agio. «No, è una cosa pratica», risponde ridendo. «Ai miei genitori le mie urla non danno fastidio».

Da sinistra, DiGesu, Bassin (a terra), Winter, Green. Foto: Griffin Lotz per Rolling Stone US

Incontro i Geese un’altra volta, li trovo in un baretto di Brooklyn che stanno ordinando dei panini, Pabst Blue Ribbon e il loro drink preferito, lo Shirley Temple. Sono entusiasti del numero di playlist a cui è stato aggiunto il loro ultimo singolo Trinidad. «Mai successo prima», dice DiGesu.

È una bella sorpresa dopo un weekend complicato. L’esibizione al festival di Newport è stata interrotta dopo tre canzoni a causa del maltempo (o, se preferite, c’è una teoria del complotto in chiave rock’n’roll: «Jeff Tweedy ha preso un’ascia e ha cercato di tagliarci i cavi», scherza Winter). Sono poi volati in Virginia per suonare a un altro festival. Faceva un caldo terribile e non è andata bene. «Secondo me ci hanno scambiati per una band con un nome simile al nostro», dice Winter, diplomaticamente. «Era una specie di jam festival».

Nel giro di poche settimane i Geese torneranno a Los Angeles per altre session con Blume. Non dicono se saranno per un’edizione deluxe di Getting Killed o per un album totalmente nuovo. Non è nemmeno detto che per i Geese questo, tra il successo di Heavy Metal e l’attesa crescente per Getting Killed, sia un periodo fertile dal punto di vista creativo.
«È più che altro una sorta di correzione dopo il primo tentativo», dice Winter.
«Questa volta andremo sicuramente alla grande», aggiunge Green.
«Ogni volta che abbiamo finito un album, in passato, abbiamo ricevuto una telefonata tipo: “Rifate il disco”», dice Winter. «E ci toccava lottare per non doverlo rifare. Ma questa volta tutti dicevano: “È fantastico! Pubblicatelo!”. Quindi eravamo un po’ sospettosi. Tipo: cavolo, stiamo davvero perdendo colpi. Una volta eravamo cool, adesso abbiamo solo sfornato un prodotto».

Quando Blume ricorda il suo primo incontro coi Geese, lo scorso autunno nel backstage dell’ACL Fest, in una sala verde piena di fumo di bong, ha detto una cosa che potrebbe avere convinto la band a lavorare con lui: «Gli errori sono eccitanti». Winter spiega con tono ironico che Blume avrebbe potuto dire semplicemente «lasciate le imperfezioni», ma riconosce che «il commento è stato apprezzato».

Gli errori effettivamente abbondano in Getting Killed, dai rumori striduli della chitarra ai colpi di charleston incerti e ubriachi che stravolgono completamente il ritmo di un pezzo. Le canzoni dovevano essere imprevedibili, dice Bassin. Per arrivarci ci sono voluti un perfezionismo meticoloso e un sacco di giornate lavorative lunghe 16 ore. Solo dopo due settimane di registrazioni Blume ha avuto l’impressione che i Geese si stessero divertendo. «L’unica cosa che mi preoccupa è che le canzoni siano buone». Blume ricorda che Winter gli ha detto questa frase una sera: il frontman, alto un metro e 90, era steso sul divano della sala di regia, troppo esausto per muoversi.

Anche dopo che la band è andata via da Los Angeles, il lavoro non si è fermato. Blume racconta di aver chiamato Winter, un giorno, per sapere come stava. La risposta è stata che era appena uscito dall’ospedale dov’era andato per un attacco di panico. «Gli ho detto: “Fratello, devi prenderti una pausa”», racconta il produttore. «Ma lui non si è fermato fino a quando non ha completato il master. E poi ha continuato a mandare appunti sul master per altri quattro giorni».

Quando chiedo a Winter se vuole approfondire l’argomento, lui rifiuta, limitandosi a dire: «Mangia le verdure. Prendi le vitamine». Bassin, lì per dare manforte all’amico, aggiunge: «Anche le caramelle gommose dei Flintstones ti fanno bene. Ma non mangiarne troppe».

Uno dei dialoghi più appassionati che ho sentito fare i Geese inizia mentre sto per andarmene, subito dopo la nostra seconda intervista. Winter guarda il telefono e improvvisamente esclama: «Stanno costruendo una nuova linea!». Da perfetti ragazzi di città, gli altri ascoltano rapiti ed entusiasti la sua descrizione dell’Interborough Express, la metro leggera che collegherà la periferia di Brooklyn e del Queens entro l’inizio del prossimo decennio.

L’altro scambio appassionato non lo posso riportare. Seduti nel cortile del bar, sotto il sole pomeridiano, con la condensa che gocciola dagli Shirley Temple e una canna che passa da Bassin a DiGesu e viceversa, Winter inizia a parlare di un’idea che ha avuto per un nuovo set up live per la sua chitarra.
«Non scriverla, non scriverla», dice. «Non voglio che me la rubino».

In ogni caso le specifiche erano troppo tecniche per me. Mentre Winter espone la sua teoria, Green, DiGesu e Bassin ascoltano con attenzione, rispondendo con grida stupite, imprecazioni e idee varie. Dico loro che forse è la volta in cui li ho visti più vivaci in tutto il pomeriggio.
«È la parte divertente», dice Winter ridendo.
«Se non mi piacessero queste cose, sarebbe deprimente», aggiunge Green. «Sarei a terra per tutto il tempo».

I Geese suonano insieme da quasi 10 anni, ormai. Sanno come gestire i contrasti e come si fa a passare due mesi insieme, chiusi in un furgone. Vivono in vari posti della città. DiGesu sta ancora nell’Upper West Side di Manhattan, dov’è cresciuto; Winter si è stabilito a Bed-Stuy; Bassin e Green hanno trovato casa a Ridgewood, nel Queens. Si vedono ai concerti e ovviamente alle prove, ma rispetto al passato le occasioni per stare insieme sono meno frequenti.

«Ci sono parti della mia vita che rispondono a esigenze che loro tre non possono soddisfare», dice Green.
«Esatto», aggiunge Bassin. «È giusto rimanere in contatto, ma bisogna separare lavoro e divertimento».
E questo, forse, risulta più evidente alla luce della svolta personale di Winter. Nel rock’n’roll i frontman che diventano solisti sono un classico, ma nei Geese il successo di uno diventa il successo di tutti.
«Non è una di quelle band in cui c’è un frontman incredibile e gli altri sono passabili», dice Blume. «Sono tutti e quattro dei cazzo di geni. Non vedo l’ora che il mondo lo capisca».

Da Rolling Stone US.

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