Carolyn Crawford, la star di casa Motown di cui non avete mai sentito parlare | Rolling Stone Italia
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Carolyn Crawford, la star di casa Motown di cui non avete mai sentito parlare

A 13 anni teneva testa al boss dell’etichetta Berry Gordy. Sessant’anni dopo racconta la sua storia, che è quella di tanti protagonisti dell’epoca dimenticati dal pubblico, ma non da un manipolo di cultori

Carolyn Crawford, la star di casa Motown di cui non avete mai sentito parlare

Carolyn Crawford

Foto: Gilles Petard/Redferns/Getty Images

Era un bel sabato mattina dell’estate del 1963 quando la tredicenne Carolyn Crawford è salita sul palco del Fox Theatre di Detroit e si è messa dietro al pianoforte, pronta a dare meglio di sé. Era tra i finalisti del Tip-Top Talent Contest, un concorso organizzato da una stazione radio locale di gospel e R&B. Per arrivarci, Crawford aveva raccolto un numero impressionante di incarti di pane di marca Tip-Top. Primo premio: un contratto di quattro anni con l’etichetta Motown. Ha cominciato con Laughing Boy del suo idolo Mary Wells, aggiungendo una strofa in più. E ha vinto grazie al talento e alla interpretazione dotata dallo spessore emotivo di una persona con almeno il doppio dei suoi anni.

Poco dopo il concorso, Crawford e la madre hanno incontrato il fondatore della Motown Berry Gordy. «Mi ha chiesto se avevo domande da fargli e io ne avevo tre», racconta dalla sua casa di Detroit la cantante, che oggi ha 74 anni. «La prima era: posso scrivere le mie canzoni? Lui ha risposto: “Sai scrivere?”. E io: “Credo di sì”». La seconda richiesta è stata quella di mantenere il suo nome di battesimo e la terza di uscire su Motown, «quella con la grande M blu: non volevo essere su VIP, Gordy, Soul o altre etichette».

Considerando che oggi molti artisti faticano ad avere il controllo creativo sul proprio lavoro (pensiamo ai problemi di Tinashe con la sua etichetta o alla battaglia di Taylor Swift legata ai diritti dei master), è difficile non meravigliarsi di fronte alla determinazione di una tredicenne che chiede a un discografico tanto potente di assecondarla, per non parlare del fatto che questo succedeva negli anni ’60. Del resto, bastano pochi minuti con Crawford, una che gli amici definiscono “esplosiva”, per capire che è una tipa particolarmente spavalda. È il tipo di donna che, a 25 anni, si è presentata senza preavviso negli uffici della Philadelphia International per chiedere un incontro con la coppia di autori e produttori Kenny Gamble e Leon Huff. «Non c’erano, ho lasciato nome e numero. Suppergiù una settimana dopo Leon Huff mi ha chiamato dicendomi che era interessato. Mi ha fatto avere un biglietto aereo per andare a registrare».

Crawford è anche il tipo di donna capace di passare un bigliettino scritto a mano, insieme al suo curriculum e alle informazioni per contattarla, a una giornalista musicale di passaggio nel luogo dove lavora, un negozio di dischi usati di Detroit specializzato in rari 45 giri soul. È così che ci siamo conosciute l’anno scorso ed è il modo in cui mi sono imbattuta in quella miniera d’oro che è il suo curriculum, che comprende esperienze dalla Motown alla Philadelphia International, il lavoro con i gruppi Chapter 8 e Hodges, James, Smith & Crawford, collaborazioni col batterista Hamilton Bohannon in hit disco classiche come Let’s Start the Dance, per non parlare dei due album da solista che ha pubblicato per la Mercury alla fine degli anni ’70. Ancora oggi, Crawford tiene concerti nei club e pochi giorni fa ha pubblicato un singolo con due canzoni inedite registrate nel 1972 con l’ex autore e produttore della Motown William “Mickey” Stevenson per l’etichetta britannica di ristampe Ace/Kent.

Dell’incontro con Gordy ricorda che «indipendentemente dal fatto se fossi o meno una megastar, o se lo sarei mai diventata, ha esaudito le mie tre richieste. Ho fatto la mia prima registrazione in assoluto alla Motown a mezzanotte del mio 14° compleanno». Prodotta da Holland & Dozier e scritta da Crawford, Forget About Me è stata il 51° singolo edito dalla Motown. Purtroppo il brano, che è vivace e agrodolce nello stile dei maggiori successi dell’etichetta, è finito sostanzialmente nel dimenticatoio.

My Smile Is Just A Frown (Turned Upside Down)

Il secondo singolo su Motown di Crawford, My Smile Is Just a Frown (Turned Upside Down), andò meglio, raggiungendo il numero 39 della classifica dedicata al rhythm and blues. È uno dei pezzi preferiti di Janie Bradford, la receptionist della Motown poi divenuta autrice di canzoni che definisce il brano come uno dei suoi preferiti nella storia orale di Susan Whitall del 2017 Women of Motown. «Era particolare», dice Bradford della canzone scritta a sei mani con Smokey Robinson e Stevenson. «Ha avuto un andamento ondivago nelle classifiche, non ha mai avuto un picco. Ma con quel brano abbiamo ottenuto un seguito di culto negli ultimi 30 o 35 anni. All’estero tutti conoscono quel pezzo e Carolyn Crawford, ma da noi non ha raccolto granché».

