Molti biopic musicali hanno luogo in un mondo di fatti alternativi in cui i Queen si sciolgono prima del Live Aid, Elton John si chiama così per via di John Lennon, Vince Neil dei Mötley Crüe canta My Kinda Lover di Billy Squier prima ancora che venga pubblicata, Amy Winehouse non ringrazia “Blake Incarcerated” ai Grammy e Bob Dylan va a letto con Joan Baez la sera della crisi dei missili di Cuba. Questi film hanno stiracchiato la verità a tal punto che “Weird Al” Yankovic ha realizzato un biopic magnificamente sballato e totalmente falso dal punto di vista fattuale, culminante in una scena in cui (spoiler!) viene assassinato ai Grammy del 1985 da un sicario al soldo di Madonna.
Ogni tanto, però, capita di vedere un film sorprendentemente fedele alla realtà. È il caso di Love & Mercy su Brian Wilson (anche se la linea temporale era leggermente ritoccata) e del nuovo Springsteen – Liberami dal nulla. Nessuno dei due film mira a raccontare l’intera vita di un artista, ma solo una fase. Quello su Springsteen si concentra sul 1981 e il 1982, quando Bruce ha inciso il capolavoro Nebraska, convincendo la casa discografica a pubblicarlo senza apportare modifiche, e ha lottato contro la depressione e l’incapacità di instaurare rapporti sentimentali stabili.
Il film ci prende quasi in tutto, prendendosi delle liberà solo in fatti marginali. Va anche detto che Springsteen è stato coinvolto fin dall’inizio, era presente sul set per buona parte delle riprese e ha evidentemente contribuito a rendere il racconto accurato (attenzione, l’articolo contiene molti spoiler).
Il piccolo Bruce ha riacchiappato il padre in un bar?
Sì. Il film inizia negli anni ’50. La madre del futuro cantante Adele (Gabby Hoffman) accompagna il piccolo Bruce (Matthew Anthony Pellicano) davanti a un bar malandato e gli chiede di entrare. «Papà», dice lui, «mamma ha detto che è ora di tornare a casa». La scena è presa direttamente da Springsteen on Broadway, l’one-man show che il musicista ha portato in scena nel 2017. «La cosa mi eccitava e allo stesso tempo mi terrorizzava», raccontava a Broadway. «Mi eccitava perché mia madre, ovvero la legge, mi aveva dato il permesso di entrare in un bar. Ed ero un bambino! Mi terrorizzava perché varcare la soglia di quel bar significava entrare nello spazio privilegiato, privato e sacro di mio padre. Quand’era al bar non voleva essere disturbato, questo lo sapevano tutti… Restavo lì, perso nel rumore e nel viavai, respiravo gli odori di birra, liquori e dopobarba. Per un bambino, era l’odore dell’età adulta. L’odore della virilità. E io ne volevo un po’».
Le session di Nebraska sono iniziate subito dopo la fine del tour di The River?
Sì. Nel film si compie un bel salto temporale dalla scena del giovane Bruce al bar fino al concerto del 14 settembre 1981 al Riverfront Coliseum di Cincinnati, ultima tappa del tour di The River. È la prima scena in cui vediamo Jeremy Allen White nei panni dello Springsteen adulto intento a cantare Born to Run con la E Street Band. È stata davvero una delle ultime canzoni del concerto, anche se lo show si è chiuso con Quarter to Three e il Detroit Medley. Nel backstage, Bruce incontra il manager Jon Landau (Jeremy Strong) e riceve le chiavi della casa che ha preso in affitto a Colts Neck, New Jersey, dove registrerà Nebraska.
Nella realtà, Springsteen è passato prima da Honolulu, nelle Hawaii, per fare da testimone alle nozze del sassofonista Clarence Clemons, al cui ricevimento si è esibita tutta la E Street Band. Possiamo facilmente perdonare Liberami dal nulla per aver omesso l’episodio che non ha alcuna attinenza con la storia di Nebraska. Per inserirlo Judah Sealy, l’attore che interpreta Clemons, avrebbero dovuto avere un ruolo parlato, ruolo che non ha nessun membro della E Street Band. Non per cattiveria: è che, semplicemente, il film non è la loro storia.
