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Di che cosa parleranno esattamente le canzoni di Sanremo

Dalla Rolls Royce di Achille Lauro fino a LIBERATO mascherato da Nino D'Angelo e/o Livio Cori, ecco cosa succederà sul palco dell'Ariston, profetizzato con metodo scientifico

Foto IPA

Breve premessa: mentre scrivo, i grandi saggi del giornalismo musicale italiano — per intenderci, quelli che si fanno i selfie dalla terrazza dell’attico di Fedez o dal resort in cui Laura Pausini organizza i preascolti sono stati invitati al preascolto delle canzoni in gara al sessantanovesimo Festival della Canzone Italiana, mentre io che DA CINQUE EDIZIONI profetizzo con grande competenza il contenuto delle canzoni in gara non vengo neanche presa in considerazione. Probabilmente sono ritenuta troppo scomoda, oppure qualcuno dei Poteri Forti ci tiene talmente tanto che io continui questo progetto di previsioni a scatola chiusa che ha deciso di escludermi apposta perché io potessi realizzare anche quest’anno la mia rubrica.

Prima di iniziare davvero, è necessaria una premessa storiografica: agli albori, Sanremo era il festival della canzone leggera, dopodiché il mercato discografico, e, di conseguenza, le canzoni e i cantanti in gara a Sanremo (che ancora lo rispecchiavano) iniziarono a diversificarsi, operando una divisione spontanea in tre macro categorie. Prendendo ad esempio il Festival epico del 1983 ci rendiamo conto che esistevano canzoni classicamente sanremesi, rappresentate magistralmente dai Matia Bazar in gara con Vacanze Romane o dalla vincitrice Tiziana Rivale, ma iniziavano a farsi largo i ribelli – non a caso quello è l’anno di Vita Spericolata di Vasco Rossi. Infine, si faceva strada una terza categoria: quella degli outsider, i cui campioni in questo caso erano da un lato Frate Cionfoli, la Suor Cristina del patriarcato, e dall’altro casi di rarissimo e preziosissimo situazionismo come la diafana Sibilla, con un pezzo di Battiato e Giusto Pio che citava il canto popolare ebraico “Hava Nagila”. Praticamente sul palco avveniva un clash di paradigmi religiosi sotto gli occhi dell’inconsapevole fatalista Tiziana Rivale.

Con gli anni poi l’industria musicale è cambiata e le canzoni di Sanremo hanno cominciato ad essere sempre meno rilevanti e sempre più un modo per cercare di passare in radio la promozione di dischi che si prevedeva sarebbero andati maluccio. Certo, dall’Ariston ogni tanto esce ancora qualche hit, ma la maggior parte delle volte ci dimentichiamo persino dei vincitori del Festival. In ogni caso, nell’epoca contemporanea del Festival, possiamo individuare otto categorie di cantanti in gara.

1. I Vecchinutili — esseri umani che oramai hanno fatto il loro tempo e non hanno più niente di rilevante da proporre, ma che si ostinano a ripresentarsi come un herpes ogni febbraio sul palco dell’Ariston

2. I Vecchitrash — esseri umani che nonostante l’irrilevanza discografica rimangono rilevanti e piacevoli come figure mitologiche del panorama della musica italiana.

3. I Premiodellacritica — cantanti o band che non sono assolutamente intenzionati a vendere copie, ma soltanto a dimostrare al mondo e agli orchestrali che la loro è la vera musica. Questa categoria è ben rappresentata da artisti come gli Avion Travel, Quintorigo o Malika Ayane, che vediamo sempre più raramente esporsi al Festival da quando siamo governati dal populismo o, per usare un lessico sanremese, dalla Giuria Demoscopica.