Uno di questi fan d’oltreoceano si chiama Phil Dick e ha conosciuto il soul degli anni ’60 nello Yorkshire, in Inghilterra. Il pubblico americano era già passato al funk e alla disco music, dice, ma l’interesse per la musica pubblicata da etichette come la Motown, la Stax e la Volt «nel Regno Unito non è mai scemato. Nel nord dell’Inghilterra volevamo continuare ad ascoltare musica con quel ritmo e quel suono specifico, quindi andavamo alla ricerca di dischi sempre meno noti». La scena regionale che si è coagulata intorno a queste feste ha preso il nome di Northern soul (termine coniato nel 1968 dal giornalista londinese Dave Godin). «Ascoltare musica era un modo per sfogarsi dopo aver sgobbato in fabbrica per tutta la settimana», racconta Dick. «Era un modo per diventare qualcuno che non fosse solo una delle tante facce alla catena di montaggio».

Dick era in particolare appassionato della Motown e ha iniziato a collezionare tutti i dischi su cui riusciva a mettere le mani. È stato a Detroit una sessantina di volte. Lui e la moglie Kim si sono persino sposati sotto l’insegna Hitsville USA al Motown Museum. Nel 2017, la coppia ha iniziato a organizzare Detroit a Go Go, un evento che richiama in città un gruppo di fan del Northern soul per i concerti di alcune delle star più amate (ma poco note) dell’etichetta. Crawford si è esibita in tutti gli eventi.

«Carolyn è una forza della natura», dice Dick. «È molto diretta, sai sempre esattamente cosa pensa di te, ma non ha avuto vita facile nell’industria musicale. Ha un talento straordinario, avrebbe dovuto essere una superstar internazionale. È vero che ci sono tante persone di talento e che il talento è solo una componente del successo, ma lei ha incassato molti colpi e non ha avuto tutte le occasioni che meritava. Ormai dovrebbe vivere serena, senza doversi preoccupare di come pagare le bollette o di potersi permettersi di far riparare la frizione dell’auto».

La voce di Dick si abbassa e aggiunge: «È triste, ma la sua musica è semplicemente meravigliosa. Il fatto che sia stata in grado, alla tenera età di 13 anni, di persuadere Berry Gordy a lasciarle scrivere le sue canzoni è qualcosa di speciale». Poi mi invita ad ascoltare la registrazione del 1964 di I’ll Come Running: è il retro di My Smile Is Just a Frown, l’ha scritto Crawford ed è il suo pezzo preferito.

Dan Austin, dj di Detroit del collettivo Motor City Soul Club, spiega che la storia di Crawford è simile a quella di centinaia d’altri artisti soul talentuosi, ma dimenticati a Detroit e in tutto il Paese. «Tutti amano la Motown e le grandi hit, ma non siete stufi di Baby Love o di Sir Duke? Non vi andrebbe ascoltare qualcosa di altrettanto bello? Mi ha sempre infastidito il fatto che in Gran Bretagna ci fossero persone che conoscevano tutte le parole di una canzone di J.J. Barnes di 60 anni fa, mentre qui, nella sua nativa Detroit, nessuno sapeva chi fosse. E ora non c’è più e stiamo perdendo queste leggende a una velocità terrificante. È questo che rende Carolyn ancora più sorprendente: sul palco può ancora dare filo da torcere a molti artisti di oggi. Rappresenta un legame sempre più raro con un’epoca e una qualità musicale che, personalmente, non credo sarà mai eguagliata. È un tesoro internazionale».

Chiedo a Crawford che consiglio darebbe a quella tredicenne che è salita sul palco del Fox Theatre. Sospira. «Non ho consigli da dare a quella ragazzina. Penso che abbia fatto tutto ciò che doveva. Ho dovuto passare quel che ha passato e mi ha portato a questo punto in cui non cerco di essere l’amica di tutti o di essere simpatica. Non voglio scoraggiare nessuno, ma sono ciò che sono grazie alle esperienze che ho fatto».

Crawford intende continuare a cantare finché sarà in grado di farlo. «Fino al giorno in cui, aprendo la bocca, non uscirà suono. C’è chi lo ha vissuto». Non fa alcun nome, ma è possibile che si riferisca alla sua eroina Mary Wells, colpita da un cancro alla laringe. «Devi prendere qualche botta e farti qualche livido per sapere come rialzarti, perché è una lotta fino alla fine, qualunque cosa tu stia facendo. Ma sono contenta di quello che ho avuto».

Qualche giorno dopo, vedo sui social la notizia della pubblicazione delle due vecchie registrazioni, Get Up and Move e Sugar Boy. Mando un messaggio a Crawford per congratularmi e lei mi risponde che «è roba vecchia di 52 anni e sono grata di essere viva per assistere a questo evento». E chiude il messaggio con un pollice in su e un cuore scintillante.

Da Rolling Stone US.

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