Prima di diventare musicista Jack White s’è occupato di rivestimenti di mobili. Ha iniziato a Detroit a 15 anni come apprendista e a 21 ha aperto la sua attività chiamata Third Man Upholstery. La sua carriera musicale è decollata un anno dopo, quando ha formato i White Stripes con l’allora moglie Meg White, ma non ha mai smesso di lavorare nel campo dei mobili, arrivando persino a insegnarci come foderare uno sgabello nella cover story a lui dedicata da Rolling Stone nel 2014. Robe da rockstar.
L’attività di musicista di White e quella legata all’interior design hanno qualcosa in comune e non è certo il nome simile (l’etichetta del rocker si chiama Third Man Records, ma per approfondire il suo amore per il numero 3 sarebbe necessario un saggio a parte). Non esiste rocker più elegante di lui, notoriamente fedele a cromatismi rigorosi: rosso per i White Stripes, giallo per la Third Man e blu per i suoi lavori da solista, col nero onnipresente. È uno che prende sul serio sia gli oggetti vintage e d’antiquariato che le ristampe e la conservazione della musica. Jack White dimostra una cura assoluta in ogni cosa che fa.
«Quando si parla di mobili e di interior design, stare al fianco di Jack durante il processo di ideazione può essere fonte di ispirazione, ma anche un’esperienza esasperante», scrive il nipote e socio Ben Blackwell sul sito dedicato all’arte e al design di White. «Non c’è un vero motivo per cui un edificio debba avere pannelli acustici, soffitti in lamiera o pavimenti giallo brillante. Ma non è questo il punto. Il punto è creare qualcosa di bello».
È comprensibile perciò che la ristrutturazione della Casa bianca voluta da Donald Trump, in uno stile tutt’altro che «bello», abbia infastidito White. Il musicista ha pubblicato una foto di Trump e del presidente ucraino Volodymyr Zelensky nello Studio ovale, paragonando l’arredamento al «camerino di un wrestler professionista, volgare, dorato e pacchiano». Ha elogiato Zelensky, il «vero leader di una nazione» e scritto che la scena era «un motivo d’imbarazzo per la storia americana». Il suo commento lungo e spietato è in pratica l’equivalente rock della scena di Il diavolo veste Prada in cui Miranda Priestly/Meryl Streep parla del maglioncino ceruleo di Andy Sachs/Anne Hathaway.
Ma non finisce qui. Il responsabile della comunicazione della Casa Bianca, Steven Cheung, ha risposto a White cercando di liquidarlo come «un perdente fallito che pubblica sciocchezze sui social media perché ha chiaramente molto tempo libero a disposizione a causa della sua carriera in stallo. È evidente che è solo mascherato da vero artista, perché non apprezza, e francamente manca di rispetto, allo splendore e al significato dello Studio ovale all’interno della “Casa del Popolo”».
White ha rincarato la dose rispondendo con un feroce attacco di 750 parole che ha immediatamente sottolineato l’ironia di tutta la vicenda: lui per anni ha pubblicamente attaccato Trump, ma l’unica volta che il presidente ha risposto è stata quando l’ha definito una persona di cattivo gusto. In passato, White ha criticato aspramente le celebrità che hanno reso accettabile Trump. Ha anche lasciato Twitter e insieme a Meg ha persino citato in giudizio Trump per aver utilizzato Seven Nation Army in un video della sua campagna elettorale (hanno rinunciato alla causa lo scorso autunno).
Ha descritto dettagliatamente i suoi numerosi attacchi precedenti diretti alle terribili azioni di Trump: la sua «palese manipolazione fascista del governo», le «tattiche da Gestapo dell’ICE», i «commenti sessisti, pedofili e denigratori nei confronti delle donne», la sua «ignoranza nei confronti dei bambini che muoiono in Sudan, a Gaza e nella Repubblica Democratica del Congo», le sue «continue, continue, continue bugie al popolo americano» e molto altro ancora.
«Non è stato per via di queste cose che mi hanno risposto insultandomi», ha scritto White, «ma per le mie osservazioni sul cazzo di arredamento dello Studio ovale. Quanto può essere meschina, patetica e permalosa questa amministrazione? Mascherato da vero artista? Grazie per avermi regalato le parole che farò scrivere sulla mia lapide».
È importante prendere con le pinze le dichiarazioni di Cheung. Dopotutto, sono state fatte a nome di un politico che ha recentemente descritto Bruce Springsteen come un «rocker rinsecchito» e ha proclamato al mondo che Taylor Swift non è più hot. Ma quelle parole rivolte a White e alla sua «carriera in stallo» non solo sono comiche, ma semplicemente sbagliate. È in giro da quasi 30 anni, ha vinto 12 Grammy ed è l’autore di un riff che è diventato un coro cantato durante gli eventi sportivi di tutto il mondo.
Quest’autunno entrerà nella Rock and Roll Hall of Fame. Olivia Rodrigo ha pianto quando l’ha incontrato. Bob Dylan gli ha insegnato a saldare. Beyoncé gli ha mandato dei fiori. Il suo ultimo album, il fantastico No Name del 2024, ha avuto alcune delle migliori recensioni di sempre. La maggior parte dei musicisti ucciderebbe per una carriera del genere.
White raramente si è proposto come artista politicizzato (la prima volta che ha appoggiato apertamente un candidato alla presidenza è stata con Bernie Sanders nel 2020) e nel suo post dice di non essere registrato fra gli elettori democratici. Ma non è mai stato uno che se ne sta zitto, soprattutto all’inizio della sua carriera, quando ha litigato con altri musicisti, in particolare i Black Keys. «Penso che molte emozioni siano state demonizzate, come se non dovessero esistere», ci ha detto nel 2018. «Assolutamente no. Senza vendetta, rabbia e queste cosiddette emozioni negative, come avremmo potuto vincere la Seconda guerra mondiale?».
Al momento, le «emozioni negative» di White stanno avendo la meglio. Dice la verità sul conto del potere, dà fastidio al presidente e i suoi colpi stanno andando a segno. Ha compiuto 50 anni il mese scorso (ed è forse l’unico essere umano ad aver ricevuto in regalo sia una Suzuki Samurai del 1991, sia il suo primo telefono cellulare). Ora non è più preoccupato per le copie sbiadite dei White Stripes. Ha questioni più importanti a cui pensare. E noi, adesso più che mai, dovremmo dargli ascolto.













