La recensione di 'CVLT' di Noyz Narcos e Salmo | Rolling Stone Italia
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‘CVLT’ è il miglior disco che Noyz Narcos e Salmo avrebbero potuto fare assieme

Abbiamo ascoltato il joint album (in uscita venerdì) e chiacchierato con i due rapper sul mondo cinematografico che lo ha ispirato. E sulla collaborazione con Dario Argento: «Tarantino ci invidierebbe»

‘CVLT’ è il miglior disco che Noyz Narcos e Salmo avrebbero potuto fare assieme

Noyz Narcos e Salmo

Foto: Giulia Parmigiani

«Ora fanno tutti i joint album, mi sa che ci hanno sentito mentre confabulavamo in questi anni», così ci scherza su Noyz Narcos quando gli fanno notare che CVLT, il disco collaborativo tra lui e Salmo, uscirà in un anno (e precisamente venerdì 3 novembre) in cui le grandi abbinate stanno andando molto (solo in Italia negli ultimi mesi ci sono stati Ensi con Nerone, Coez con Frah Quintale, Rkomi con Irama). Ma come fa notare lo stesso Noyz, CVLT è un’idea che i due rapper si portano dietro da tanto («sarà dieci anni», commentano laconici) e che si è riuscita a realizzare solo ora che i pianeti si sono finalmente allineati.

CVLT è – prima e sopra tutto – un disco rap. Di rap quello vero, senza fronzoli. Se è quello che possiamo aspettarci da un king del genere come Noyz, non era affatto scontato per uno come Salmo che mentre ci chiacchieriamo ci tiene a chiarire: «È il primo disco tutto rap, mi sa». Quindi un disco nudo e crudo come rap comanda, fatto di beat, barre e punchline. Prodotto a metà tra Sine (dell’orbita Noyz) e da Lucienn (pianeta Salmo, che qui contribuisce alla produzione di tre brani), CVLT si dirama in 15 tracce – sempre divise a metà tra i due – con pochissimi ospiti. C’è il king del rap Marracash su uno dei pezzi più differenti del disco, Respira, brano costruito sul sample di Breathe dei Prodigy e già suonato dal vivo al Marrageddon («per un pezzo così c’era bisogno di un massiccio come noi»), Kid Yugi nella title track («è un emergente che non sembra emergente, era da tanto non sentivamo un rapper con quella capacità narrativa; rappa come uno di noi») e Coez e Frah Quintale in uno dei momenti – a vedere dai commenti sui social – più attesi del disco, My Love Song 2, parte due del celebre singolo di Noyz, un titolo scelto e voluto apertamente da Salmo («è un brano che parla di un amore, e vuole essere reale, perché l’amore è anche volgare»).

CVLT, e questo sarà forse il punto preferito dai fan, si costruisce attorno agli elementi comuni dell’estetica narrativa e visiva dei due rapper, quel mondo horror gore che in vent’anni di carriera Noyz e Salmo hanno codificato a partire dai tempi di TruceKlan e The Island Chainsaw Massacre (non a caso il disco di Salmo preferito da Noyz). Un’estetica fatta di rosso sangue (come la stessa scritta CVLT in copertina che ricorda un po’ gli horror e i b-movie splatter anni ’70 e che ha portato alla rimozione da parte della polizia di Milano di uno dei cartelloni promo del disco: «vogliono boicottarci ma per noi è stata solo pubblicità gratis», il commento di Salmo), di incubi e demoni interiori, di riferimenti cinematografici continui nell’omaggio a Tarantino e Rodriguez in Grindhouse e ancora dal campionamento dei Blues Brothers in Nightcrawlers e in quello della filastrocca di Nightmare (che diventa poi un ritornello di Salmo) in Incubi.

Un cerchio che si chiude e sublima – tra citazioni cinematografiche e amore per l’horror («ai nostri tempi era ciò che si vedeva tra ragazzini alternativi») – nella collaborazione tra i due e il maestro dell’horror Dario Argento, che ha firmato lo short film che ha lanciato il disco. «Dario è un king, è una primizia italiana», raccontano, «potevamo anche andare da un regista all’estero, ma perché farlo quando il migliore ce l’hai qua? Tarantino impazzirebbe a fare una collaborazione con Dario Argento come l’abbiamo fatta noi». E ancora: «Si è visto qualche nostro video e probabilmente ha pensato che potevamo recitare, che ci credevamo, che ci piaceva quel mondo». E così i due si sono fatti ammazzare nello short film, ancor prima che il disco fosse uscito: «Certo, farsi ammazzare prima dell’uscita del disco non è una grande idea a pensarci, ma magari potremmo fare un prequel o uno spin-off di quel progetto».

Noyz e Salmo con Dario Argento. Foto: Giulia Parmigiani

CVLT è stato registrato lontano dagli studi professionali, bensì in una serie di location fuori dalla mondanità e delle città. «Come fanno le band rock», precisa Noyz rifacendosi a grandi classici come i Rolling Stones, «le migliori idee arrivano alle tre del mattino dopo un piatto di pasta». «Non volevamo distrazioni, volevamo concentrarsi su questo. Abbiamo capito subito che per fare un disco assieme dovevamo essere assieme, non potevamo lavorare a distanza come fatto in passato».

La forza di CVLT, e che non deluderà gli hardcore fan di entrambe le fanbase, è che i due assieme suonano davvero affiatati. Si scambiano il microfono con naturalezza (per trovare un esempio del genere in Italia bisogna tornare indietro a Santeria di Marracash e Guè), masticando sfumature dello stesso linguaggio. E il manifesto di tutto questo lo si può trovare subito a partire dall’opening track Anthem, dove i due giocano a scambiarsi i loro reciproci successi. «Che io ricordi nessuno ha mai fatto una cosa del genere, scambiarsi non solo i beat, ma anche gli incipit delle strofe», spiega Noyz, aggiungendo: «Non credo che tanti rapper avrebbero potuto fare un pezzo così, non tutti hanno così tante hit riconoscibili». E in effetti sentire Noyz rappare l’incipit di 1984 di Salmo trasformandolo in un suo 1979 – per il gioco del rap – vale un intero disco.

Poi certo, CVLT – che già dal titolo si pone ad essere culto, parola amata (e abusata) dai due – è un disco rap con tutti i limiti del genere. Non inventa nulla, né muove in avanti il genere. È più una celebrazione, una fortunata unione (che viene davvero da chiedersi perché i due l’abbiano concretizzata solo ora), uno sfizio che Noyz e Salmo hanno deciso di togliersi e che renderà molto contenti i fan (che avranno l’occasione di vederli dal vivo assieme queste estate a Milano e Roma). E alla fine dai due non si poteva chiedere nulla di più. Giusto così.

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