Springsteen ha fatto una serie di concerti a sorpresa allo Stone Pony nel 1982?
Sì. Nel 1982 Springsteen aveva molto tempo libero e passava molte serate allo Stone Pony e in altri locali del New Jersey come il Big Man’s West o il Royal Manor North. Bastava poco per convincerlo a salire sul palco con chiunque stesse suonando dalle parti di Asbury Park. Nel maggio di quell’anno ha dato il via a una tradizione domenicale: jam session con la house band del Pony, i Cats on a Smooth Surface, guidati dal chitarrista Bobby Bandiera. La cosa è andata avanti fino a ottobre. Nel film vediamo Springsteen eseguire Lucille al Pony prima ancora di cominciare a lavorare a Nebraska. A voler essere pignoli, ha iniziato a registrare l’album a dicembre 1981 e la residency con i Cats ha preso il via solo a maggio 1982, ma è vero che Lucille faceva parte del loro repertorio (sempre per pignoleria, quel selvaggio dai capelli lunghi alla Bob Seger non somiglia granché al vero Bobby Bandiera).
S’è messo con la sorella di un ex compagno di scuola incontrata fuori dallo Stone Pony?
No. Una delle sottotrame principali è la relazione di Springsteen con una giovane madre single chiamata Faye Romano e interpretata da Odessa Young. È un personaggio inventato unendo varie partner che Springsteen ha avuto in quel periodo. Nel film non si cita la modella/attrice Joyce Hyser, anche se è stata la compagna del musicista dal 1978 al 1982. Dopo aver chiuso con lei, Bruce ha avuto una serie di relazioni brevi. Nell’autobiografia del 2016 Born to Run si limita a citare «una graziosa ventenne». Hyser aveva 25 anni nel 1982, quindi si presume che si riferisse a un’altra persona che, per motivi comprensibili, non ha voluto trasformare nel personaggio di un film.
Springsteen faticava a legare con le donne ai tempi?
Sì. In Born to Run, Springsteen scrive apertamente dei problemi che aveva nel mantenere relazioni durature. Dopo due anni, scrive, la relazione si impantanava. «Non appena mi costringevano ad affrontare le mie debolezze tagliavo la corda, ognuno andava per la sua strada e io mi ritrovavo da solo a fare i conti con l’ennesima delusione. Di solito non era dalle ragazze in quanto tali che tentavo di fuggire. Ne avevo avute di splendide, alle quali volevo un gran bene, ricambiato. A spaventarmi erano invece la vulnerabilità emotiva, la prospettiva di una vita fatta di impegni e oneri famigliari (…) Alla fine di ciascuna relazione, provavo un triste sollievo dalla soffocante claustrofobia che l’amore portava con sé».
Ha colpito il padre con una mazza da baseball?
Sì. Durante una lite furiosa del padre con la madre, Bruce lo ha colpito alle spalle con una mazza da baseball. Stando all’autobiografia, l’episodio è realmente avvenuto. «Li trovai in cucina, lui di spalle che urlava a squarciagola, lei a pochi centimetri dal suo volto. Gli gridai di smetterla, poi lo colpii con la mazza fra le ampie spalle. Un rumore sordo, quindi il silenzio. Mio padre si girò, il volto rosso da pub, e il tempo si fermò. Alla fine scoppiò a ridere. Il diverbio si interruppe, l’episodio diventò una delle storie preferite di mio padre. “Non permettere a nessuno di fare del male a tua madre”, mi diceva sempre». È esattamente la battuta che nel film Douglas dice a Bruce.

Jeremy Allen White nella parte di Springsteen. Foto: 20th Century Studios
La rabbia giovane di Terrence Malick ha ispirato Nebraska?