4. Gli Smuovicoscienze™ — probabilmente la categoria più pesante di tutto il Festival e di tutta la musica italiana. Patrocinati dal singolo Il mio Nome è Mai Più del triangolo delle Bermuda della merda LigaJovaPelù, i cantautori (guai a chiamarli cantanti) che appartengono a questa categoria arrivano sul palco dell’Ariston con un solo scopo: cantare una Pubblicità Progresso. Che si tratti della violenza sulle donne, del terrorismo, dell’integrazione, dei diritti LGBT, dell’amore mannoiano per la Vita, gli Smuovicoscienze non se ne andranno finché il loro messaggio non ti sarà ben chiaro in testa e soprattutto finché non saranno sicuri al 100% che i tuoi attributi siano completamente fracassati.

5. Gli Indie — Abbagliati dall’unico successo sanremese di un gruppo proveniente dal circuito indipendente, ovvero Tutti i miei sbagli dei Subsonica, altri esponenti dell’intellighenzia musicale italiana ritengono sia il momento di fare il grande salto dal palco del Mi Ami a quello dell’Ariston, sperando segretamente di approdare nella giuria di X Factor. Alcuni di loro cercano di camuffarsi da Smuovicoscienze™ altri da Premiodellacritica, ma sappiamo tutti che sono lì soltanto perché i critici musicali ultracinquantenni autorizzati a preascoltare i pezzi di Sanremo (ahem) possano fare i giovanili puntando tutto su di loro.

6. I Sanrapper — Nonostante ci fossero stati in passato sparuti esemplari di rapper sanremesi (Jovanotti, i Sottotono, i Gemelli Diversi, Frankie Hi NRG, Piotta), la categoria dei Sanrapper ha una precisa data di affermazione: l’edizione del 2014, quando Rocco Hunt sbaragliò la categoria esordienti con Nu Juorno Buono. Da quel momento la quota rapper si dà per scontata e, di anno in anno, prende piede con forza sempre maggiore, spesso declinata in duetti osceni assemblati dalle case discografiche.

7. I Puri — Qualcuno rimane affezionato all’idea che debbano esistere canzoni concepite unicamente per esistere sul palco di Sanremo. Molto spesso questa categoria è incarnata da fuoriusciti dai Talent che si trasformano in giovanivecchi, altre volte si presenta sotto forma di accrocchi duettanti generati sulla falsariga delle grandi coppie sanremesi (Oxa-Leali, Minghi-Mietta, Tosca-Morandi). C’è da dire che molto spesso questa tecnica porta a una vittoria sicura indipendentemente dalla qualità della canzone, come nel caso di Valerio Scanu o degli indimenticati Lola Ponce e Giò di Tonno. In questa categoria rientra anche il sottogruppo dei Pavarotti&Friends, voci liriche prestate alla musica leggera per rendere felici gli italoamericani.

8. Gli Outsider — Negli ultimi anni questa categoria era diventata una specie protetta, rappresentata quasi unicamente da Elio e Le Storie Tese. Poi è arrivato Gabbani che ha fatto tornare di moda fare cose strane sul Palco dell’Ariston, e così qualche Indie avveduto tipo Lo Stato Sociale ha capito che portare robe bizzarre e matte in gara fosse una tecnica efficace per ottenere consensi.

Ma veniamo a noi. Non nascondo che la triste conseguenza del passaggio generazionale per cui negli ultimi anni i Vecchinutili e i Vecchitrash vanno via via estinguendosi, lasciando il passo a giovani con un account Instagram molto seguito e poco di più, è che le mie previsioni non possono più basarsi sul CV ma devono seguire un algoritmo matto inventato da me, quindi non vogliatemene se non ci azzecco proprio al cento percento.

Achille Lauro – Rolls Ryce

Foto di Daniele Cambria

Se dovessi puntare su un essere umano, fuori e dentro dal Festival Di Sanremo, sarebbe decisamente il mio adorato Lauro. Oltre ad avere un corpo e uno stile da vera rockstar, forse l’unico rimasto in Italia se non contiamo il cantante dei Maneskin o il cantante dei Maneskin2 (quelli che quest’anno a X Factor hanno patito la dipartita di Asia più di tutti), Lauro è l’unico rapper in grado di elevarsi dai percorsi prestabiliti per vendere dischi ai ragazzini tracciandosi una strada personale. Questo pezzo infatti non è una samba-trap, ma un brano in cui Achille dà sfogo al suo lato crooner. Il suo scopo è riportare la finezza nel mondo dei rapper e far capire che lo zarro col culo sulla Bentley che dice BITCH è superato, il futuro è dei ragazzi delicati che scelgono l’eleganza e la comodità di una Rolls Royce.

