Che bella la voce di Mina che si rompe | Rolling Stone Italia
Piccolo elogio dell’imperfezione

Che bella la voce di Mina che si rompe

Oltre quarant’anni fa s’è sottratta al nostro sguardo per diventare icona venerata, duttile e incorporea. Le interpretazioni senili e arrochite di ‘Ti amo come un pazzo’ la riportano fra noi umani

Che bella la voce di Mina che si rompe

Mina

Foto: Mauro Balletti

Dà voce ai pensieri di una donna sconfitta con voce incerta e tremante. A volte ha un tono arreso, il fare di chi ha perso le parole. Definirei senile il modo in cui cui intona “dammi certezze, dammi speranze” nell’apertura di Fino a domani. In un’altra canzone canta d’un palloncino che “fugge sotto il cielo del tendone” e sembra davvero che la voce s’incrini. Non avevo mai sentito Mina così vulnerabile, imperfetta, arrochita, lontana dall’eloquio squillante e stentoreo a cui ci ha abituati.

C’entrano i suoi 83 anni e il fatto che il nuovo album Ti amo come un pazzo è pieno di quelle che gli anglofoni chiamano torch songs. È roba che nessuno fa più, canzoni d’amore volutamente morbide e oramai fuori dal tempo, decisamente malinconiche, in certi casi drammatiche. Sono storie d’amori contrastati. È un tipo di canzone novecentesca che spesso richiede un canto nel registro più basso. E lì, complice l’età, la voce di Mina a volte si spezza. Svelando forse per la prima volta la sua età.

«È una scelta», mi spiega Massimiliano Pani, che di Mina è figlio, produttore, discografico e portavoce entusiasta nelle presentazioni degli album della madre. «Quando la voce è appena è un po’ più su di tessitura diventa cristallina, ma quando è nel registro più basso è lievemente arrochita. Questa cosa le piace, specie nei pezzi drammatici».

Oltre quarant’anni fa Mina s’è sottratta al nostro sguardo finendo per alimentare la sua e la nostra immaginazione. Nel corso degli anni, ha deturpato in modo giocoso la sua bellezza, rappresentandosi con la barba o come una scimmia, arrivando al punto di moltiplicare sé stessa. Oggi non c’è una sola Mina, ce ne sono tante. È diventata icona duttile e incorporea, venerata in assenza. Le interpretazioni senili e volutamente imperfette di Ti amo come un pazzo la riportano fra noi umani, sulla terra.

Forse lasciare la voce di Mina così non è solo un modo per servire la canzone. È anche un gesto artistico che va controcorrente in quest’epoca di plastiche facciali e vocali, di interpretazioni artefatte e modellate coi software. «È anche il prodotto della sua età», dice Pani. «Avrebbe potuto rifare o camuffare i passaggi in cui la voce si rompe, eppure non l’ha fatto. Nel corso della vita di tutti la voce cambia. Lei l’ha voluto accentuare».

Ti amo come un pazzo è il primo disco di inediti di Mina da Maeba del 2018 (l’anno dopo c’è stato Mina-Fossati). Al di là di due cover,  è stato realizzato ascoltando le canzoni che autori noti, sconosciuti, in alcuni casi esordienti le spediscono. Sono tra i 5000 e i 6000 pezzi all’anno che lei ascolta personalmente. «E difatti siamo indietro di tre anni negli ascolti», dice Pani. In questo disco-fotoromanzo, come lo definisce il figlio, ci sono due pezzi usati dal regista Ferzan Özpetek. Buttare l’amore è apparso nella serie di Disney+ Le fate ignoranti, mentre Povero amore sarà contenuto nel prossimo film Netflix Nuovo Olimpo (nel trailer compare anche Vorrei che fosse amore).

«Mina per me rappresenta tantissime cose», ha detto il regista intervenuto stamattina da remoto in conferenza stampa. «Ha uno sguardo sulle cose che è sovrannaturale. È una delle persone più importanti a cui mando le mie cose. Legge le mie sceneggiature prima che escano i film, trova pregi e difetti. Le ho mandato anche dei montati di Nuovo Olimpo. Sa tutto, anche i minimi dettagli. Quando ho scritto il mio romanzo, la prima persona a cui l’ho mandato è stata lei. Gliel’ho spedito alle due del pomeriggio. Alle sette m’ha richiamato: “Farà il botto”. Ha una sensibilità enorme. A volte quando faccio qualcosa mi chiedo: che ne penserebbe Mina?».

Per il regista, Mina è una presenza reale, per noialtri si è smaterializzata. La voce volutamente incerta di certi passaggi del disco le ridà corpo e forse la strappa dall’iperuranio di perfezione a cui è stata relegata suo malgrado nell’immaginario collettivo. «La perfezione» dice Pani «non è tecnica, ma interpretativa. Anche quando canta con un filo di voce, ti dà un pugno allo stomaco». Del resto, se fai una carriera come quella di Mina non è perché hai voce. È perché hai testa.

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