Sì. Una volta che il “Bruce cinematografico” si è sistemato nella casa di Colts Neck, comincia a fare zapping e si imbatte prima in una buffa lezione di ginnastica anni ’80, poi in The Price Is Right, in un brevissimo passaggio di Mark Goodman – uno dei vj originali di MTV – e infine nel film del 1973 La rabbia giovane. È la versione romanzata della storia vera dell’assassino seriale Charles Starkweather e della sua giovane complice Caril Ann Fugate. La storia cattura l’attenzione di Springsteen: poco dopo lo vediamo infatti leggere un libro sugli omicidi e scorrere articoli d’epoca in microfilm alla biblioteca. Comincia così a scrivere una canzone intitolata Starkweather, che alla fine diventa Nebraska, passando dalla terza alla prima persona singolare.
Nebraska è stato registrato su un quattro piste in camera da letto?
Sì. Nel film, Paul Walter Hauser, che interpreta Mike Batlan, il tecnico delle chitarre di Springsteen, gli prepara un registratore TEAC Tascam Series 144 a quattro piste in una stanza di Colts Neck. Fanno passare il nastro attraverso un’unità d’eco Gibson per aggiungere riverbero. Nonostante la conoscenza tecnica limitata, Batlan monta tutto da solo e registra Springsteen seduto su un letto. Il film lo mostra esattamente com’è accaduto, anche se il vero Batlan era decisamente più magro dell’attore che lo interpreta. Anni dopo, nel 1987, Batlan e un altro tecnico, Douglas Sutphin, hanno fatto causa a Springsteen per straordinari non pagati, ammende illegittime e stress emotivo. La causa è andata avanti per anni e si è chiusa con un accordo extragiudiziale nel 1991. Negli anni successivi, Batlan ha avuto alcuni problemi personali.
Lo sceneggiatore di Taxi Driver ha dato l’idea per il titolo Born in the U.S.A.?
Sì. Nel 1981 il regista e sceneggiatore Paul Schrader ha l’idea per un film su due fratelli che suonano in una band da bar e lo intitola Born in the U.S.A. Passa la sceneggiatura a Jon Landau sperando che Springsteen interpreti uno dei ruoli principali. Bruce non è interessato alla carriera d’attore, ma il titolo gli piace a tal punto da usarlo per una canzone in lavorazione che fino a quel momento si chiamava Vietnam. Ed è così che il film mostra la vicenda. Non viene però detto che Schrader è stato costretto cambiare il titolo del film per evitare che si pensasse fosse lui ad averlo preso da Springsteen e non viceversa. Il film è uscito nel 1987 col titolo Light of Day (in Italia La luce del giorno), interpretato da Michael J. Fox e Joan Jett. Springsteen ha contribuito alla colonna sonora con la canzone omonima, che fa tuttora parte del suo repertorio live. Schrader non ha mai nutrito rancore per il “furto” del titolo e ha partecipato alla première di Liberami dal nulla.
La E Street Band ha provato a registrare i brani di Nebraska?
Sì. Springsteen l’ha dimenticato quando ne ha parlato a Rolling Stone a giugno, ma è vero che ha provato a registrare molti di quei brani con la E Street Band. Il cosiddetto Electric Nebraska è stato messo da parte per decenni. Quelle registrazioni sono diventate leggendarie e sono uscite solo quest’anno in un box set. Il film mostra come è andata. «Stiamo perdendo tutto ciò che mi piace del demo», dice il Bruce cinematografico a Landau e agli ingegneri del suono dopo aver provato gli arrangiamenti con la band. «Quel nastro ha qualcosa: atmosfera, ruvidità, il giusto tipo di eco. Questo invece non ce l’ha. La band sta coprendo il materiale e perdiamo ciò che lo rende speciale. Dobbiamo spogliarlo, lasciarlo respirare».
Molte canzoni di Born in the U.S.A. sono state registrate nel periodo di Nebraska?