Anna Tatangelo – Le nostre anime di notte

Brano dedicato alle tante ragazze e ragazzi che, dopo aver visto la serie Baby hanno deciso che diventare baby squillo fosse un buon modo per arrotondare durante gli anni di studio. Anna, come al solito con un occhio per il sociale, consiglia ai minorenni di lavorare durante il giorno, perché, come dice il ritornello, “le nostre anime di notte debbono riposà”.

Arisa – Mi sento bene

Arisa coi capelli lunghi, Arisa coi capelli corti, Arisa che “scazza” con Levante parlando di cereali, Arisa che pare sotto metanfetamine a X Factor, Arisa incontrata a caso al Terraforma (questo è successo a me personalmente) — in questo brano una Arisa che finalmente ha fatto pace con le sostanze psicotrope parla di come il passaggio alla cannabis legale si sia rivelato una mano santa per tutti i nervosismi procuratile dalle varie accuse FALZE di chi le diceva che i Frères Chaos dovevano essere eliminati.

Boomdabash – Per Un Milione

I bianchi coi dread sono una delle peggiori piaghe della società postcolonialista. Il reggae da spiaggia è una grave conseguenza di questa tendenza tricologica e i Boomdabash, pur non avendo più capelli da annodare, sono portatori del virus biancodread. Coraggiosamente, sul palco dell’Ariston lanceranno una sfida che è anche un fundraising: se arrivano a un milione di euro nella loro pagina kickstarter, promettono di non fare mai più musica. Metto subito mano al portafoglio.

Daniele Silvestri – Argento Vivo

Daniele-Silvestri

Amico dei perdenti, Daniele “Silver” Silvestri canta di come a volte un secondo posto sia più dignitoso e corroborante per il carattere di un essere umano rispetto ad arrivare primi. “L’argento mi fa sentire vivo” è un piccolo estratto dal testo della sua canzone che, furbamente, si candida già per arrivare al secondo posto della classifica finale, che è un po’ il “Posto Mannoia” ovvero il premio che si dà a chi non piace alla giuria demoscopica perché è intelligente.

Einar – Parole Nuove

Sanremo : Teatro del Casinò . Sanremo giovani 2018 prima serata . Nella foto : Einar con Pippo Baudo e Fabio Rovazzi. Maurizio D’Avanzo/MDPhoto / IPA

Einar vuole difendere il suo diritto a chiamarsi come un anagramma della Settimana Enigmistica e invita tutti i suoi follower internazionali, per liberarsi dalle barriere linguistiche, a inventare parole con tante vocali e consonanti a caso, per cui iuofla aieapo oaoaoaxhe uleooeo aieie.

Enrico Nigiotti – Nonno Hollywood

Enrico Nigiotti, foto Federico Sorrentino. Giacca camo TIMBERLAND, denim WRANGLER.

Nigiotti è un ragazzo semplice, e da piccolo era un bambino semplice. Cresciuto con genitori sempre via per lavoro, i suoi, pensa un po’ te, gli avevano fatto credere che il televisore fosse in realtà suo nonno. In questa commovente ballata racconta di come il nonno lo abbia intrattenuto da piccolo con diverse storie, alcune di guerra, altre del far west, altre ancora un po’ matte e assurde con Adriano Celentano trasformato in cartone animato porno, e questa educazione sentimentale l’abbia portato ad essere il grande artista che è oggi.

