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È ora di riscoprire quel gagà stralunato di Enzo Carella

È l’uomo che con Pasquale Panella ha reso eccezionale il pop italiano. Nei primi tre album, pubblicati a cavallo fra anni '70 e '80 e ora ristampati in vinile, c’era un pezzetto di presente. Anzi, di futuro

Enzo Carella è il più grande tesoro nascosto della musica italiana. Se non ci fosse stato Carella non staremmo qui a parlare di gran parte dell’it pop contemporaneo dai Tiromancino a Tommaso Paradiso, passando per Calcutta, I Cani, Colapesce e molti altri. Ma potremmo spingerci anche più indietro. Carella ha influenzato addirittura Lucio Battisti, che dopo avere ascoltato il primo album di Enzo, Vocazione, riveste ancora più le sue canzoni di lussuosi arrangiamenti funk-pop, sulla scia di band americane quali Steely Dan. In seguito, il reatino finirà anche per rubare a Carella il suo paroliere di fiducia: Pasquale Panella.

Ebbene sì, Panella muove i primi passi nella musica proprio insieme a Enzo Carella. Il secondo suonava cover nella cantine romane mentre il primo si dedicava al teatro d’avanguardia. Nessuno dei due aveva intenzione di fare dischi, ma si dà il caso che Enzo scrivesse canzoni e che Pasquale avesse voglia di vestirle con le sue poesie. A differenza del lavoro che poi farà con Battisti, Panella scrive con Carella i suoi testi su melodie ben definite. E che melodie.

Ma restiamo nel presente. La Sony, in collaborazione con l’etichetta specializzata Music On Vinyl, ha finalmente avuto la brillante idea di ristampare (in splendidi vinili e in digitale) i primi tre album di Carella. Il primo si chiama Vocazione, è uscito nel 1977, ma potrebbe benissimo essere pubblicato ieri per la qualità moderna delle canzoni, dei testi e degli arrangiamenti. Pura arte pop che si affinerà ancora di più nei successivi Barbara e altri Carella (1979) e Sfinge (1981).

Quando inizia a incidere, Carella è a sua volta influenzato da Lucio Battisti, ma ha abbastanza talento per evitare scopiazzature e metterci del suo. Come Lucio, Enzo è musicalmente onnivoro e sa rendere le sue canzoni un qualcosa di completamente nuovo. Carella è il vero pop 2.0, con melodie serpentine, ritmi funk e armonie jazz in piccole perle da tre, quattro minuti arrangiate con classe. I musicisti Fabio Pignatelli (basso), Agostino Marangolo (batteria) e Maurizio Guarini (tastiere) sono parte integrante dei Goblin, gente in grado di fornire un tessuto musicale perfetto, con Moog felini e un tiro della madonna. Ascoltate Barbara (secondo posto a Sanremo 1979), nel quale la dea della musica bacia in bocca il prode Enzo e gli regala il brano it funk perfetto. Carella stesso poi è un ottimo chitarrista, lo dimostra sopratutto in brani come Foto (da Barbara e altri Carella) dove si trasforma in un David Gilmour a cena con Quincy Jones, oppure nelle sfuriate alla Santana di Riflessione finale (da Sfinge).

Ok, ottimo compositore, strumentista, arrangiatore. E la voce? Immaginate un Lucio Battisti che ha fumato erba. Il canto di Enzo è ipnotico, ironico, con una nota agrodolce di malinconia. Non è potente, non è in grado di raggiungere chissà quali note, ma ammalia, ti sussurra qualcosa in dormiveglia e ti fa entrare in un mondo colorato e sottilmente lisergico.

Infine i testi. Raramente si è sentito un connubio così centrato tra un paroliere e un compositore. Lo stile di Panella è quello che si imparerà a conoscere: calembour, schizzi surreali, giochi di parole, rompicapo lessicali. Ed è proprio nel lavoro con Carella che il poeta raggiunge le sue più alte vette, cosa non sempre riuscita nel futuro sodalizio con Battisti. Ecco qualche piccolo esempio della sua giocosa irruenza linguistica: “Silenziosetti vanno come sugheri sull’onda / Con la fede dritta dritta, esca fresca d’introibò / Distratto fu il signore e la fila infila il fondo / E affogando va in allalì alleluià” (Vocazione). Oppure: “Dì che mi amerai di febbre o consunzione / Prendi alla fronte il cervello fra il pallone / Baciami alla gola la tua bocca migliore / Ma è l’asma che mi cola come piombo sul cuore” (Malamore). E ancora “Vieni nelle tenebre con me / A vedere come cala il sole / Nei pantaloni del mare / Nel verbo amare laggiù” (Sì, si può).

Vi segnalo sei brani dai dischi citati: Fosse vero, Malamore, Barbara, Carmè, Mare sopra e sotto e Sfinge. Poi c’è tutto il resto, che a volte è anche meglio, ma se volete iniziare ad ascoltare qualcosa di Enzo partite da questi. Sono piccoli pezzi di raffinatezza pop poetica che più il tempo passa più scintillano. Non sono canzoni, sono pillole di dolce allucinazione da godere in spiaggia mentre il sole d’agosto offusca i pensieri, con testi che dipingono spesso donne-pantera fatali e fameliche alle quali il povero Carella non riesce a sottrarsi. I testi di Panella trasformano Enzo in una sorta di stralunato gagà con baffo sempre all’erta, costantemente vittima del fascino femminile e spesso in strambe situazioni che affronta con ironia, faccia tosta e una noncuranza tutta romana. Un loser della migliore specie.

Purtroppo il personaggio che Enzo Carella interpreta non buca lo schermo. Mentre il suo sodale diventa uno dei parolieri più richiesti in Italia lui, un po’ timido e per nulla smaliziato (nonostante il buon piazzamento di Barbara a Sanremo), finisce presto nel dimenticatoio insieme a tanti artisti come lui, dotati di grande talento ma poco pelo sullo stomaco. Prova ancora a tirare fuori dal cilindro qualche disco (i discreti Carella de Carellis del 1992, Se non cantassi sarei nessuno del 1995 e Ahoh Ye Nànà del 2007) che però non reggono il confronto con i tre capisaldi di inizio carriera.

Ma Enzo in fondo se ne frega, la sua musica è troppo ricercata per i gusti del grande pubblico, poi a lui piace bere, suonare la chitarra, farsi i fatti suoi più o meno allegramente. A un certo punto viene addirittura arrestato per aver dimenticato aperta l’acqua d’irrigazione delle sue piantine di marijuana. Sogna di realizzare un nuovo disco, ne parla spesso, con Panella sono sempre amici e il connubio si può ricostituire senza problemi, ma non fa in tempo: il 21 febbraio 2017 muore per un arresto cardiaco all’età di 65 anni.

Cosa insegnano i primi tre dischi di Enzo Carella? Che si può costruire un pop sfaccetto, tutt’altro che ruffiano, pieno di sorprese, assoli impressionanti, cambi di scenario, atmosfere incantate e sensuali. Canzoni che non sai mai cosa succederà nota dopo nota, che stupiscono e stimolano. Che prendono spunto dalle migliori musiche pop del mondo e creano un linguaggio proprio, originale. Dotate di testi che non indugiano sempre e solo sulle classiche storielle d’amore, ma diventano vere e proprie scacchiere dei sentimenti, dove c’è il bello e c’è il meno bello, così come è la vita che è sempre un gran casino e non è una spiaggia di Riccione. Canzoni che se ne fottono se non piacciono a tutti, ma portano avanti la loro semplice missione: rendere eccezionale il pop. Canzoni che oggi saranno sempre composte domani.

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