Sì. Frustrato, il Bruce del film porta Landau fuori dallo studio e gli confida che le session non stanno andando bene. «Abbiamo una take incredibile di Cover Me, per fortuna non l’abbiamo data a Donna Summer», dice Landau nella pellicola. «Abbiamo Glory Days, I’m Goin’ Down e una versione strepitosa di I’m on Fire. E non dimenticare Born in the U.S.A.; ti ho detto cosa ha detto (il produttore Jimmy Iovine) di Born in the U.S.A.? È rimasto folgorato. Ha detto che l’album è pronto. Può essere Born in the U.S.A. più dieci altre tracce e nessuno si lamenterebbe. Con quella canzone in testa, non importa nient’altro». Springsteen aveva già pronte tutte queste canzoni e Cover Me era stata effettivamente scritta per Donna Summer (si noti che nel film Landau non cita Dancing in the Dark: la canzone non è stata scritta prima del 1984).
Il padre di Springsteen è stato arrestato e poi sparito per tre giorni a L.A.?
Sì. A metà film, la madre di Bruce chiama il figlio in preda al panico: «Si è perso da qualche parte a Los Angeles. Non riusciamo a trovarlo. Sono passati tre giorni. L’hanno arrestato nel deserto per una multa stradale. L’hanno portato in prigione e poi rilasciato. L’ultima volta che ho saputo qualcosa, era in un vicolo a Chinatown. Puoi venire a cercarlo?». Springsteen descrive esattamente questo episodio nel libro, anche se non è chiaro quand’è avvenuto di preciso. È probabile che il film lo collochi nel 1982 per poter mostrare una scena tra lui e il padre ormai adulto.
Douglas Springsteen aveva problemi di salute mentale?
Sì. Per molti anni Bruce ha fatto capire che i problemi relazionali col padre fossero dovuti principalmente al grande divario generazionale. Solo dopo la morte di Douglas Springsteen, nel 1998, Bruce ha iniziato lentamente a rivelare che il padre soffriva in realtà di una profonda malattia mentale. La situazione è cambiata solo nell’ultimo decennio della sua vita. «La medicina moderna gli donò altri dieci anni di vita e una tranquillità che forse, altrimenti, non avrebbe mai conosciuto», scrive Springsteen nell’autobiografia. «I miei riuscirono persino a festeggiare i cinquant’anni di matrimonio. Mio padre si godette i nipotini, e ci avvicinammo molto. Diventò più accessibile, più facile da conoscere e da amare. Sapevo che da giovane aveva la fama di essere “scatenato”, “stravagante”, “gioviale”, e un gran ballerino. Sarà stato anche vero, ma io avevo sempre visto un uomo solo, meditabondo, irritabile, deluso, mai a suo agio. Negli ultimi anni, però, la dolcezza venne a galla».
Nel 1982 Springsteen e il suo amico Matt Delia hanno attraversato gli Stati Uniti in auto?
Sì. Nel film, l’amico di lunga data Steve Van Zandt è una presenza silenziosa e molto più spazio è dedicato a Matt Delia, amico d’infanzia di Springsteen, interpretato dall’attore australiano Harrison Sloan Gilbertson. Dopo aver terminato Nebraska, i due caricano quel che hanno su una Ford XL del ’69 e si mettono in viaggio in direzione Los Angeles, dove Bruce ha vissuto per gran parte del decennio successivo. Durante il viaggio si fermano a una fiera di contea. Lì Springsteen viene sopraffatto dall’emozione e quasi sviene. Springsteen descrive così quel momento in Born to Run: «Di punto in bianco vengo travolto dalla disperazione e dall’invidia per quelle coppie e il loro rituale di fine estate, i piccoli piaceri che tengono unite quelle persone e la loro città. Certo, per quanto ne so potrebbero odiare quel buco desolato, potrebbero detestarsi l’un l’altro e mettersi allegramente le corna: come posso escluderlo? In questo momento, però, penso solo che vorrei essere fra loro, uno di loro, e so che non posso. Così li guardo, non posso fare altro».