Ex-Otago – Solo una Canzone

Gli Ex-Otago sono nuovi da queste parti, è il loro primo Festival di Sanremo. Non avevano molto bene idea di come funzionasse e sono rimasti parecchio interdetti quando Baglioni ha spiegato loro che per partecipare alla kermesse non era necessario che portassero un intero album, bastava solamente una canzone. Per ripicca hanno scritto una canzone che parlava di quella che secondo loro è una falla gravissima del regolamento di Sanremo, sostenendo che se ogni cantante portasse un intero album da ascoltare si potrebbe valutare con più precisione se merita di vincere o meno. Speriamo che per i prossimi anni si tenga in conto di questa loro sensata obiezione.

Francesco Renga – Aspetto che Torni

Foto di Toni Thorimbert

Storia semplice. Renga chiede il numero a una tipa. La tipa gli dice va bene dammi il tuo nuovo iPhone X che te lo segno. Renga, fiducioso, le mette in mano il telefonino nuovo di zecca. La tipa fa “scusa devo andare un attimo a incipriarmi il naso”. Renga le fa “ok”. La tipa se ne va con il telefono di Renga, che son mesi che usa il vecchio Motorola Startac aspettando che torni il suo smartphone con il numero della tipa.

Federica Carta & Shade – Senza Farlo Apposta

Federica Carta non ne può più di Shade, e Shade non ne può più di Federica Carta, ma sono costretti dalla loro casa discografica a cantare sempre insieme perché lui non è Fedez e lei non è Emma Marrone. Questo pezzo è in realtà un intimo sfogo di due solisti che si trovano sempre l’altro tra le palle e si traduce nel primo caso di duetto in cui lui-lei non si parlano di amore ma si parlano di come vorrebbero reciprocamente commettere omicidio l’una sull’altra senza che però sembri preterintenzionale. “Senza farlo apposta ti spingo dalle scale / senza farlo apposta ti verso la cicuta / senza farlo apposta ti soffoco nel sonno / senza farlo apposta ti spacco il vaso in testa” e così via. Non vedo l’ora di sentirla ma soprattutto di vedere il video in cui pare che i due si siano veramente fatti male!

Ghemon – Rose Viola

Ghemon, foto Ottavio Fantin

Ghemon in fin dei conti è un po’ l’erede morale di Claudio Baglioni ed erano tutti contentissimi che fosse in gara, l’unico problema è che il suo daltonismo non gli ha permesso di relazionarsi dignitosamente all’annosa questione dei fiori di Sanremo. Pare che una sua uscita maldestra sul colore delle rose che aveva in camerino abbia fatto imbestialire l’assessore al turismo del Comune di Sanremo e per metterci una pezza abbia dovuto scrivere addirittura un brano per giustificarsi.

Il Volo – Musica che Resta

I giovani anziani del Volo ed io condividiamo un fastidio, quello per i bianchi coi rasta. In una delle loro rare uscite dalle camere d’hotel, la scorsa estate si sono ritrovati in spiaggia a Gallipoli ed è partito un pezzo dei Boomdabash. Inviperiti, ma anche un po’ all’antica e, se mi permettete, a tratti sovranisti, hanno deciso di scrivere questo lirica di protesta: “Basta / alla musica dei rasta / noi mangiamo la pasta / siamo contro la Kasta / la tipa ci piace casta / questa roba non mi entra in testa / la classica è l’unica musica che resta”.

Irama – La Ragazza col Cuore di Latta

Non tutti sanno che Irama da quando è piccolo ha problemi di digestione, che si risolvono soltanto se dopo ogni pasto beve un bel bicchierone di Coca Cola Light (quella storicamente targettizzata come prodotto “per ragazze”). Soltanto per questo gli giustifico questa bizzarra idea—che altrimenti avrei guardato con sospetto pensando fosse una terribile operazione pubblicitaria—di dedicare una canzone a una bibita in lattina.

Loredana Berté – Cosa ti aspetti da me

Loredana Bertè – Foto di Giovanni Squatriti

Storia semplice. Qualche tempo fa Francesco Renga chiede il numero di telefono a Loredana Berté. Loredana gli dice va bene dammi il tuo nuovo iPhone X che te lo segno. Renga, fiducioso, le mette in mano il telefonino nuovo di zecca. Loredana fa “scusa devo andare un attimo a incipriarmi il naso”. Renga le fa “ok”. Loredana se ne va con il telefono di Renga, che son mesi che usa il vecchio Motorola Startac. Adesso che si devono per forza incrociare di nuovo nei camerini, Loredana vuole tenere a bada le sue aspettative nei confronti del ritorno del suo iPhone e ancora di più del numero di telefono che figurati se lo dava al primo che passa.

Mahmood – Soldi

Mi sembra assurdo che qualcuno si lamenti del fatto che al Festival non sia passata la canzone sovranista dei New Trolls e nessuno abbia detto nulla di questo brano in cui Mahmood chiede a gran voce il ritorno alla moneta sovrana dicendo che l’arrivo dell’Euro l’ha penalizzato parecchio poiché sono spariti alcuni zeri dal suo stipendio e, pare, anche alcune o dal suo nome che prima del cambio era Mahmoooood.

Motta – Dov’è L’Italia

Foto Claudia Pajewski

Canzone a scopo didattico che si propone di insegnare la geografia a grandi e piccini. Al posto della ballerina o dello scimmione, che Motta ritiene “sciocchi espedienti che non aggiungono nulla al livello culturale del nostro Paese,” il cantautore toscano ha deciso di portare con sé una cartina politica e, con la bacchetta, andrà illustrando la posizione di vari Stati, alcuni sconosciuti ai più come l’Abcasia.

Negrita – I Ragazzi stanno bene

Negrita. Foto press.

Qualche mese fa i Negrita hanno rapito un’intera squadra di calcio a cinque costringendoli ad ascoltare il loro album in anteprima, dato che alcune ricerche pseudoscientifiche avevano provato, a quanto pare, che ascoltare i Negrita fa perdere vigore sessuale e muscolare a una grande percentuale di esseri umani di sesso maschile. In questo brano raccontano come invece non è così e che i ragazzi che hanno fatto da cavie durante questo test casalingo sembrano non aver riportato danni così gravi.

Nek – Mi farò trovare pronto

“Mi farò trovare pronto” per quando arriva il drop di questo pezzo caratterizzato dalla cassa dritta della dance/edm.

Nino D’Angelo e Livio Cori – Un’altra luce

Tutti sanno che entrambi potrebbero essere LIBERATO, quindi per depistare i sospetti suggeriscono che ogni cosa va vista dalla giusta angolazione e con la giusta luce, in particolare quando si tratta della luce al concerto di LIBERATO.

Paola Turci – L’Ultimo Ostacolo

Paola Turci quest’anno puntava alla vittoria, ma i bookmaker danno con certezza quasi assoluta la vittoria del giovane cantautore Ultimo. Come potete immaginare, Paola non è contenta che questo parvenu, appena arrivato dalle Nuove Proposte al contrario di lei che è una veterana del Festival, gli possa soffiare la vittoria. Lo vede come un ostacolo.

Patty Pravo & Briga – Un po’ come la vita

Questa coppia fantasiosa ci invita a ragionare su un paragone metaforico tra alti e bassi dell’esistenza e alti e bassi dei pantaloni.

Simone Cristicchi – Abbi Cura di Me

Simone Cristicchi

In uno spiritoso ribaltamento di ruoli, Cristicchi si mette nei panni del proprio cuoio capelluto che gli richiede cure costanti.

Ultimo – I tuoi particolari

Il vincitore annunciato di questo Festival ci intrattiene con una romanticissima dedica alla fidanzata che a quanto pare ha dei genitori molto particolari.

Zen Circus – L’amore è una dittatura

Sappiamo che gli indie devono sempre parlare di temi politici e sappiamo anche che a questi “alternativi” piace sempre essere un po’ anacronistici, per cui in questo caso la band di Appino ha optato per dedicare il proprio brano alla coppia Isoardi-Salvini paragonata ad altre grandi coppie della storia quali Claretta Petacci e Benito Mussolini e Adolf Hitler/Eva Braun.

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